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Cultura

Movement Festival, quando fare impresa è un fattore culturale

Un momento di Movement Festival 2017.

Torino torna al centro della musica elettronica italiana. A ottobre torna nel capoluogo piemontese la nuova edizione di Movement, il cugino europeo dell’omonimo festival di Detroit che venerdì 12 e sabato 13 ospiterà a Lingotto Fiere diversi nomi prestigiosi della scena internazionale tra cui Underground Resistance, Jon Hopkins e Derrick May.

La due giorni di musica sarà inaugurata da una speciale preview all’Aeroporto di Torino, evento realizzato in collaborazione con La Stampa.  Movement proporrà al Politecnico di Torino Politechno, due seminari dedicati agli aspetti tecnici, organizzativi e culturali della filiera musicale. Forbes ha intervistato Maurizio Vitale, il fondatore di Movement Entertainment, la società che organizza il festival da 13 anni.

Maurizio, quali sono le tue aspettative per questa nuova edizione del festival?
Vogliamo migliorare ancora l’esperienza del pubblico, rendere più efficaci i processi organizzativi interni e incrementare le presenze dall’estero – nel 2017 abbiamo avuto spettatori da 24 paesi, ora vogliamo arrivare a 30.

Nella nuova line-up si mescolano vecchie glorie a nomi nuovi. Chi sarà la sorpresa sui palchi di Movement 2018? Su chi riponi più aspettative?
Derrick May è in cima alla mia classifica personale, ma quello che attendo di più è senz’altro Jon Hopkins. La sorpresa invece potrebbe essere Cosmo, artista del nostro territorio dalla ricca vena melodica.

Io vivo a Milano, dove le opzioni per il clubbing non mancano. Guardiamo comunque a Torino con un po’ di sana “invidia”, visto che da anni il capoluogo piemontese è il cuore della scena elettronica italiana, grazie al vostro lavoro e a quello di altre realtà come Club2Club. Mi aiuti a capire come si è innescata questa dinamica virtuosa, e come è riuscita a resistere negli anni?
La formula è semplice: Torino è una città mitteleuropea, colta, con profonda propensione imprenditoriale, dotata di venue funzionali, amministrata virtuosamente. È la ricetta giusta.

Durante questa edizione di Movement si terrà “Politechno”, un appuntamento dedicato agli aspetti tecnici, organizzativi e culturali della filiera musicale ospitato dal Politecnico di Torino. A chi è rivolto, e cosa dobbiamo aspettarci?
Politechno è il sostantivo ambizioso di un format interessante, che consolideremo negli anni. Del resto, il legame con gli istituti accademico culturali è parte fondante della nostra attività, il Politecnico è struttura formativa d’eccellenza, la cui interazione ci gratifica profondamente. Auspico che le nuove classi dirigenti che emergono da lì abbiano meno pregiudizi sull’imprenditoria rispetto alla generazione attualmente in carica.

I live e i grandi eventi ricoprono un ruolo sempre più importante nel music business, di cui in Italia Movement è protagonista già a partire dal 2006. Quanto sono importanti per promuovere un territorio e un settore economico?
I grandi happening, siano essi sportivi o d’intrattenimento, sono modelli di business in profonda mutazione e crescita: nell’ultimo trentennio hanno confermato di essere in grado di produrre effetti positivi per l’economia del territorio circostante. In taluni casi per l’intero paese ospitante. Mi piacerebbe che Movement Entertainment consolidi il suo percorso d’impresa culturale: digitale, con un bilancio trasparente e perfettamente integrata al tessuto produttivo italiano per contribuire alla crescita economica quindi culturale dello Stato.

Recentemente, Noisey ha realizzato un’inchiesta che evidenzia uno sbilanciamento nella proporzione tra headliner uomini e donne sui palchi dei grandi festival italiani. Cosa ne pensi?
È un dato evidente che riproduce la proporzione di donne in ruoli di responsabilità in politica come nel mondo dell’impresa o della finanza. Tradizionalmente la donna è gravata da un retroterra culturale che nei secoli ne ha limitato la disponibilità. Penso tuttavia che il trend stia invertendo e che l’umanità intera ne beneficerà.

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