In quasi tutto il mondo il numero dei nuovi super ricchi cresce, di anno in anno, a ritmi vertiginosi. Non solo nelle nazioni occidentali dove il benessere è diffuso, ma anche in Stati nei quali solo una minoranza della popolazione gode di condizioni di vita dignitose.
Da sei anni i neo milionari, o meglio coloro che per la prima volta hanno superato la soglia di un patrimonio superiore ai 30 milioni di dollari, vengono censiti dal World ultra reach wealth report, classifica stilata da Wealth-X, società americana specializzata in intelligence e raccolta dati su questo particolare segmento della popolazione mondiale.
L’ultima edizione del rapporto rivela che i super milionari dal 2017 sono aumentati del 12,9% su scala globale, raggiungendo il numero record di 255.810 persone (solo il 13,7% sono donne). E la tendenza dovrebbe proseguire, perché sempre secondo il documento, i super ricchi nel 2022 toccheranno quota 360mila.
Il continente nel quale gli ultra ricchi stanno aumentando di più – e non è una sorpresa – è l’Asia, dove si stima un tasso annuo di crescita vicino al 9 per cento. Qui i nuovi paperoni sono anche mediamente i più giovani del mondo. Attualmente i tre Paesi con il maggior numero di ultra milionari sono Stati Uniti, Giappone e Cina. Ma non sono questi gli Stati nei quali la ricchezza individuale è cresciuta più velocemente dal 2012 al 2017.
E qui le sorprese davvero non mancano. Come mostra la speciale classifica stilata da Wealth-X relativa al tasso di crescita di ultra milionari:
1 – Bangladesh. È il Paese del mondo nel quale quello che viene denominato “patrimonio netto elevatissimo” è aumentato più rapidamente negli ultimi cinque anni. Nonostante lo Stato asiatico non goda di un livello medio di benessere particolarmente alto, anzi (il Pil pro capite è pari a 1.508 dollari l’anno), proprio qui gli ultra ricchi sono aumentati in modo esponenziale, con un tasso di crescita del 17,3 per cento.
2 – Cina. Al secondo posto si trova uno dei grandi motori dell’economia mondiale. In questo caso i neo milionari sono aumentati del 13,4% in cinque anni.
3 – Vietnam. A sorpresa sul gradino più basso del podio si trova il Vietnam. Ancora una volta un Paese asiatico e ancora una volta una realtà dalla doppia faccia. Da una parte un Pil pro capite di soli 6.429 dollari l’anno, dall’altra un tasso di crescita dei nuovi super ricchi del 12,7 per cento.
4 – Kenya. In quarta posizione si trova uno Stato africano. Il Kenya, uno dei Paesi emergenti che dimostra le migliori opportunità per generare nuova ricchezza. Lo dimostrano i numeri: qui il tasso di crescita dei patrimoni personali superiori ai 30 milioni di euro è dell’11,7 per cento.
5 – India. In quinta posizione si trova l’ennesimo Stato asiatico: l’India. Anche qui il tasso di crescita degli ultra ricchi è a doppia cifra, con il 10, 7 per cento. Questo nonostante un Pil pro capite bassissimo: soltanto 1.501 euro l’anno.
6 – Hong Kong. Ancora una nazione asiatica in sesta posizione. Questa volta si tratta di Hong Kong, dove i nuovi milionari crescono a un tasso del 9,3 per cento. L’ex protettorato britannico, che gode di uno status di semi autonomia da Pechino, negli ultimi cinque anni ha mantenuto tassi di crescita dell’economia impressionanti.
7 – Irlanda. In settima posizione arriva il primo Paese europeo. Si tratta dell’Irlanda: qui negli ultimi cinque anni i super ricchi sono aumentati del 9,1 per cento.
8 – Israele. Le produzioni di punta e la capacità del Paese di sviluppare ricerca scientifica di avanguardia hanno contribuito a lanciare Israele anche in questa speciale classifica, con un tasso di crescita dei nuovi paperoni dell’8,6 per cento.
9 – Pakistan. Ancora una nazione asiatica in nona posizione: è il Pakistan, con un tasso di crescita dei nuovi milionari che, dal 2012 al 2017, ha toccato quota 8,4 per cento.
10 – Stati Uniti. A chiudere la classifica sono gli Stati Uniti. Ossia il Paese che guida la graduatoria del maggior numero di ultra ricchi in assoluto, che rappresentano l’8,9% della popolazione. Negli Usa il tasso di crescita dei nuovi paperoni è dell’8,1%. Un dato che può essere letto come segnale di un’economia capace di rigenerare la sua spinta propulsiva ma anche come una conferma degli squilibri che caratterizzano il Paese.
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