Le famiglie imprenditoriali italiane sono orientate alla crescita internazionale e al successo nel business più che ad una gestione professionalizzata della successione. E’ quanto emerge dai dati della Global Family Business Survey 2018.
Forte di circa 3.000 interviste realizzate ad esponenti di imprese familiari operanti in 53 paesi, la Global Family Business Survey (“GFBS”) 2018 di PwC offre una rilevante base di confronto per “tastare il polso” al sentimento delle famiglie imprenditoriali italiane (131 interviste realizzate in Italia tra aprile e agosto 2018) con riferimento ai temi più importanti per l’agenda dello sviluppo delle proprie imprese.
Il 2018 si chiude registrando unacrescita superiore delle imprese familiari italiane rispetto alla precedente edizione della GFBS (2016): il 69% degli intervistati infatti ha dichiarato di aver realizzato una crescita rispetto all’anno precedente (nell’edizione 2016 la crescita era stata ottenuta solo dal 59% delle risposte), mentre il 9% delle risposte accusa un calo delle vendite nell’ultimo anno (nell’edizione 2016 la contrazione era stata lamentata dal 18% degli intervistati). I dati italiani sulla crescita registrati quest’anno della GFBS 2018 risultano peraltro in linea con quelli rilevati a livello mondiale, con una crescita solo di poco meno impetuosa da parte delle imprese familiari italiane (il 30% ha indicato di aver maturato una crescita rispetto all’ultimo anno a due cifre, contro il 34% della media globale). Con riferimento al futuro, l’82% degli intervistati italiani prevede di realizzare una crescita ulteriore nei prossimi due anni (sostanzialmente in linea con l’aspettativa rilevata in media dalla GFBS 2018), ma prevale una crescita costante (74% delle risposte rispetto al 68% della media globale) rispetto a una dinamica più veloce e aggressiva (8% delle risposte italiane rispetto al 16% della media globale). Le differenze principali tra le imprese familiari italiane e la media globale rilevata dalla GFBS 2018 riguardano innanzitutto l’apertura ai mercati esteri: le risposte denotano unamaggior internazionalizzazione delle vendite delle imprese familiari italiane (il 90% delle risposte dichiara vendite all’estero, rispetto al 70% della media globale, con un peso medio del fatturato sul totale dei ricavi delle imprese italiane intervistate pari a circa il 37%). In aggiunta, la propensione a far crescere ulteriormente la porzione di fatturato all’estero nei prossimi 5 anni riguarda il 92% delle imprese familiari italiane, rispetto al 79% della media globale; il peso medio del fatturato estero sul totale dei ricavi per le imprese familiari italiane dovrebbe salire in quel periodo fino al 45%. Questi elementi sono spiegati da un tratto specifico che distingue le imprese familiari italiane dalle omologhe incluse nel campione coinvolto nella GFBS 2018: il 75% delle imprese italiane opera internazionalmente in uno (30%) o più settori (45%), quindi con una pronunciata prevalenza per la diversificazione settoriale e non solo geografica, mentre la media globale si attesta sul 50% di operazioni internazionali (con una sostanziale equivalenza tra diversificazione di settori, pari al 26% delle risposte, rispetto alla focalizzazione del 24% in media).
Con riferimento alle sfide principali da affrontare nei prossimi due anni per realizzare le ambizioni di ulteriore sviluppo,le imprese familiari italiane sono più focalizzate sull’innovazione, sulla professionalizzazione del business, sulla digitalizzazione e sulle dinamiche della competizione internazionale rispetto alla media registrata dalla GFBS 2018. In termini di agenda delle priorità, l’attrazione di talenti e competenze adeguati alle sfide e il miglioramento della profittabilità completano la lista precedente. In termini di chiarezza delle strategie, è interessante annotare che le imprese familiari italiane hanno più frequentemente un piano strategico completo rispetto alla media globale registrata dalla GFBS 2018 (61% delle risposte italiane indicano l’esistenza di un piano formalizzato, documentato e inclusivo di ricavi e costi, rispetto a una media globale che si attesta al 49%).
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Il coinvolgimento dei membri delle famiglie imprenditoriali italiane non si discosta dalle medie registrate dalla GFBS 2018, sebbene la presenza dei membri delle nuove generazioni nei business familiari italiani sia superiore a quella registrata in altri paesi: l’81% dei membri delle nuove generazioni italiane segue le orme dei genitori operando nelle proprie imprese familiari in diversi ruoli di responsabilità, rispetto al 65% della media globale: in particolare, il 43% degli italiani siede nei CdA rispetto al 37% della media, il 52% opera nella Direzione aziendale rispetto al 43% della media. In termini di preparazione per ricoprire i ruoli di responsabilità, i giovani italiani devono essere qualificati, conoscendo le lingue straniere (75% delle risposte rispetto al 50% della media registrata dalla GFBS 2018), ed essendo in grado di competere con candidati esterni qualificati (71% delle risposte rispetto al 65% della media), però mancano di esperienza interna al business familiare (70% rispetto alla media del 76%) e accumulata esternamente al business familiare (66% rispetto alla media del 69%).
Le politiche e le procedure in essere in seno alle famiglie imprenditoriali italiane con riferimento alla gestione dei conflitti e al passaggio generazionale denotano un grado di diffusione inferiore alla media registrata dalla GFBS 2018: il 63% delle risposte italiane dichiara di avere in essere politiche e procedure a fronte di una media dell’84% a livello globale. I gap più rilevanti riguardano i patti tra soci (30% in Italia a fronte di una media globale del 56%), i patti di famiglia (12% in Italia a fronte di una media del 27%), i consigli di famiglia (21% in Italia a fronte del 32%), i meccanismi per la soluzione dei conflitti (15% in Italia a fronte del 30%). Con riferimento ai conflitti, il 62% delle risposte italiane indica che essi vengono indirizzati immediatamente all’interno della famiglia (63% nella media globale), ma che solo nel 37% dei casi questi sono discussi apertamente (a fronte del 54% della media), mentre solo nel 5% dei casi vengono utilizzati servizi di figure professionali per comporre i conflitti (rispetto alla media del 14%). Il 60% dei rispondenti italiani ha dichiarato di non avere un piano di successione, a fronte di una media globale pari al 44%.
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