Luigi Di Maio nel salotto di Porta a Porta
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Quanta parte del reddito di cittadinanza andrà a chi lavora in nero?

Luigi Di Maio nel salotto di Porta a Porta
Luigi di Maio a Porta a Porta, sullo sfondo il ministro dell’Economia, Giovanni Tria

Sulla base delle indiscrezioni apparse nei giorni scorsi, i soggetti che beneficeranno del cosiddetto reddito di cittadinanza potrebbero essere poco più di 4 milioni, pari a 1.375.000 nuclei familiari coinvolti. Un dato ancora ufficioso che, tuttavia, ha fatto scattare un campanello d’allarme alla CGIA, che ha dedicato al tema il suo consueto studio settimanale pubblicato oggi.

Infatti – spiega l’Associazione – è possibile ipotizzare che circa la metà della platea dei teorici destinatari di tale misura potrebbe essere composta da persone che lavorano in maniera irregolare. E visto che per l’anno in corso ai beneficiari del reddito di cittadinanza il Governo erogherà 6 miliardi di euro, verosimilmente la metà della spesa, pari a circa 3 miliardi di euro, potrebbe finire nelle tasche di persone che non ne hanno diritto.

“A causa dell’assenza di dati omogenei relativi al numero di lavoratori in nero presenti in Italia che si trovano anche in stato di deprivazione, non possiamo dimostrare con assoluto rigore statistico questa tesi”, chiarisce il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo. “Tuttavia, vi sono degli elementi che ci fanno temere che buona parte dei percettori del reddito di cittadinanza potrebbe ottenere questo sussidio nonostante svolga un’attività lavorativa in nero, sottraendo illegalmente alle casse dello Stato un’ingente quantità di imposte, tasse e contributi previdenziali. In altre parole, l’Amministrazione pubblica, al netto delle misure di contrasto previste, sosterrà con il reddito di cittadinanza un pezzo importante dell’economia non osservata”.

Come si è giunti a queste conclusioni ? Secondo l’Istat, in Italia ci sono poco meno di 3,3 milioni di occupati che svolgono un’attività irregolare. Se da questo numero si rimuovono i dipendenti e i pensionati che non hanno i requisiti per accedere a questa misura – pari, in linea di massima, a 1,3 milioni di unità – coloro che pur svolgendo un’attività irregolare potrebbero, in linea teorica, percepire questa misura sarebbero 2 milioni; vale a dire la metà dei potenziali aventi diritto (poco più di 4 milioni).

dati lavoro
Valore aggiunto da lavoro sommerso irregolare (Elaborazione Ufficio Studi Cgia su dati Istat)

L’Associazione ricorda anche la penetrazione dell’economia sommersa: “La regione più a “rischio” è la Calabria che, secondo gli ultimi dati disponibili (anno 2016), presenta 140.700 lavoratori in nero, ma un’incidenza percentuale del valore aggiunto da lavoro irregolare sul Pil regionale pari al 9,4 per cento. Un risultato che è quasi doppio rispetto al dato medio nazionale (5,1 per cento). Segue la Campania che, con 372.600 unità di lavoro irregolari, “produce” un Pil in “nero” che pesa su quello ufficiale per l’8,6 per cento. Al terzo posto di questa particolare graduatoria troviamo la Sicilia, nello specifico con 303.700 irregolari e un peso dell’economia sommersa su quella complessiva pari all’ 8,1 per cento.
Le realtà meno interessate dalla presenza dell’economia sommersa sono quelle del Nord: in Friuli Venezia Giulia i lavoratori irregolari sono 56.400: questi ultimi generano un valore aggiunto sommerso che è pari al 4,1 del Pil regionale. In Lombardia, invece, gli occupati irregolari sono 485.600 e “producono” un valore aggiunto in nero del 3,9 per cento di quello rilevato ufficialmente. La regione più virtuosa, infine, è il Veneto: i 197.600 lavoratori in nero presenti “causano” quasi 5,4 miliardi di euro di valore aggiunto sommerso, pari al 3,8 per cento del Pil regionale”.

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