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Chi è il super manager italiano delle modelle

Paolo Barbieri è ceo di Elite World.

Articolo tratto dal numero di gennaio 2019 di Forbes Italia.

Per qualcuno è uno degli uomini più invidiati d’Italia. Per altri è semplicemente un manager chiamato a traghettare Elite, la più grande agenzia di model management al mondo nelle inesplorate acque del mare magnum di Instagram e dell’epoca della disintermediazione nella comunicazione dei brand. Paolo Barbieri, un passato nella finanza e nella gestione di investimenti alternativi fino a diventare uomo di fiducia di Silvio Scaglia (proprietario del gruppo cui Elite fa capo) è il primo italiano alla guida di Elite World, network che comprende i brand Elite, Women Management e The Society, con 20 agenzie presenti nelle capitali mondiali dell’industria del fashion che gestisce migliaia di modelle e modelli in cinque continenti.

Qui sono state di casa vere e proprie icone come Cindy Crawford, Gisele Bündchen, Linda Evangelista, Helena Christensen e in tempi più recenti supermodel internazionali come Mariacarla Boscono, Anna Ewers, Vittoria Ceretti e Kendall Jenner, solo per citarne alcune. Merito anche di Elite Model Look, un concorso lanciato nel 1983 da John Casablancas, fondatore dell’agenzia, che attira centinaia di ragazzi e ragazze un po’ da tutto il mondo e dal quale immancabilmente escono i volti delle campagne pubblicitarie del futuro.

Anna Ewers durante la Fashion Fashion Week di New York a febbraio del 2018. (JP Yim/Getty Images)

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Forbes ha incontrato Barbieri alla scrivania del suo ufficio milanese allo sbocco di lunghe pareti di cristallo adornate dalle immagini delle tante ragazze che nel tempo hanno calcato passerelle e backstage fotografici. Gli spostamenti tra una sede e l’altra del network in giro per il mondo fanno sì che l’unico vero ufficio di Barbieri sia tra le nuvole che attraversa con i suoi pressoché quotidiani voli, ma Milano ha un valore speciale per il manager e per tutto il gruppo, non solo per il suo ruolo nel fashion (come ricavi è subito dopo New York e Parigi): “Vedo negli ultimi anni un grande favore nei confronti di Milano. Grazie a Expo prima, e poi con il sorgere dei nuovi quartieri che sono piaciuti molto anche agli stranieri, è diventata una città glamour. Il momento va cavalcato”, ci spiega Barbieri. Anche cercando di fare sistema, perché “inutile nasconderlo: la proprietà dei brand della moda conta. Se i brand diventano stranieri è più probabile che faranno sinergie all’estero e che esteri saranno anche i fornitori. Occorre che in Italia la cultura del bello si tramuti anche in una cultura dell’impresa”.

Kendall Jenner è secondo Forbes la modella più pagata del mondo nel 2018. (Noam Galai/Getty Images)

Un po’ quello che è avvenuto in Elite World, dove un uomo di finanza come Barbieri è diventato punto di riferimento nel mondo patinato delle modelle. “Il fashion in fondo è un people business, fatto di persone, come la banca”, dice Barbieri sorridendo. “Il manager non deve possedere competenze troppo specifiche, ma deve semmai dare leadership, concordare gli obiettivi. Deve saper ascoltare le persone, che siano i clienti, i collaboratori o gli esponenti dell’industria, non deve necessariamente essere un tecnico del settore. Sulla mia scrivania arrivano alla fine le scelte più importanti, quelle che implicano un conflitto o un’opportunità. In più il mio background mi fornisce una certa sensibilità sui numeri, che aiuta”.

E oggi, complici ritmi di mutamento sempre più veloci, prendere decisioni che contano è diventata ordinaria amministrazione. “Il nostro è un business che vive una grande trasformazione: da un lato c’è una polarizzazione tra grandi network, dall’altro, con Instagram, le modelle sono esse stesse dei media e noi diventiamo automaticamente una media company. Basti pensare che mettendo insieme tutti i follower delle nostre modelle arriviamo a oltre 300 milioni di persone. Ma questo non vuol dire essere disintermediati dai social, perché, senza un buon manager o un agente, il modello o la modella rischiano di non riuscire a costruire un sistema che massimizza il ritorno economico, oppure di non saper gestire nel tempo la loro carriera, riducendo il loro ciclo di vita professionale. Il digitale comunque ha cambiato le regole del gioco, per questo accanto ai nostri 210 agenti – tutti dipendenti – a livello mondiale stiamo introducendo persone che sappiano cogliere le esigenze dei brand”.

Vittoria Ceretti all’evento di lancio di Tiffany Fragrance, nel 2017 a New York. (Jamie McCarthy/Getty Images for Tiffany & Co.)

È cambiato pertanto anche il ruolo del model manager, divenuto agente per le modelle e relationship manager per i clienti. “Con un ritorno del cliente finale al centro della nostra attenzione, per il quale diventiamo il terminale di una serie di business connessi che portano valore aggiunto. Il rapporto è più cliente centrico perché il nostro obiettivo diventa quello di fornire un pacchetto di modelle che vanno a colpire il target specifico del cliente, identificabile e misurabile proprio grazie alla tecnologia”. Kendall Jenner, modella, ma soprattutto webstar, è uno dei simboli di questa rivoluzione: è molto più nota e corteggiata dai brand di quanto non siano tante modelle che sfilano in passerella e le stesse sfilate sono divenute solo eventi propedeutici alla creazione di un personaggio. “Nel fashion e nella cosmetica è cambiato poco. C’è una componente di leadership creativa, ossia un viso che interpreta una collezione. Invece nel consumer conta la nostra capacità di aver sviluppato una presenza digitale, ossia di aver creato e sostenuto un’immagine”. Succede così che l’influencer diventi modella, come che la modella faccia il percorso inverso diventando influencer. Una rivoluzione che può essere indolore. Purché ci sia un uomo d’impresa capace di dare ordine al cambiamento.

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