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Amazon punta a monopolizzare anche l’industria editoriale?

Il gigante del commercio elettronico fondato da Jeff Bezos è sempre più deciso a prendere il sopravvento nel settore librario, stampando libri con il proprio marchio o attraverso società controllate. Ne parla un’inchiesta del Wall Street Journal, che sottolinea la preoccupazione di molti addetti nel settore, spaventati dallo strapotere di Amazon per quanto concerne il suo parco clienti.

“Per promuovere queste opere, (Amazon, ndr) possiede strumenti che gli altri editori possono soltanto sognare”, scrive il quotidiano, citando Amazon First Reads e Kindle Unlimited, un abbonamento dà accesso illimitato a oltre 1 milione di eBook su qualsiasi dispositivo.

La storia cita l’esempio di Mark Sullivan, autore entrato a far parte della scuderia di Amazon Publishing nel 2015. La pubblicità del suo ultimo libro fu spedita via email ai circa sette milioni di iscritti di First Reads, la newsletter che promuove esclusivamente i libri pubblicati “in casa” da Amazon. Poco dopo quella email, il libro vendette oltre 300 mila copie in formato digitale, e oggi è a quota 1,5 milioni tra formato digitale, cartaceo e audiolibro.

All’interno della sua divisione Publishing, il colosso di Seattle ospita 15 sotto-marchi che distribuiscono negli Stati Uniti – un mercato che vale 16 miliardi di dollari l’anno – qualsiasi genere letterario, dalla fiction alla saggistica passando per la traduzione di libri stranieri e la ristampa di opere fuori catalogo: si contano 1231 titoli per il 2017, circa quattro volte di più del 2009. Secondo le stime degli analisti, ogni nuovo titolo può contare, potenzialmente, su una platea promozionale di circa 10 milioni di utenti: tanti sono oggi gli iscritti alla newsletter di Amazon.

Nonostante il dominio sempre più asfissiante di Amazon (circa 4 libri cartacei su 10 sono venduti attraverso il sito) molti scrittori sembrano trovarsi a loro agio con l’opportunità di farsi notare attraverso un canale diverso da quello tradizionale. Un portavoce di Amazon racconta al Wsj che migliaia di autori che hanno scelto di pubblicarsi da soli, attraverso il servizio apposito offerto dalla società di Seattle, hanno guadagnato più di 50mila dollari in royalties nel 2018 (circa 43.800 euro) e più di mille hanno superato i 100mila dollari (circa 87.600 euro). Non è stato reso noto, però, il numero esatto di libri prodotti con il self-publishing di Amazon (l’opzione è attiva dal 2007).

Tra i casi più fortunati c’è Laurie Ann Starkey, che lavorava come contabile prima di mollare tutto nel 2014 per diventare scrittrice a tempo pieno. Ora Starkey fattura oltre 1 milione di dollari l’anno attraverso una piccola casa editrice indipendente che impiega 10 persone tra editor, manager e staff socialmediale, pubblicando soltanto i suoi libri (di genere a metà tra l’erotico e il soprannaturale) e ricavando l’89% del suo fatturato grazie alla distribuzione ottenuta con Kindle Unlimited.

La morale è che l’esistenza del settore editoriale così come lo conosciamo oggi potrebbe essere sottoposta a uno sconvolgimento notevole, così come quello che sta subendo l’industria della grande distribuzione dopo che Amazon ha deciso di investire in attività brick-and-mortar (rilevando Wholefoods, ad esempio) e con le proprie linee di prodotti (vedi elettrodomestici o assistenti personali).

Il punto è che le pratiche messe in gioco da Amazon tenderebbero, come si racconta da tempo, a soffocare la concorrenza. Secondo il Wsj, “Amazon sta riducendo i profitti del settore fiction per adulti attraverso la pubblicazione di numerosi libri a basso costo, attraverso il self-publishing e le società controllate”.

Amazon, intanto, ha definito “Pieno di errori e contraddittorio” un rapporto dell’Author’s Guild, la più importante associazione di autori americani, dopo che questa aveva accusato la società di appropriarsi di una quota ingiusta di profitti. Secondo l’associazione, le royalties medie degli scrittori americani sono passate dai 3.900 dollari del 2013 ai 3.100 dollari del 2017: un calo del 21 per cento. Tutta colpa del crescente monopolio di Amazon, spiega, che abbassa i ricavi e svaluta il costo dei libri per chi scrive.

Il rapporto aggiunge anche che molti venditori che usano la piattaforma di Amazon hanno riscontrato perdite finanziarie a causa proprio dei “diritti d’autore estremamente ridotti” percepiti su libri sempre più aggressivamente scontati. La quota dell’85% del mercato self-publishing controllata da Amazon è un’ulteriore fonte di preoccupazione, dato che la maggior parte degli autori non hanno altra scelta che accettare i contratti non negoziabili offerti dalla società.

Amazon ha risposto sostenendo che il rapporto non tiene conto dell’incremento dei ricavi, nello stesso periodo di tempo, del 17% per gli autori già affermati e l’89% di aumento per gli autori indipendenti. Sempre a partire dal 2013 il reddito medio degli scrittori a tempo pieno è aumentato del 13%, dicono.  Secondo la Guild, si tratta però di fortunate e microscopiche eccezioni in un mercato altrimenti sempre più povero e competitivo.

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