Richard Branson: biografia
“Nel 1967, quando mi congedai dalla scuola all’età di quasi 17 anni, il preside mi salutò così: «Congratulazioni, Branson. Prevedo che, se non finirai in galera, potresti diventare milionario»”.
Lui, Richard Branson, fondatore di Virgin e icona globale dell’imprenditoria, finì in galera nella sua vita, ma diventò anche milionario, anzi miliardario. Figlio di un avvocato e assistente di volo, Branson ha iniziato la sua attività quasi 50 anni fa a Londra e ora, all’età 68 anni, ha un patrimonio netto stimato da Forbes di 5 miliardi di dollari (10° uomo più ricco d’Inghilterra) e si gode la vecchiaia nel lussuoso retiro nelle Isole Vergini, a Necker Island, che ha acquistato nel 1978 per 180mila dollari.
Richard Branson, libri: Il business diverte, storia di un’azienda di successo
Nel suo libro autobiografico Il business diverte ripercorre la storia di Virgin, da piccola attività di vendita di dischi per corrispondenza, a grande etichetta discografica – che negli anni è riuscita a ingaggiare artisti del calibro di Phil Collins, Boy George, i Sex Pistols, Janet Jackson e i Rolling Stones – fino a diventare quel gruppo internazionale che è oggi, a cui fanno capo decine di aziende attive nei campi più disparati, dal fitness all’intrattenimento, dai viaggi ai servizi finanziari. Ecco solo alcune delle tante lezioni che possiamo imparare dalla sua incredibile storia.
Come creare e gestire un’azienda di successo secondo Richard Branson
1. “Giurai a me stesso che non avrei mai più fatto nulla che mi facesse rischiare il carcere”
Per far quadrare i conti della ancora acerba attività di distribuzione dei dischi per mail, Branson architettò uno stratagemma fraudolento per evitare di pagare le tasse sui dischi di importazione. Ma nel 1971, l’allora 21enne Richard fu beccato dalla guardia di finanza. E finì in carcere. “Quella notte trascorsa dietro le sbarre fu una delle cose più utili che mi sia capitata nella vita. Non mi è mai piaciuto dipendere dagli altri e non poter decidere di me stesso; mi è sempre piaciuto, invece, infrangere le regole, che fossero quelle della scuola o le convenzioni sociali. Essere in carcere significava perdere in un attimo tutta quella libertà. Giurai a me stesso che non avrei mai più fatto nulla che mi facesse rischiare il carcere, né tantomeno mi sarei più cacciato in qualche affare che mi potesse far sentire in imbarazzo”.
2. Non sempre l’offerta più conveniente è quella vincente
Agli inizi degli anni ’70 Virgin raggiunse la popolarità grazie soprattutto a Mike Oldfield e la sua Tubular Bells e volle sfruttare il momento espandendosi anche all’estero. Propose quindi alla casa discografica Island Records un accordo P&D (stampa e distribuzione) anziché un puro contratto di licenza. La Island ovviamente rifiutò e rilanciò con un’offerta a condizioni molto favorevoli, al 18% di royalty. A conti fatti, se avessero raggiunto il milione di copie vendute di Tubular Bells, avrebbero incassato 285mila sterline senza costi di promozione e marketing a carico. Eppure “il copyright intellettuale di Tubular Bells era il nostro atto di rinascita e intendevamo farne la base del nostro successo. Rifiutammo così la proposta della Island e insistemmo per la nostra: loro dovevano stampare e distribuire il disco in cambio del 10-15% del fatturato”. Alla fine Island accettò e i rischi corsi nell’assumere i costi della promozione portarono alla Virgin i primi veri guadagni.
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3. L’importanza di separare le diverse attività del gruppo (purché siano in simbiosi)
Dopo la recessione di fine anni ’70, nel 1981 Virgin tornò a registrare utili. Con i soldi a disposizione Branson pensò a nuove opportunità di investimento. Fu così che pubblicò una rivista di programmi di manifestazioni ed eventi, Event, che purtroppo però fallì in breve tempo. “È sempre difficile ammettere di aver sbagliato, ma se c’è una cosa positiva nell’episodio di Event fu che mi fece capire quanto è importante separare le diverse aziende nel gruppo per evitare che il fallimento di una trascini nelle difficoltà tutte le altre”. Branson è anche convinto però che l’insieme di asset che compone il gruppo Virgin debbano lavorare in sinergia: “Quando Virgin Atlantic, per esempio, inaugura i voli sulle rotte per il Sudafrica, ecco che diventa opportuno, a mio parere, lanciare in quel Paese anche Virgin Radio e Virgin Cola”.
4. Small is beautiful
Uno dei principi tradizionali del business è “big is beautiful”; il contrario di quello che pensava Branson. Non appena una delle imprese Virgin acquisiva dimensioni eccessive, veniva infatti divisa in unità più piccole. Al momento della vendita di Virgin Music nel 1992, aveva ben 50 consociate discografiche con non più di 60 dipendenti ciascuna. “Ogni volta che abbiamo attuato questa strategia, le persone interessate hanno dovuto assumere un carico di lavoro molto maggiore, ma a fronte di questo hanno anche avuto incentivi di gran lunga superiori e hanno dimostrato ancora più entusiasmo per il lavoro”.
5. “Il segreto di Virgin è soprattutto il divertimento”
Dopo la vendita di Virgin Music per ben 560 milioni di sterline e la vittoria nella causa contro la British Airways nel 1993, Virgin godeva per la prima volta di ingente liquidità. Ma a Branson non sfiorò neppure l’idea di ritirarsi. “La gente mi chiedeva: «Ma perché adesso non ti diverti un po’?». Ecco, non aveva capito: per me quello era divertimento. Divertirmi è l’aspetto essenziale del mio modo di fare business e di tutto ciò che ho sempre fatto, fin dall’inizio. Il segreto di Virgin è soprattutto il divertimento”. Non a caso Branson si basa molto sull’istinto, con un po’ di sana ribellione, come testimonia la nascita di Virgin Money, azienda attiva nei servizi finanziari: “Il ribelle che è in me era anche piuttosto divertito dall’idea che il tipo che aveva offerto i Sex Pistols avesse da proporti una soluzione per risolvere i tuoi problemi pensionistici; l’altra parte di me era altrettanto divertita dall’idea di creare una banca che desse del filo da torcere alle stesse banche che ci avevano quasi messo in liquidazione”.
6. “Mettermi alla prova per scoprire i miei limiti”
Oltre che come imprenditore Richard Branson si è fatto conoscere per le sue imprese da record – come la traversata atlantica in barca o la trasvolata del Pacifico in pallone. Uno spirito di avventura e intraprendenza che ha guidato anche il suo modo di fare impresa. “Spesso mi chiedono per quale motivo io intraprenda le grandi sfide dei record mondiali di motonautica o di volo in pallone. Mi fanno notare che sono un uomo ricco, di successo e che ho una famiglia felice, per cui dovrei smetterla di rischiare la vita e godermi quel che la fortuna mi ha regalato. Amo la vita, amo la mia famiglia, sono terrorizzato all’idea di morire e di lasciare Joan da sola con Holly e Sam senza un padre. Al contempo, però, mi sento irresistibilmente attratto dal desiderio di provare nuove avventure e di mettermi alla prova per scoprire i miei limiti”.
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