Il governo a Porta a Porta
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I Minibot spiegati in 4 punti. Cosa sono e perché se ne parla così tanto

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Il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, nello studio di Porta a Porta, sullo sfondo Giuseppe Conte, Matteo Salvini e Luigi Di Maio (Imagoeconomica)

In attesa di un vertice di governo fissato per lunedì sui Minibond, il tema è arrivato con prepotenza al centro del dibattito politico e di conseguenza sulle prime di pagine di giornali e tg.

Ma cosa sono esattamente i Minibot?

Come si desume dal nome, i Minibond sono una sorta di titolo di Stato di piccolo taglio, dai 5 ai 100 euro.
A differenza dei titoli di Stato classici però, non offrono interessi ai loro possessori e non hanno una scadenza.
Si tratterebbe – qualora dovessero vedere la luce – di veri e propri titoli cartacei, da questo punto di vista molto simili a vere e proprie banconote, mentre i titoli di Stato odierni sono dematerializzati, ossia presenti solo sui conti informatici delle banche e non più stampati.
L’assenza di scadenza e l’essere cartacei li renderebbe spendibili immediatamente proprio come banconote.

 

Perché sono stati proposti

L’idea dei Minibot nasce dalla volontà di dare soluzione a un problema concreto: il ritardo nei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese private fornitrici dello Stato, che proprio in virtù dell’ammontare spesso elevatissimo dei crediti da riscuotere rischiano di trovarsi in situazioni di tensione finanziaria.
Nelle intenzioni dei proponenti i Minibot potrebbero quindi servire per accelerare i pagamenti alle imprese che hanno venduto beni e servizi alla pubblica amministrazione e che sono ancora in attesa di pagamento. Aiuterebbero perciò le imprese a rientrare dei loro crediti, seppur non con moneta avente corso legale bensì con un titolo.
Titoli che, secondo il presidente della commissione Bilancio della Camera, Claudio Borghi, daranno impulso alla domanda interna perché potranno essere spesi per effettuare acquisti nel commercio al dettaglio.

 

Cosa dicono i critici

Il presidente della Bce, Mario Draghi, è stato categorico: “Se sono valuta sono illegali, se sono debito fanno salire lo stock (di debito appunto, ndr)”.
L’agenzia di rating Moody’s si è accodata definendo i Minibot “il primo passo per introdurre una moneta alternativa e preparare l’uscita dall’area euro dell’Italia”.
Critica anche Confindustria, preoccupata che l’introduzione dei Minibot possa far aumentare il debito pubblico complessivo.
Per il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco ”i minibot sono sempre debito, non è di certo una soluzione al problema del nostro debito pubblico”, aggiungendo che non potrebbero avere corso legale perché il Trattato Ue chiarisce che le banconote e le monete metalliche in euro sono le uniche con corso legale nell’unione monetaria

 

Il problema principale

La discussione sui Minibond si incrocia con un altro tema caldo di questi giorni: il fatto che l’Italia si stia confrontando con la possibilità dell’apertura di una procedura d’infrazione sul debito da parte dell’Ue.
Lo ha spiegato sul Sole 24 Ore di ieri Gianni Trovati: il debito commerciale, quello che verrebbe pagato attraverso i Minibot, non rientra nel debito pubblico complessivo. Viene infatti conteggiato come tale nel momento in cui avviene l’effettivo pagamento.
Se le aziende private venissero pagate subito in Minibot si metterebbe dunque una toppa sul fronte dei debiti verso le aziende, ma dall’altro lato si avrebbe una ulteriore impennata del debito pubblico. E a quel punto la procedura d’infrazione diventerebbe pressoché inevitabile.

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