Business

I super-consulenti per l’innovazione

Un momento della convention che ha riunito tutti i dipendenti Bip lo scorso Natale.

Articolo tratto dal numero di agosto 2019 di Forbes Italia. Abbonati. 

“Il business della consulenza ha ancora spazi di crescita importanti, nella misura in cui si mostrerà capace di aiutare le aziende clienti a innovare”. È la convinzione di Carlo Capè, amministratore delegato del gruppo Bip Italia – Business integration partners, società co-fondata nel 2003 dopo una lunga esperienza nel settore che, tra le altre cose, lo ha portato a guidare l’industry oil & gas di Deloitte a livello europeo.

Fino a pochi mesi fa è stato presidente di Assoconsult, l’associazione delle società italiane di consulenza. Come sta cambiando il settore?
Comincerei con un dato quantitativo: dal 2008, anno in cui è iniziato il monitoraggio, il mercato è cresciuto di circa il 60% sia a livello di fatturato, che di numero dei professionisti. Se guardiamo al solo 2018, le grandi realtà sono cresciute del 12%, mentre il settore nel suo insieme dell’8,6%, arrivando a un fatturato complessivo di 4,5 miliardi di euro, con 45mila addetti. Il mercato è fortemente polarizzato: con appena 35 società sopra i 50 addetti e centinaia di realtà con pochi professionisti.

In questo scenario, come sta evolvendo Bip?
Dalla fondazione siamo cresciuti a un ritmo del 20-25% tutti gli anni e oggi contiamo 2.500 persone, tanto da essere diventati la più grande realtà di consulenza manageriale a matrice italiana. A livello di attività, offriamo consulenza dalla strategia all’organizzazione ai sistemi informativi, dal marketing agli acquisti e al risk management.

Qual è stato il fattore principale che vi ha permesso di fare la differenza?

Carlo Capè, ad del gruppo Bip

Il nostro modello di business è incentrato su tre pilastri: grandissima expertise settoriale, inizialmente solo energia e tlc, poi anche banche e assicurazioni, pubblica amministrazione, retail e lusso. In secondo luogo siamo consulenti per l’innovazione delle imprese, aiutiamo i nostri clienti nella transizione digitale, che è un processo continuativo, senza fine. Selezioniamo startup tecnologiche in modo da portare alle aziende metodologie per innovare, intelligenza artificiale per migliorare processi e risultati dei clienti, cybersecurity, design e customer experience. L’expertise accumulata ci ha portato anche a svolgere attività di consulenza per le autorità regolatorie in campo energetico.

Come avviene l’acquisizione di un cliente da parte di una società di consulenza, considerato che la concorrenza è molto affollata?
Ci sono principalmente due strade: la forza del marchio e i risultati. Per quanto ci riguarda, all’inizio abbiamo lavorato molto sulla comunicazione, evidenziando che ogni nostro intervento porta ai clienti risultati positivi sul conto economico. Ad esempio, con una delle principali aziende produttrici di motori auto abbiamo ottenuto una success fee del 50% per aver generato un dimezzamento del capitale circolante, tra scorte, materie prime, semilavorati, crediti e debiti con fornitori. Oggi è fondamentale poter contare su centri di eccellenza e per questa ragione ne abbiamo creati tre: x-Tech, dedicato all’intelligenza artificiale, con 180 persone esperte del settore. Si tratta di data scientist capaci di scrivere codici per soluzioni nuove. Questi professionisti non si trovano sul mercato, li formiamo insieme al Cefriel (centro di eccellenza per l’innovazione, la ricerca e la formazione nel settore dell’information & communication technology ndr) del Politecnico di Milano. Il secondo centro di eccellenza è sulla cybersecurity, con 140 professionisti impegnati, e il terzo sul design della customer experience e della employee experience, sviluppato da Sketchin, studio di design thinking e strategia che dal 2016 fa parte del gruppo Bip.

Se per le aziende in generale l’internazionalizzazione è una strada obbligata per crescere e diversificare i rischi, lo stesso non può non valere per le società di consulenza. Come vi muovete su questo fronte?
Bip ha undici sedi all’estero, le più grandi delle quali in Spagna, Brasile e Inghilterra. L’obiettivo è crescere nel prossimo triennio soprattutto in Europa attraverso acquisizioni di piccole realtà locali.

Piccolo è bello è uno slogan superato ormai…
Esatto. Le dimensioni consentono di generare economie di scala e di seguire meglio le aziende clienti internazionalizzate.

Da dove arriveranno le risorse per la crescita esterna?
Apax Partners, il fondo di private equity che ha il 60% di Bip, ha stanziato oltre 100 milioni di euro per la crescita per linee esterne. Oggi fatturiamo intorno ai 250 milioni con l’estero che vale il 20%. L’obiettivo è arrivare al 2022 con 400 milioni di ricavi, di cui il 40% oltreconfine. A quel punto potrà partire la fase due. Puntando a un’ulteriore piano di crescita.

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