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Non solo Lamborghini Siàn, nella strategia Vw l’auto elettrica è per tutti

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La Lamborghini Siàn, prima elettrica della casa di Borgo Panigale (Courtesy: Lamborghini)

“General Motors, che un tempo era il gigante di Detroit, qui è quasi scomparso. Non ci sono più fabbriche degne di questo nome perché hanno spostato tutto in Cina, nonostante i capitali per gli investimenti siano arrivati da qui. MA QUESTO E’ AVVENUTO PRIMA CHE ARRIVASSI IO. Saranno in grado di tornare indietro?”. Con questo tweet pubblicato alla vigilia dell’appuntamento alla Casa Bianca con Mary Barra, la numero uno del gruppo Gm, il presidente Usa è tornato su uno dei temi a lui più cari: il rilancio dell’industria dell’auto made in Usa, un argomento chiave per puntare alla rielezione tra un anno.

Non è difficile prevedere che le bordate anti-Pechino, che nel frattempo medita di reintrodurre gli incentivi al settore, in difficoltà sul mercato interno, saranno presto seguite dall’offensiva più volte annunciata contro l’altro pericolo numero uno, agli occhi del presidente: l’auto tedesca. Ovvero come ebbe a sostenere, “quel fiume di Mercedes e Bmw che vedo sfilare sullo Quinta Strada a New York”. Oltre a sistemare i dazi con la Cina, cosa peraltro mica facile né rapida, Trump intende mettere nel mirino “il grande nemico” a quattro ruote, già indebolito dalla frenata della Cina, il principale cliente dell’auto tedesca, ma anche dallo spauracchio della Brexit che ha già colpito l’import/export di Berlino (-20% gli scambi commerciali nei primi sei mesi, prima causa del calo del prodotto interno lordo d’oltre Reno).

In questa cornice che s’inquadra l’avvio della grande offensiva elettrica dell’industria a quattro ruote tedesca che si accinge a sparare tre missili nel cielo dell’auto il 10 settembre, in occasione del salone dell’auto di Francoforte. Ce n’è sarà per tutti i gusti, a partire da Taycan, la prima Porsche al 100% elettrica, una vera rivoluzione culturale per i seguaci del credo di Ferdinand Porsche, che non nasconde l’intenzione di scalzare Tesla dalla leadership dell’elettrico di lusso. Per centrare l’obiettivo non si è badato a spese: il piano Porsche su elettrico e digitale vale 6 miliardi di euro, una cifra esagerata per un produttore dai volumi limitati, ma che si giustifica con la ricerca di un mix che non tradisca il mito.  Per questo si è deciso di partire subito con le versioni Turbo e Turbo S dotate di due unità elettriche di grande efficienza, una sull’asse anteriore e una sul posteriore, così da realizzare un sistema di trazione integrale con prestazioni degne della 911 (da zero a 100 chilometri all’ora in 2 secondi e 8 decimi per la Turbo S) ma con una batteria che si può ricaricare, utilizzando la corrente continua erogata dalle reti ad alta potenza in soli 5 minuti per consentire un percorrenza fino a 100 chilometri oppure in 22 minuti e mezzo in condizioni ideali. Un gioiello da 191mila euro (versione Turbo S) ma che già dall’anno prossimo verrà offerto in versioni più abbordabili.

La seconda mossa del gruppo Volkswagen è meno spettacolare ma ben più significativa sul fronte del business. A Francoforte sarà presentato l’ID.3, cioè il primo modello di Wolfsburg sviluppato sulla Meb, la piattaforma (costo 33miliardi di euro) su cui verranno sviluppati i futuri modelli di massa con cui il gruppo intende sbaragliare la concorrenza. L’avvio è più che promettente: ancor prima della presentazione la vettura ha già ricevuto più di 30.000 prenotazioni in Germania, Norvegia, Paesi Bassi, Svezia e Regno Unito, e oltre 100.000 fan si sono registrati alla newsletter per ricevere aggiornamenti regolari sulla nuova gamma totalmente elettrica ID, l’avanguardia della flotta di 70 modelli elettrici che il gruppo, con un investimento attorno ai 100 miliardi, intende sfornare nei prossimi dieci anni. Sarà, nei propositi del gruppo, “l’auto elettrica per tutti” con un prezzo inferiore alla soglia dei 30.000 euro in Germania e una capacità di ricarica che, in 30 minuti, consente un’autonomia di 290 chilometri.

Inoltre, in termini di strategia industriale, l’operazione si presenta come una vera rivoluzione, con l’obiettivo di recuperare parte dei costi ma anche, se non neutralizzare, almeno ridurre la pressione di Trump. Volkswagen ha deciso di consentire, dietro adeguata fee, l’uso della piattaforma Meb (che sta per Modulare E-Antriebs-Baukasten) anche a Ford e non esclude di ripetere l’operazione. Per la cronaca, Mike Manley, ceo  di Fiat Chrysler, ha smentito che il gruppo italoamericano sia interessato.

Ma la strada delle alleanze sembra la via obbligata, visti i costi e il valore strategico della sfida che sta ridisegnando le sfere d’influenza delle varie potenze: al blocco Volkswagen (cui potrebbe aggiungersi l’asse Bmw-Mercedes) si contrappone Toyota che ha attratto nella sua orbita Suzuki e Mazda.  In attesa che prenda nuova forma l’alleanza Renault-Nissan (allargata a Fca).

Ma nell’attesa che evolvano i grandi scenari merita soffermarsi sulla terza carica che il gruppo Volkswagen vuole accendere al salone di Francoforte: il varo della Lamborghini elettrica. I numeri, in questo caso, sono relativi: la Siàn, la prima ibrida della marca di Sant’Agata Bolognese, prodotta in soli 63 esemplari. Si tratta di una supercar sportiva da 819 cv spinta da un motore V12 aspirato ma abbinato ad un motore elettrico in grado di schizzare da 0 a 100 chilometri in meno di 2,8 secondi fino alla velocità di 280 km/h.  E’ il prototipo del futuro del marchio, in linea con l’evoluzione dell’Aventador, anch’essa destinata a passare all’elettrico. Anche questo conferma il valore strategico dell’elettrico per tutta la gamma sviluppata dal gruppo tedesco.

Bloomberg al proposito ha ipotizzato una quotazione in Borsa del marchio che potrebbe aspirare ad una Ipo attorno agli 11 miliardi di euro, in linea con il successo di Ferrari che vanta una capitalizzazione di 28 miliardi di euro pari ad un rapporto prezzo/utili di 32,7 volte, come le griffe del lusso e assai più elevato della media dell’auto. E’ senz’altro un obiettivo raggiungibile, vista anche la crescita geometrica delle vendite del primo semestre (+96%) grazie al boom di Urus.  Ma è difficile che si realizzi nel prossimo futuro, vuoi per le prospettive incerte dei mercati finanziari ai tempi della Brexit di cui è stata vittima Aston Martin (sotto del 70% rispetto all’Ipo), vuoi perché, prima di passare ai realizzi, in casa Volkswagen si vogliono vedere i frutti della semina elettrica, la sfida industriale più importante non solo per il gruppo che vuol cancellare con un elettrochoc l’incubo del dieselgate.

Soprattutto, però, c’è da chiedersi se Volkswagen intende imitare il modello Fca oppure evitare incroci finanziari che, in passato, non hanno portato bene al colosso teutonico. Il gruppo italo americano, come dimostra l’operazione Cnh Industrial, ha magistralmente utilizzato la Borsa per creare valore. Wolfsburg è cresciuta a suon di acquisizioni finanziate dagli utili industriali, frutto il più delle volte dell’eccellenza tecnologica che ha garantito l’autosufficienza. Fino a ieri, perché i costi di sviluppo dell’auto elettrica impongono soluzioni condivise, come la cessione in affitto della piattaforma Mep all’americana Ford.

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