Articolo tratto dal numero di Forbes di gennaio 2020. Abbonati
Chiunque abbia avuto a che fare con l’inconveniente di una frattura, conosce benissimo le varie complicazioni che possono essere causate dal vecchio e caro gesso. Nell’epoca della stampa 3D non poteva mancare una soluzione innovativa volta a migliorare il percorso riabilitativo dei pazienti che hanno subito una frattura. A idearla sono stati due ragazzi italiani: Gabriel Scozzaro e Francesco Leacche, entrambi fondatori della startup Holey, specializzata nella realizzazione di tutori ortopedici. Il primo nasce a Roma all’inizio degli anni 90, di cui conserva la forte cultura pop anglosassone, legata al mondo dei videogiochi, della musica e del cinema. Spinto da una forte vocazione all’innovazione e alla medicina, ereditata in famiglia, si è laureato in ingegneria medica. Come ricercatore ha frequentato la Vanderbilt University di Nashville per tre anni. Francesco Leacche, che con Gabriel condivide la passione per i videogiochi, ha invece effettuato un percorso di formazione in computer science presso l’università di Roma La Sapienza. Ancora da studente si avvicina al mondo dell’imprenditoria e decide di cofondare Holey, dove oggi ricopre il ruolo di chief technology officer.
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Holey è una startup innovativa che vuole rivoluzionare il mondo dell’ortopedia sostituendo il tradizionale gesso con un tutore stampato in 3D, prodotto su misura del paziente, resistente all’acqua e traspirante. “Per ottenere questo obiettivo abbiamo realizzato una soluzione integrata composta da uno scanner 3D brevettato che automaticamente acquisisce in alta definizione le misure dell’arto del paziente in meno di 30 secondi, un software basato su intelligenza artificiale che genera automaticamente il modello virtuale del tutore seguendo i parametri inseriti dallo specialista ortopedico e infine un servizio di stampa 3D che realizza il tutore utilizzando una plastica ipoallergenica”, spiegano i due fondatori della startup. A tre anni di distanza dalla nascita dell’azienda, i due imprenditori possono rivendicare di aver trasformato un’idea visionaria in un prodotto che oggi ha un impatto importante nel percorso terapeutico di un paziente, pur dovendo superare una serie di difficoltà che molte delle startup tecnologiche che operano nell’healthcare devono solitamente fronteggiare, soprattutto in fase di ricerca di finanziatori.
“Fino ad oggi, reperire gli investimenti, in fase early stage e preseed, è stata la difficoltà più grande incontrata, considerando che il nostro settore è molto più capital intense rispetto a quello, per esempio, del digital”, racconta Scozzaro, che è anche ceo della società. “Abbiamo dei time to market molto più lunghi, per cui i numerosi percorsi di accelerazione, che si pongono come obbiettivo di fatturare da 0 a 6 mesi, non si sposano con il biomedicale. Siamo stati capaci di ottimizzare ogni investimento e spesa affrontata massimizzandone il risultato”.
La stampa 3D ha già reso possibile lo sviluppo di soluzioni come quelle implementate da Holey: la sfida del futuro è rappresentata dall’intelligenza artificiale che porterà nel settore healthcare un grande cambiamento per quanto riguarda la prevenzione, l’accesso alle cure, la spesa e l’ottimizzazione, la terapia e la diagnosi. “Saranno un prezioso strumento specialmente nella gestione efficiente della salute di una popolazione con un’età media sempre più alta e con aspettative di vita sempre più lunghe. In aggiunta a questo nei prossimi 5/10 anni la medicina diventerà sempre più personalizzata e grazie a soluzioni basate su stampa 3D avremo, pelle, vasi sanguigni, protesi e ossa sintetiche realizzate su misura sia della nostra anatomia sia delle nostre esigenze cliniche”, conclude Scozzaro.
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