“Il peggio deve ancora venire”: a parlare è Nouriel Roubini, l’economista che nel 2008 aveva preannunciato la grande crisi economica che stava per abbattersi sul mondo intero. Roubini, oggi professore di economia alla Stern School of Business, ha affidato a un articolo apparso sul Financial Times alcune considerazioni, non proprio confortevoli, riguardo agli effetti del nuovo coronavirus sull’economia mondiale.
“Fino a qualche giorno fa le reazioni dei mercati sono state miti”, ha scritto l’esperto. “Una calma dovuta al fatto che gli investitori si sono basati su presupposti errati”. Questa calma è venuta meno nelle ultime ore, quando è diventato chiaro che il coronavirus non è più un’epidemia diffusa soltanto in Cina, ma si sta trasformando in una pandemia globale.
“Il punto di vista secondo cui il picco degli effetti economici sarà raggiunto entro la fine del primo trimestre oggi sembra traballante”, spiega Roubini. A conforto della sua tesi, l’economista sottolinea come la catena di fornitura cinese abbia subito dei gravi danni, “in un periodo in cui il 20% dei prodotti di consumo globali arrivano dalla Cina”. A ciò bisogna aggiungere le conseguenze degli shock economici che anche paesi come l’Italia, il Giappone e la Corea del Sud si trovano a fronteggiare.
Nel suo articolo il professore parla anche della situazione degli Stati Uniti: nonostante i contagiati siano davvero pochi, le notizie allarmistiche che arrivano da tutto il mondo sembrano aver già influenzato i consumatori statunitensi, che in questi giorni preferiscono stare a casa invece di uscire. “Questo è poco in confronto a quello che potrebbe succedere se il virus dovesse colpire in maniera seria gli Stati Uniti”, scrive.
A porre rimedio alla situazione non potranno essere i governi: l’economista scrive che “politiche fiscali reagiranno in maniera lenta, o non lo faranno per niente. E le cattive notizie non finiscono qui. Secondo le tesi dell’articolo, a minare l’economia mondiale nel 2020 non sarà soltanto il coronavirus, ma anche la guerra tra Iran e Usa, l’incertezza politica dovuta alle elezione negli Stati Uniti, e le tensioni tra la Cina e gli Stati Uniti.
“Prendendo tutte queste cose insieme”, conclude Roubini, “il rischio di una recessione globale comincia a crescere”.
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