SpaceEconomy

Musk fa da Uber alla Nasa, da oggi parte una nuova corsa allo spazio

Il razzo SpaceX Falcon 9 sulla piattaforma del Kennedy Space Center di Cape Canaveral in Florida (Joe Raedle/Getty Images)

Stasera, quando in Italia saranno le 22:33, insieme al razzo Falcon 9 che partirà da Cape Canaveral con in cima la navicella Dragon-2 ci saranno diverse cose in ballo: le ambizioni degli Stati Uniti di rilanciare la propria potenza egemonica, la sfida di un miliardario eccentrico, una possibile storia entusiasmante per sollevarci dall’ansia della pandemia e la speranza in una nuova era di viaggi nello spazio, in cui le compagnie private trasportano gli umani verso l’orbita terrestre bassa e oltre.

La missione, per la quale la Nasa ha lanciato l’hashtag #LaunchAmerica, avrà per protagonista la società SpaceX di Elon Musk, che ha progettato entrambi i velivoli. Sarà il primo volo con equipaggio di una navetta progettata e gestita da un’azienda privata attraverso una partnership col pubblico. A bordo della navicella ci saranno  due piloti statunitensi. Doug Hurley e Bob Behnken, che verranno trasportati verso la Stazione spaziale internazionale. SpaceX fa regolarmente da cargo verso la Iss, ma questa sarà la prima volta – dopo sei anni di sviluppo e test – con uomini in carne ed ossa. Ennesima pietra miliare: il primo lancio di questo tipo dagli Stati Uniti dopo il ritiro dello Shuttle, nel luglio 2011.

Sempre che andrà tutto bene, s’intende. Le conseguenze di un fallimento sarebbero altrettanto storiche, sia per la Nasa che per il suo contractor – una startup fondata da Musk 18 anni fa che per ottenere questa prestigiosa commessa dal valore di 3,1 miliardi di dollari ha dovuto battere la concorrenza agguerritissima di Boeing. Che nel frattempo ha ricevuto dalla Nasa altri 4,8 miliardi di dollari per continuare a sviluppare la sua navicella; non c’è monogamia nel progetto, e la Nasa potrebbe scegliere un altro vettore quando più le converrà.

CAPE CANAVERAL, FLORIDA – MAY 26: Fotografi in attesa del lancio dello SpaceX Falcon 9 dal Kennedy Space Center di Cape Canaveral, Florida (Joe Raedle/Getty Images)

Perché le ambizioni dell’agenzia spaziale americana vanno ben al di là di oggi: innanzitutto, la Nasa vuole dimostrare che il modello commerciale funziona anche per le missioni più rischiose, e dare nuova linfa all’idea di un ritorno dell’Uomo sulla Luna o persino di una stazione lunare. Facendo così contento il presidente Donald Trump, che vorrebbe rimettere piede sul satellite entro il 2024. In secondo luogo, c’è l’intenzione di spezzare la dipendenza dai razzi e navicelle russe come le Soyuz, alla quale sono stati affidati tutti i lanci con equipaggio Nasa dopo il pensionamento degli Space Shuttle. C’è dunque anche la geopolitica della nuova Guerra fredda in questa storia, e all’evento parteciperanno sia Trump che il vicepresidente Mike Pence.

Per quanto riguarda Elon Musk, questo è un primo passo per andare anche ben oltre la stazione spaziale: entro il 2023 è in programma un viaggio attorno alla Luna, e nel 2026 un altro attorno a Marte (se non addirittura su Marte). SpaceX è sicura che c’è un mercato di milionari che potrebbero in un futuro prossimo diventare clienti abituali del Drago, e la società ha già venduto quattro posti a passeggeri che faranno un giro intorno alla Terra l’anno prossimo. C’è anche il piano di inviare clienti in una stazione spaziale di nome Axiom, sviluppata da una società commerciale. E diverse voci parlano di un ambizioso progetto, per ora ancora sulla carta, che vede coinvolti Nasa, SpaceX e Tom Cruise per la realizzazione del primo film in orbita.

Se dunque alcuni aspetti del lancio di oggi sembrano quelli classici, il ruolo di SpaceX è un elemento di novità importante rispetto ai modi in cui la Nasa ha inviato storicamente i suoi astronauti nello spazio: il programma Commercial Crew consiste nel fatto che l’agenzia spaziale pagherà il biglietto per salire a bordo di veicoli costruiti e gestiti da privati, accettando di fare la parte del cliente di una sorta di “Uber dello spazio” gestita da Musk o da altri imprenditori privati. Parliamo di un mondo sul quale si stanno gettando nel frattempo altri magnati come Jeff Bezos (Blue Origin) oppure Richard Branson (Virgin Galactic), che vogliono la loro parte da protagonisti nell’avventura fantascientifica.

Per il momento però le fortune della Nasa sono legate soprattutto a quelle di Musk, un personaggio controverso e imprevedibile, padre da poco per la sesta volta che ha conquistato le pagine dei giornali nelle ultime settimane definendo la quarantena obbligatoria per il coronavirus come “fascista” e ha riaperto gli impianti Tesla in California andando contro le autorità sanitarie locali. Uno che associa formidabili intuizioni e pasticci: se SpaceX ha già sconquassato il settore aerospazio con la sua strategia taglia-costi a base di razzi “riutilizzabili”, una delle sue capsule per passeggeri è esplosa in volo durante un test nell’aprile dell’anno scorso, e in un altro test un paracadute decise di non aprirsi. Per fortuna non c’era nessuno a bordo.

Il programma Commercial Crew, con cui la Nasa sta di fatto esternalizzando i suoi servizi tradizionali, costerà tra i 20 e i 30 miliardi di dollari in meno del programma Constellation, voluto e poi abbandonato dall’amministrazione Obama più di dieci anni fa. Ma la scelta di ricorrere al know-how della Silicon Valley avrà un costo simbolico non indifferente. Se i contractor privati hanno sempre costruito velivoli spaziali per la Nasa, la differenza adesso sta nella proprietà della navicella, nel logo di SpaceX che sovrasta quello della Nasa, e nel fatto che saranno dipendenti di Musk a dare l’Ok per la partenza. Il bando è stato gestito da istituzioni pubbliche, ma la pubblicità sarà della startup.

I sostenitori del progetto tuttavia vedono il lancio di SpaceX come un passo in avanti per aprire lo spazio a nazioni che altrimenti non potrebbero permetterselo. Chi non avrà i mezzi per produrre le proprie navicelle e razzi potrà pagarsi un viaggio con la società di Musk o con i futuri vettori Boeing, bypassando del tutto la Nasa (anche se per ora nessuno si è fatto avanti). Senza contare che SpaceX punta a un universo di pendolari fatto da ricercatori, ingegneri e scienziati che potranno fare avanti e indietro tra la Terra e le future stazioni spaziali.

Commercial Crew potrebbe rappresentare un punto di svolta anche per quanto riguarda il turismo spaziale, anche se per un bel po’ di tempo saranno soltanto gli ultraricchi a potersi permettere un viaggio verso la Iss o una sosta nelle future stazioni spaziali. Tuttavia, secondo alcuni esperti, la traiettoria del segmento potrebbe seguire quella delle compagnie aeree terrestri, con una progressiva democratizzazione dovuta alle economie di scala che abbattono i costi per il singolo biglietto.

Questo però vorrebbe dire sottrarre alla Russia le somme generose che la Nasa paga per inviare il suo equipaggio nello spazio: circa 86 milioni di dollari per astronauta, sfruttando la base in Kazakistan. Se grazie a SpaceX e Boeing la Nasa dovesse conquistare una maggiore autonomia logistica, e ricominciare a lanciare razzi dalla Florida, la collaborazione tecnologica tra due Paesi già affetti da un rapporto a dir poco complicato potrebbe diradarsi, e le tensioni già presenti con Mosca potrebbero acuirsi. Secondo  Teasel Muir-Harmony, uno storico del National Air and Space Museum intervistato da Politico, molte persone associano la fine del programma Shuttle al tramonto della Nasa tout-court: in termini di percezione popolare, un altro tassello del declino a stelle e a strisce.

Il volo di oggi potrebbe e vorrebbe essere, insomma, un altro capitolo del tentativo di ribaltare questa storia, e di orchestrare la deglobalizzazione americana sotto l’insegna dell’America first, e del ripensamento trumpiano delle catene del valore. Ripristinando la capacità dell’America di far decollare i propri astronauti, la missione SpaceX potrebbe offrire un opportunità per questi orizzonti di gloria, nonché un momento di coesione nazionale per un Paese che ha trascorso mesi isolato e diviso in una crisi sanitaria senza precedenti. Il merito però se lo prenderà l’iniziativa privata, anche se i soldi ce li metterà lo Stato.

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