Dopo numerose esperienze in società internazionali, adesso Paola Bonomo si muove tra imprese in fasce e aziende alle prese con la trasformazione digitale, tanto da essere stata nominata nel 2017 business angel italiana dell’anno e business angel donna in Europa. In questa sua attività porta competenze, consigli, relazioni a chi sta avviando un percorso imprenditoriale. Paola Bonomo è anche Vice Presidente di Italian Angels for Growth. L’abbiamo incontrata per capire di più sul suo ruolo e su cosa gli “angeli” possono fare per sostenere l’innovazione in Italia.
Qual è il suo background e in che modo l’ha portata a raggiungere i ruoli che ricopre?
Nella prima fase della mia carriera ho lavorato a lungo come consulente strategica, entrando in McKinsey da neolaureata, crescendo lungo un percorso di molti anni, e uscendone dopo qualche anno di esperienza come Partner. Ho poi operato come manager con focus sul mondo digitale, sia in realtà “native” del Web (eBay e più di recente Facebook), sia nei programmi di trasformazione digitale di grandi aziende incumbent (Il Sole 24 Ore, Vodafone). In questo terzo ciclo della mia carriera mi dedico a ruoli di governance come consigliere indipendente in grandi e medie aziende, quotate e non quotate. La mia attività come Angel è iniziata nella seconda fase, quando ho deciso di partecipare all’ecosistema dell’innovazione non solo spingendola nelle aziende, ma anche sostenendo la crescita di nuove realtà imprenditoriali.
Cosa significa essere un Business Angel e quanto tempo bisogna dedicare a questa attività?
Ci sono molti modi di essere Angel: quello più semplice è associarsi a un gruppo, come Italian Angels for Growth, e investire insieme ai “colleghi” che ne fanno parte, anche se non si è alla guida degli investimenti; una volta fatta un po’ di esperienza si può poi ricoprire il ruolo di champion, coloro che conducono attivamente l’investimento e rappresentano il gruppo degli investitori in tutti i rapporti con la startup, fino alla exit. Si può anche fare il Business Angel individualmente; questo però richiede normalmente la disponibilità di patrimoni significativi, visto che è consigliabile costruire nel corso degli anni un portafoglio di partecipazioni diversificato e che non è mai opportuno dedicare più di una certa quota dei propri investimenti a una classe di asset ad alto rischio che sul lungo periodo può dare molte soddisfazioni, ma nel breve è sostanzialmente illiquida.
Da quanto tempo segue il mondo startup e quali sono stati le più grandi soddisfazioni ottenute in questo periodo?
Faccio il business angel dal 2009, come tutti con alti e bassi. La storia che mi ha dato maggiori soddisfazioni è quella di AdEspresso, azienda adtech (advertising technology) fondata a cavallo tra California e Italia da Max Chieruzzi e Armando Biondi. Il prodotto è stato globale da subito, i clienti italiani sin dall’inizio sono stati intorno all’1% della clientela di AdEspresso. E la capacità di crescere molto rapidamente con uno strumento utile in tutto il mondo è stato il fattore determinante che ha portato AdEspresso a essere acquisita da un’azienda canadese, Hootsuite, circa tre anni dopo il primo investimento ricevuto dagli Angels che avevano creduto nel progetto.
Cosa spinge una persona a investire tempo e capitali in questa asset class?
I nostri obiettivi sono sostenere e incoraggiare chi è dotato di idee, conoscenze e dinamismo imprenditoriale; contribuire alla crescita economica del Paese; e raggiungere in cinque-sette anni una exit redditizia per gli Angels.
Un Business Angel, in particolare nel ruolo di champion, deve saper entrare in sintonia con il team in cui ha deciso di investire. Lanciare una startup è fonte di grande tensione e stress per i fondatori, tanto più una volta che si raccolgono capitali e si hanno investitori esterni a cui rispondere; a ogni round di investimento, contrariamente a quanto si tende a pensare, il rischio e le responsabilità aumentano. Il team di imprenditori deve poter accedere alle competenze, esperienze, relazioni apportate dall’Angel. L’Angel, a sua volta, deve essere un punto di riferimento, un’àncora di buon senso, a volte un coach, senza mai invadere lo spazio di azione dei fondatori.
Perché ha scelto di far parte di IAG?
Mi sono avvicinata al mondo dell’angel investing quando ero ancora “giovane”, sia come investitrice sia dal punto di vista anagrafico. L’associazione è stata, e ancor di più lo è oggi, una straordinaria palestra per fare esperienza pratica dell’ecosistema early stage, per investire non solo in startup italiane, ma anche all’estero, e per costruire in pochi anni un portafoglio che con le mie sole competenze non avrei potuto costruire: oltre al mondo digitale, con Italian Angels ho avuto la possibilità di partecipare anche a investimenti in imprese di altri settori, come le tecnologie medicali e il biotech.
Come si è evoluto il ruolo di Business Angel dal punto di vista della Diversity e Inclusion, soprattutto sulla figura della donna?
Oltre dieci anni fa, quando sono entrata nel gruppo Italian Angels, le donne erano meno del 5%; oggi siamo intorno al 15%. Mi piacerebbe che ci fossero più imprenditrici e più manager donne che dedicano una parte del loro tempo all’Angel Investing; le ricerche sul tema mostrano che, tra le barriere percepite, sono le altre priorità finanziare della famiglia e – appunto – la mancanza di tempo ad allontanare da questa opportunità donne che avrebbero competenze utili, le risorse necessarie e l’interesse a svolgere il ruolo di Business Angel. Anche qui la mia risposta è: fare squadra! Non a caso, nella nostra associazione cerchiamo sempre di avere due champion per ogni deal – un modo per dividersi il lavoro e unire efficacia ed efficienza.
Quali consigli darebbe ad una donna che si lancia nel mondo imprenditoriale, soprattutto digitale?
Lavorare su tematiche “di frontiera”, spingere sempre un po’ più in avanti; coltivare il proprio network, essere generose con il proprio tempo e avere sempre la porta aperta per chi vuole un consiglio; studiare e capire bene i meccanismi di cooptazione, che sono diversi da quelli in vigore nelle aziende ma contano comunque tantissimo (per esempio, nel fundraising); costruirsi una squadra con persone più brave di quanto riteniamo di esserlo noi; e infine, essere se stesse. Fare l’imprenditrice è già molto lavoro, senza che ci si aggiunga il peso di recitare una parte che qualcun altro reputa quella giusta per noi.
Un evento per conoscere di più
Dell’ecosistema startup e del ruolo strategico degli angel investors si parlerà nel corso del V Convegno IAG, organizzato con l’Associazione Italiana per la Ricerca Industriale, che dedica a questo tema la sua giornata nazionale dell’innovazione, in collaborazione con Piccola Industria Confindustria e sponsorizzato da KPMG, che si svolgerà il 16 ottobre 2020, in partnership con Forbes.
Numerosi gli ospiti che si confronteranno nelle due tavole rotonde accomunate dal titolo “L’ecosistema startup, un asset strategico per il rilancio economico”:
- Gaetano Manfredi, Ministro dell’Università e della Ricerca
- Andrea Bairati, Presidente Associazione Italiana per la Ricerca Industriale (AIRI)
- Francesca Bria, Presidente CDP Venture Capital SGR- Fondo Nazionale Innovazione
- Anna Gatti, CdA Intesa Sanpaolo (ISP), Fiera Milano, Lastminute Group, WiZink Bank
- Antonio Leone, Presidente Italian Angels for Growth
- Diva Moriani, Vicepresidente INTEKGroup SpA e KME Ag, CdA Assicurazioni Generali e Moncler
- Luigi Nicolais, Founder e Presidente di Materias
- Carlo Robiglio, Presidente Piccola Industria Confindustria
- Elena Zambon, Presidente Zambon e ideatrice OpenZone
Per iscriversi all’evento è sufficiente collegarsi al seguente link https://convegnoiagairi.com/
Come diventare un business angel https://www.italianangels.net/business-angel/
Per scoprire come entrare a far parte della community IAG: [email protected]
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