Sabina Nuti Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa
Cultura

La ricerca scientifica come motore del Paese. Parla la rettrice della Sant’Anna di Pisa

Sabina Nuti Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa
Sabina Nuti, rettrice della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa

“Il petrolio dell’Italia risiede nel capitale umano, nell’ingegno, nella capacità e nel talento. Elementi che possono fare la differenza rispetto al resto del mondo. In Italia non abbiamo ricchezze nel sottosuolo, in compenso abbiamo teste spettacolari. Dobbiamo valorizzarle e aiutarle nel loro percorso” spiega Sabina Nuti, rettrice della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, ateneo d’eccellenza, al quarto posto nella classifica mondiale delle migliori università con meno di 50 anni.

Con Sabina Nuti debutta la serie di interviste di Forbes Italia ai più brillanti manager culturali d’Italia.

La Scuola Superiore Sant’Anna è al quarto posto nella classifica mondiale delle giovani università. Prima di voi, due università asiatiche. L’Asia cosa ha da insegnare?
Le università asiatiche possono beneficiare di una strategia di lungo periodo e di un consolidamento sulla ricerca, che in Italia è invece considerata alla stregua di una Cenerentola, nonostante le dichiarazioni di intenti. Con queste premesse posso affermare che i risultati conseguiti dal sistema universitario e della ricerca italiano sono da considerarsi eroici ed eccellenti. I paesi asiatici hanno una vera strategia, portata avanti nel tempo, e una prospettiva di lungo periodo. In Italia gli atenei conoscono solo all’ultimo momento l’entità dei finanziamenti per il Fondo di funzionamento ordinario e questi sono scarsi. Invece certi investimenti, anche strutturali, si realizzano soltanto se c’è una prospettiva di medio-lungo periodo. 

Dal 1991 a oggi, il vostro ateneo ha generato 71 spin off e di queste 52 sono diventate vere e proprie aziende. A dimostrazione che l’istruzione può generare profitto.
… e ancora prima occupazione e possibilità. La Scuola Superiore Sant’Anna rientra fra le migliori università in Italia per rapporto tra brevetti e numero di docenti e ricercatori nei settori di science & technology. Soltanto nel 2019 il Sant’Anna ha depositato 25 nuove domande di brevetto, di cui 17 in Italia, 6 in Europa e 2 negli Usa. Il 47 percento dell’intero portafoglio, composto da 260 brevetti attivi, è concesso in licenza ad aziende private, piccole e medie imprese. Questo testimonia l’interesse da parte del mercato per i nostri brevetti. In aggiunta, la ricerca innovativa ha prodotto effetti positivi sul mercato, incentivando la nascita di imprese spin off in settori ad alta o ad altissima tecnologia. I settori sono quelli ad alta tecnologia. Dall’Ict alla robotica, alla fotonica, alla microingegneria, al settore biomedicale, a quello ambientale, alla consulenza giuridica condotta attraverso strumenti innovativi. 

Con che spirito nascono Win Medical o Biocare Provider, vostre spin off poi acquisite da grandi aziende?
Il nostro obiettivo non è certo fare da incubatori per grandi gruppi, ma, quando ciò accade, significa che la Scuola Superiore Sant’Anna ha saputo individuare prima e meglio settori strategici. Del resto la ricerca scientifica, alla base della nascita di tutte le aziende spin off, ha proprio questo obiettivo: generare nuova conoscenza per creare impatto, per creare ‘valore’. Per tutte le nostre spin off la condizione fondamentale è acquisire una dimensione che consenta di spiccare il volo, sia in termini di successo sul mercato che di occupazione.

La formazione avrebbe bisogno di slanci filantropici sul modello anglosassone.
Questo è un tema a me caro. E proprio quest’anno abbiamo creato la Fondazione Talento all’Opera. Con un gruppo di imprese e istituzioni creiamo strategie per valorizzare il talento e lo mettiamo ‘all’opera’. 

Perché si discute di alleanza fra impresa e università però…
L’imprenditoria tende a promuovere solo la ricerca che ha ricadute immediate sulla propria azienda. Salvo eccezioni è difficile trovare l’imprenditore che investe in maniera significativa nell’università, dinamica che invece è frequente nei grandi atenei internazionali.

Il 38% del vostro bilancio – poco sotto i  60 milioni –  è generato dalla stessa Scuola Sant’Anna. Come?
Grazie a progetti di ricerca da bando. La ricerca scientifica è uno dei compiti istituzionali della Scuola Superiore Sant’Anna e rappresenta il fattore fondamentale per il suo sviluppo, anche per le ricadute sulle attività didattiche. Viene condotta all’interno dei nostri sei Istituti, che ne programmano e gestiscono le attività, valorizzando appunto il rapporto tra formazione e ricerca, l’interdisciplinarietà e l’interazione con il mondo culturale, sociale ed economico. La maggiore parte dei progetti di ricerca che la Scuola Superiore Sant’Anna coordina o ai quali partecipa sono internazionali e le consentono di autofinanziare le proprie attività di ricerca, senza gravare sui finanziamenti dello Stato, e di sviluppare idee imprenditoriali e tecnologie innovative. 

Traduciamo tutto questo in numeri.
La maggiore parte degli oltre 18 milioni dedicati alla ricerca scientifica nel 2018 è derivato dalla partecipazione a bandi competitivi di istituzioni italiane ed europee. A proposito di Europa, la Scuola Superiore Sant’Anna partecipa al programma ‘Horizon 2020’ con 55 progetti, dei quali è leader per 9, per un finanziamento complessivo di circa 20 milioni di euro.

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