Comincia a lavorare alle 5 del mattino e va avanti almeno fino alle 11 di sera, spesso anche oltre la mezzanotte. Non ama il lavoro di squadra, anzi. E ammette di non avere un carattere facile. “Ma non chiedo agli altri – aggiunge subito – niente che non pretenda prima da me. E non dovete credere a tutto quel che si dice sul mio conto”. Non è vero, per esempio, che ha vietato le ferie a due collaboratori. “Ho solo spiegato loro che chi lavora in una banca d’affari deve essere pronto a rinunciare alle vacanze, se il lavoro lo richiede. Ma è una loro scelta. Io non obbligo nessuno”. Salvo che, da quel che si legge, uno può scoprire di esser stato licenziato perché il suo badge d’ingresso non funziona più. E guai a seguirlo nelle vacanze di lavoro: si rischia di correre nel deserto dell’Arizona per dodici ore al giorno, con 45 gradi all’ombra. Perché, se sopravvivi, “allora hai la tempra giusta per questo mestiere”. Questi e altri aneddoti probabilmente veri servono a descrivere i talenti del “Cristiano Ronaldo dei banchieri”, come è stato definito Andrea Orcel, classe 1963, romano di nascita, ma cittadino del mondo ai tempi della finanza globale che non concede pause a chi sceglie il suo mestiere (o la sua missione?). “Una vocazione che non è per tutti”, come rispose quando, nel 2013, dopo la morte di un assistente di Bank of America vittima dell’eccesso di lavoro, fu lanciato un appello internazionale per introdurre dei limiti d’orario per i banchieri junior. Ma non è fatto di ghiaccio, assicura un ritratto del Financial Times: “Non ci vuole molto perché si metta a gridare improperi, rivelando il suo carattere italiano”.
Goldman Sachs, Merrill Lynch e la guerra con Banco Santander
Questo e altro si legge nella voce dedicata all’ex enfant prodige della finanza mondiale, cresciuto in Goldman Sachs e Merrill Lynch prima di approdare in Ubs e di finire in un braccio di ferro con i vertici di Banco Santander, che si erano rifiutati di onorare lo stipendio concordato con Ana Botìn: 50 milioni di euro, forse qualcosa in più di quel che guadagna Ronaldo. Orcel non l’ha presa bene e ha intentato una causa da 112 milioni contro la banca più potente d’Europa. Che gli deve forse qualcosa, perché proprio grazie a Orcel il papà di Ana riuscì a vendere Banca Antonveneta al Monte dei Paschi per 9 miliardi cash – più altri 7 miliardi di debiti – prima dello scoppio della crisi del 2007-2008.
Pare sia ormai vicino un accordo tra Orcel e l’istituto spagnolo, da sottoscrivere prima dell’udienza a Madrid fissata per il 10 marzo. Ma per allora il banchiere romano potrebbe avere dismesso i panni del disoccupato di lusso ed essere rientrato nel giro come ceo di Unicredit. Orcel, infatti, è il nome più gettonato per la successione a Jean Pierre Mustier, il banchiere che ha rinunciato a rinnovare il suo mandato di amministratore delegato della banca di piazza Gae Aulenti. Anche se concorrenza (e nemici) non mancano.
Il “Cristiano Ronaldo dei banchieri”
Nessuno discute le qualità dell’investment banker, che può vantare un curriculum eccezionale: poco più che trentenne, ha avuto un ruolo chiave nella nascita di Unicredit, mettendo a punto la fusione con il Credito italiano. Subito dopo, fu l’artefice della nascita di Bbva, il secondo gruppo spagnolo. Passato da Goldman Sachs a Merrill Lynch, lavora al “capolavoro”: lo spezzatino dell’olandese Abn Amro, con il coinvolgimento della belga Fortis, dello spagnolo Banco Santander e della Royal Bank of Scotland. L’operazione si conclude con il default dell’istituto britannico, salvato a carissimo prezzo dal Tesoro di Londra, e della belga Fortis. La banca spagnola si salva grazie alla cessione di Antonveneta a Monte dei Paschi, travolto da questo pessimo affare e oggi nelle mani del Tesoro italiano, che, per rispettare gli accordi con la Banca centrale europea, dovrà cedere il 64% frutto del salvataggio.
Un’ecatombe, ma non per Orcel: l’inchiesta americana sulle banche d’affari seguita ai crack della stagione dei subprime appurerà che Orcel ha incassato in provvigioni 33 milioni di dollari. Niente di illecito, per carità. Anzi, Orcel, consigliere di banchieri e potenti, al momento delle dimissioni di Alessandro Profumo viene contattato per la posizione di ceo di Unicredit. È lui a rifiutare il posto, vista la distanza tra i suoi guadagni e lo stipendio da banchiere.
Orcel verso Unicredit
Oggi le cose sembrano cambiate. Orcel ha dato la sua disponibilità, cedendo alle lusinghe di Leonardo Del Vecchio, patron di Essilor Luxottica e grande azionista di Mediobanca. Del Vecchio, socio del Credito italiano fin dai tempi della privatizzazione, ha un forte legame, anche storico, con Unicredit, sua banca di riferimento fin dai tempi di Lucio Rondelli, che lo convinse a portare Luxottica a Wall Street a metà anni Novanta, in netto anticipo sul sistema Italia. È proprio Del Vecchio il grande nemico del matrimonio tra Unicredit e Monte dei Paschi, pur dotata di una cospicua dote. Perché sacrificare la realtà finanziaria internazionale più importante per tappare i buchi del passato? Qui ci vuole un uomo con ambizioni e visione internazionale. Come Orcel, per l’appunto, osteggiato per i precedenti infausti in terra di Siena. Senza dimenticare che il banchiere d’affari non ha passato un solo giorno della sua carriera a occuparsi di filiali, mutui o affidamenti a imprese e cooperative. Meglio virare, perciò, su profili più tradizionali, come quelli di Fabio Gallia, già dg di Fincantieri e ceo di CdP e di Bnl-Bnp Paribas, o di Flavio Valeri, ex ad di Deutsche Bank, due banchieri più commerciali. Le indiscrezioni confermano anche Carlo Vivaldi come candidato interno alla carica di ad.
Insomma, o si scegie una strada gradita al Tesoro, cui preme più di tutto liberarsi della patata bollente di Mps, oppure, in tempi di grande liquidità e mercati ruggenti, si offre ad Orcel, il banchiere che non dorme quasi mai, l’occasione per un grande rientro. Al fianco di Mediobanca/Generali, versione Del Vecchio.
Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .
Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .