Cultura

Educare le donne africane per farle diventare le leader di domani: la mission dell’imprenditore Jason Doherty

“L’educazione è l’arma più potente che si possa usare per cambiare il mondo”, diceva Nelson Mandela. La Daraja Academy è un posto magico e un esempio di come questo possa diventare realtà. È una scuola secondaria di ragazze situata fuori Nanyuki, in Kenya, ma non solo questo: è anche sogno che diventa realtà, speranza che si trasforma in autostima, rispetto che ispira il dovere e la responsabilità, un processo evolutivo che mira al futuro di un Paese e della sua gente, che investe sull’innovazione. Grazie a Yahoo, la Daraja Academy ha infatti internet e questo ha permesso alle sue ragazze di diventare imprenditrici, anche a livello globale. Ci ha raccontato la sua storia uno dei suoi fondatori, Jason Doherty, che ora divide la sua vita tra la Bay Area di San Francisco, la Silicon Valley, e l’Africa.

Lei è diventato un imprenditore sociale a causa di un brutto incidente che ha cambiato il corso della sua esistenza…

Sono nato e cresciuto a San Rafael, in California, nella Bay Area di San Francisco. Sono stato molto fortunato ad avere dei genitori che mi hanno riempito d’amore, il quinto dei loro figli, di quindici anni più giovane di mio fratello maggiore. Sotto molti aspetti sono cresciuto come un figlio unico, coccolato da tutti. Avevo molto talento per gli sport. Ne praticai diversi fino a che fui reclutato da una nota squadra di football dell’università di San Diego. Avevo tutto quello che potevo desiderare a 19 anni: successo, un posto ideale dove vivere con spiagge da sogno, molte belle donne intorno… Ma la mia vita fu sconvolta da un bruttissimo incidente stradale, durante le vacanze di Natale dall’università e questo cambiò il corso della mia vita: mi fece comprendere quali fossero i veri valori. La mia professione di atleta era finita e dovetti confrontarmi con me stesso e con certe scelte frivole e superficiali che avevo fatto fino ad allora.

In che senso?

Da giovanissimo, mi trovavo a vivere una sorta di sogno americano. La mia priorità era di divertirmi più che potevo, cercando di tenermi fuori dai guai, come da qualsiasi tipo di conseguenza e responsabilità. Poi il mio pick-up, dopo una curva pericolosa, finì contro un albero e tutto cambiò. Rischiai di morire e dovetti trascorrere sei mesi in un ospedale e seguire per due anni cure e fisioterapia per tornare a una vita normale. Dovetti letteralmente imparare a camminare ancora. Dopo quel periodo oscuro, avevo la sensazione che se non avessi fatto qualcosa di positivo, avrei sprecato la mia più grande opportunità.

Come è nata la sua grande passione per l’Africa? Perché decise di ricominciare proprio lì?

L’amore per l’Africa nacque dalla prima volta che ci andai. Ebbi la possibilità di viaggiare molto con i miei genitori e quell’esperienza mi fece imparare tantissimo. Attraversammo l’Europa, il Sudest dell’Asia, i Caraibi, il Sud Pacifico e andammo in Kenya quando avevo dodici anni. Fin da bambino ho sempre amato la natura selvaggia come mi interessavano le culture differenti. Il Kenya aveva tutto questo. Dal momento che i miei piedi toccarono la sua terra rossa, nacque in me un profondo sentimento di appartenenza e di meraviglia. Sapevo già fin da allora che la mia vita avrebbe avuto luogo là.

Come ha fondato la Daraja Academy?

Dopo essermi laureato andai in Tanzania: cercavo l’avventura. Mi ritrovai a vivere presso una high school, rendendomi presto conto come l’educazione fosse fondamentale per cambiare le cose in meglio in quel Paese e come fosse ancora più valorizzata che negli Stati Uniti. Vidi famiglie vendere la loro unica mucca, perché uno dei loro figli potesse andare alla scuola superiore. Dopo questa esperienza tornai in America, divenni un insegnante e incontrai mia moglie, Jennilyn, anche lei nella stessa professione. Per un periodo insegnai in California, ma nella mia mente c’era sempre l’Africa. Così io e Jennilyn decidemmo di andare in Kenya e in Tanzania, per cercare di comprendere quali possibilità potevamo avere di aprire una scuola. Mentre stavamo cercando il terreno giusto per costruire una scuola, venimmo a conoscenza, nel 2007, della Baraka School. Questa scuola era stata creata come un programma di reintegrazione per i ragazzi metropolitani di Baltimore, nel Maryland, che si erano messi nei guai. Li portavano nell’outback del Kenya per due anni, per vivere qui e studiare. Il programma fu sospeso nel 2003 per motivi di sicurezza, dopo il bombardamento di un hotel a Mombasa nel 2002 e dopo l’invasione del Kenya nel 2003. Il campus fu quindi trasformato nella nostra Daraja Academy. Seppur io e mia moglie Jennilyn non avessimo il denaro per acquistare il campus, riuscimmo a convincere i proprietari ad affittarcelo per un dollaro l’anno e a mantenere le sei guardie e il personale di servizio fino a che non fossimo riusciti a trovare altre fonti di sostentamento o investitori. Fondammo la Daraja Academy, il primo progetto del Daraja Education Fund, una non-profit registrata nel 2006.

Perché avete deciso di investire proprio sull’educazione alle ragazze?

Jennilyn e io sapevamo fin da subito che volevamo aprire una scuola, ma volevamo chiedere al Kenya che tipo di scuola dovesse essere. La loro risposta? “Ragazze, educazione gratuita, un liceo”. Il perché? Tradizionalmente se una famiglia può permettersi di far studiare uno dei figli, è quasi sempre il maschio. A causa della cultura tribale, le ragazze affrontano molti problemi: infibulazione, matrimoni precoci combinati con uomini di molti anni più vecchi, prostituzione per mantenere la famiglia povera. Eppure, le ragazze istruite sono in grado di cambiare il volto di una comunità più velocemente. Le ragazze istruite in Kenya guadagnano di più, hanno meno figli e più sani, reinvestono il loro denaro nella comunità educando i loro familiari.

    Jason Doherty, co-fondatore della Daraja Academy
    Jennilyn, la moglie di Jason Doherty, co-fondatrice della Daraja Academy
    Courtesy Daraja Academy
    Courtesy Daraja Academy
    Courtesy Daraja Academy
    Courtesy Daraja Academy
    Courtesy Daraja Academy
    Courtesy Daraja Academy
    Courtesy Daraja Academy
    Courtesy Daraja Academy
    Courtesy Daraja Academy
    Courtesy Daraja Academy

Come funziona in pratica il processo di selezione di queste ragazze?

In principio abbiamo potuto ammettere solo 25 studentesse per classe, adesso siamo riusciti ad accettare 32 ragazze e vogliamo incrementare questo numero. Ogni anno arrivano oltre 300 domande e intervistiamo circa 120-150 ragazze. Ma abbiamo solo le strutture e le risorse per un numero limitato. Alla fine, siamo costretti, purtroppo, a respingere 9 ragazze su 10. È straziante perché ogni ragazza che intervistiamo merita di essere a scuola. Cerchiamo di determinare chi sarà in grado di cogliere l’opportunità di essere istruito con successo. Ma vorrei poter essere in grado di offrire maggiori possibilità e supporto a tutte le ragazze. È importante sottolineare che stiamo dando loro un accesso all’istruzione. Queste ragazze si devono guadagnare anche questo, qualcosa che in altri paesi è un diritto aperto a tutti. L’unico modo per aumentare la quantità di ragazze che prendiamo è di crescere. E sento che finalmente siamo molto vicini nel poterci lanciare in una campagna di crescita costante.

Può raccontare alcune storie di successo?

Abbiamo avuto molte ragazze, delle nostre prime tre classi, che hanno finito quattro anni di liceo e quattro di università. Sono diventate infermiere e insegnanti. Poi abbiamo avuto tante ragazze divenute imprenditrici grazie alle possibilità della tecnologia e dei social media. Hanno avviato un’attività in proprio principalmente nel settore del cibo e della ristorazione o nella ricerca di nicchie nell’emergente mondo dell’e-commerce in Kenya. Questo mi ha affascinato moltissimo, perché nessuna delle ragazze aveva toccato prima un computer. Adesso sono spesso loro che insegnano a me. Durante il Transition Program di Daraja, un corso di formazione di cinque mesi tra il liceo e l’università, le ragazze imparano come scrivere un business plan, aprire un conto in banca e come gestire al meglio il denaro. E, ci sono tante storie belle, come quella di Monica, una ragazza della nostra prima classe del 2009, che ora lavora per ActionAid Kenya. È stata accolta da noi il 24 febbraio 2009, dopo che, a 13 anni, aveva perso la speranza di poter avere un’istruzione e aveva cominciato a lavorare a tempo pieno come domestica. Sapeva che le probabilità erano scarse, ma prendendo in prestito 3 dollari per un biglietto dell’autobus e dopo due ore di viaggio, decise di provare a fare un colloquio da noi. Oggi è una donna indipendente che vola in Paesi del continente africano dando potere a centinaia di giovani attivisti sul valore della democrazia e dell’imprenditoria sociale.

Quali sono i vostri maggiori investitori? So che avete diverso supporto dalla Silicon Valley…

Yahoo ha fornito i fondi di cui avevamo bisogno per portare il Wi-Fi nel nostro campus. A quel tempo, stavamo ancora funzionando con il generatore, ma ora, grazie a loro, siamo connessi a Internet dal nostro campus, anche nella piena boscaglia. La maggior parte dei nostri finanziamenti dalla Silicon Valley proviene da venture capitalists, non da organizzazioni o da privati. In principio io e Jennilyn abbiamo parlato con diversi professionisti, avvocati, professori, imprenditori nel salotto della nostra casa. Ci vuole molto tempo ed energia per entrare in contatto con le aziende più grandi. Abbiamo ricevuto il supporto di Yahoo, perché un membro della famiglia di una delle nostre dipendenti lavora lì. L’amministratore delegato di Shell Ghana è anche nel nostro consiglio di amministrazione. Siamo nel processo di espandere sempre più la raccolta fondi in questa direzione.

Avete creato anche un fondo per finanziare la vostra scuola e i vostri progetti educativi…

Ricordo ancora quando avevo compilato i documenti per diventare una realtà registrata. Ero un insegnante di storia al liceo e allenatore di calcio. Non sapevo nulla di questo genere di cose, ma dove c’è volontà c’è via. Uno dei vantaggi della creazione di un fondo o di una fondazione è il requisito di un consiglio di rappresentanza. Questo processo è difficile, perché poi non è più solo la tua visione. Attualmente, abbiamo due comitati dinamici: il Daraja Kenya Initiative, nostro consiglio scolastico delle ong in Kenya e il Daraja Education Fund, che è il braccio di raccolta fondi della scuola negli Stati Uniti. Quasi non mi sembra vero, a volte, quando penso al fatto che questa era solo un’idea in principio – io e Jennilyn ne abbiamo parlato per la prima volta a un gruppo di persone nel soggiorno dei miei genitori – e ora uomini professionisti di grande talento e le donne di due continenti sostengono le ragazze di Daraja.

Qual è il maggior supporto di cui avete bisogno al momento?

Istruire una ragazza all’accademia di Daraja per un anno costa circa 2500 dollari. Ciò copre i costi per l’uniforme, i libri, la stanza, il vitto, gli studi, la salute e le cure dentistiche, e molto altro. Forniamo un’istruzione di alto livello. Spesso le persone ci chiedono di donare vestiti o computer o altre cose, ma alla fine costa di più spedirlo in Kenya che acquistarlo qui. Abbiamo scoperto che è un grande successo quando le aziende che condividono i nostri valori raccontano ai propri dipendenti il ​​nostro lavoro. Non ci sono molte opportunità al mondo per cambiare così radicalmente la vita di un altro essere umano a livello generazionale, ma è quello che succede con Daraja Academy.

Come pensate di espandervi in futuro?

Vogliamo avere le possibilità di educare più ragazze. Il 2021 è stato un anno difficile, abbiamo appena terminato le selezioni. Su 400 ragazze che hanno fatto domanda, ne abbiamo intervistate 200 e avevamo borse di studio solo per 32. Il Covid ha provocato ancora danni maggiori nelle loro famiglie, con grosse perdite di lavoro e incremento della povertà. Abbiamo ascoltato storie di ragazze che non avevano nulla da mangiare a casa per giorni.

Siete molto attivi anche con interscambi culturali…

I club di Daraja esistono da quasi quanto l’Accademia di Daraja. Attualmente, ce ne sono svariati nella Bay Area, a San Diego, nel Maryland e a Singapore. Nel corso degli anni più scuole hanno inviato studenti a viaggiare per visitare Daraja. Gli studenti di questi club delle scuole superiori aumentano la consapevolezza sul valore dell’istruzione femminile e sui fondi per l’accademia di Daraja. È un modo meraviglioso per gli adolescenti di conoscere la filantropia e il loro impatto nel mondo. Abbiamo avuto diversi gruppi di studenti stagisti con noi dalle università di Berkeley, di Stanford e da quella di San Diego. Abbiamo anche un forte rapporto con Project Redwood, una fondazione composta da Stanford MBA dalla classe del 1980.

Siete supportati perfino da diverse celebrities tra cui la ex moglie di Carlos Santana.

Un mio amico che gestisce un’altra organizzazione no profit in Kenya mi ha detto che avrei dovuto contattare Deborah Santana. È anche lei di San Rafael e sapevo che lei e il suo ex marito Carlos avevano cresciuto i loro figli nella mia città natale. Durante il nostro primo anno tornai negli Stati Uniti perché stavamo finendo i soldi ed era desolante. Riuscii ad avere il telefono di Deborah, la chiamai e le dissi: ”Non mi conosci, ma voglio parlarti di alcune ragazze incredibili dall’altra parte del mondo”. Ci siamo incontrati il ​​giorno dopo e da allora siamo stati molto amici. Deborah è stata una straordinaria mentore per me e Jennilyn. Ha creato tre brevi documentari molto importanti sulla scuola: The Girls of Daraja, School of my Dreams e Powerful Beyond Measure. Ha finanziato la costruzione di un dormitorio per 56 ragazze che ci ha permesso di crescere fino alle dimensioni attuali e per 7 anni ha tenuto un evento annuale di raccolta fondi in un momento in cui le nostre reti non esistevano.

Avete adesso perfino un programma di volontari che possono venire da voi come “turisti sociali”.

Non lo sapevo quando abbiamo fondato la Daraja Academy, ma ci sono persone interessate ai viaggi filantropici. Ci sono persone che vogliono vivere il lato reale della vita e non solo soggiornare in un resort, ma tra i locali. I nostri studenti hanno l’opportunità di incontrare persone in ambienti di lavoro che normalmente non avrebbero mai. Abbiamo avuto ospiti da Goldman Sachs, medici, scrittori, istruttori di yoga e l’elenco potrebbe continuare. Non direi che potremmo mai sostenere la scuola in questo modo, ma è un ottimo modo per esporre più persone al nostro lavoro a Daraja. Perché una volta che le persone incontrano le ragazze è molto difficile non volerle supportare ulteriormente.

Oltre a questo, avete poi un programma per proteggere la fauna locale, dato che siete in una zona bellissima, con una natura selvaggia e poco turistica che ricorda davvero quella di film come La mia Africa

Il Kenya ha una spettacolare fauna selvatica. È il sogno dei fotografi e il paradiso degli amanti degli animali. Proteggere questi tesori naturali fa parte della missione dell’accademia di Daraja. Molti dei nostri studenti che sono cresciuti con una relazione conflittuale con la fauna selvatica ne sono ora feroci protettori. Il Daraja Wildlife Project è uno dei nostri club, per esempio. È una fondazione per la conservazione delle lontre di fiume nella contea di Marin, in California. Ha donato “trappole fotografiche” alla nostra scuola, che le ragazze hanno installato nel nostro campus, raccogliendo foto di animali: dai tassi del miele alle antilopi, alle manguste, a una vasta gamma di uccelli e rettili. Il loro apprezzamento per la natura cresce man mano che imparano alcune abilità molto preziose. Siamo vicini al Rhino Conservancy che protegge i rinoceronti e chi visita anche noi spesso lascia almeno una borsa di studio per le studentesse.

Dalla sua esperienza, come può un imprenditore avere successo in questo campo? 

È fondamentale che una persona che sviluppa un progetto di questo tipo si preoccupi profondamente della causa. Sviluppare il programma è eccitante e divertente, ma raccogliere fondi e mettere sempre il progetto al primo posto non è negoziabile. I fondatori sono gli ultimi ad essere pagati, i primi a presentarsi al lavoro e gli ultimi ad andarsene. Alla fine, il nostro sacrificio è stato premiato: ho visto oltre 350 ragazze cambiare la loro vita e aiutare le loro famiglie grazie al nostro duro lavoro. Questo per me non ha prezzo.

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