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La Nike dà una settimana di vacanza ai dipendenti. “L’anno scorso è stato duro, dovete riposarvi”

“I nostri dirigenti stanno inviando a tutti un messaggio chiaro: prenditi del tempo per rilassarti e trascorri del tempo con i tuoi cari. Non lavorare”. Questo è un passaggio del post che Matt Marrazzo, senior manager of global marketing science di Nike, ha scritto su LinkedIn per annunciare che il colosso delle sneaker e dell’abbigliamento aveva preso la decisione di chiudere la sua sede Usa di Beaverton, in Oregon, per una settimana (a partire da lunedì scorso) e permettere così ai suoi dipendenti di ricaricarsi dallo stressa da lavoro.

Il dirigente di Nike ha giustificato l’iniziativa dicendo che l’azienda vuole essere vicina al suo personale, essendo conscia delle difficoltà affrontate durante la pandemia. “L’anno passato è stato duro”, ha scritto, “siamo tutti umani! Sono fiducioso che l’empatia che continuiamo a mostrare ai nostri compagni di squadra avrà un impatto positivo in futuro”.

Le altre iniziative da LinkedIn a Revolut

L’iniziativa di Nike sta facendo molto parlare di sé sui social network, ma non è un caso isolato. Anche LinkedIn, la piattaforma social del mondo del lavoro, ha fornito ai suoi dipendenti una settimana di ferie extra pagata lo scorso aprile. Iniziative simili per contrastare lo stress da lavoro, tra le altre, sono state intraprese da big come Intel, Microsoft e Mozilla. La fintech digitale britannica Revolut, invece, lo scorso giugno ha dichiarato di aver concesso due giorni di ferie aggiuntivi ai propri dipendenti.

Al momento non è ancora possibile giudicare se la cosa sia una mossa di marketing, oppure sia capofila di un cambio di approccio strutturale che potrebbe poi espandersi a livello globale. Sta di fatto che almeno a parole molte aziende, in seguito alla pandemia, hanno detto di voler prestare molta più attenzione al benessere dei dipendenti.

Anche in Italia ci sono esempi di una rinnovata attenzione all’indirizzo del benessere psicologico delle persone. Il gruppo farmaceutico Angelini, per citarne un’iniziativa, già nell’aprile del 2020 aveva attivato uno sportello di supporto psicologico dedicato ai dipendenti di tutte le società che fanno parte gruppo.

Al primo posto la salute mentale delle persone

Marrazzo di Nike ha sottolineato che l’iniziativa non è solo una settimana di riposo, ma è anche un modo per mettere al primo posto la salute mentale delle persone. Il dirigente di Nike, poi, ha invitato altre aziende a fare lo stesso: “Sostenere la propria gente è un buon affare, ma è anche la cosa giusta”.

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Sta di fatto che lo stress da lavoro sta diventando un argomento di discussione rilevante. Secondo uno studio dell’Organizzazione mondiale della sanità e dell’Organizzazione internazionale del lavoro, infatti, a orari di lavoro superiori a 55 ore settimanali è associato a un aumento del 35% del rischio di ictus e del 17% del rischio di morte per cardiopatia ischemica rispetto a orari di 35-40 ore. “Gli orari di lavoro troppo lunghi sono stati causa di 745mila morti per ictus e cardiopatia ischemica nel 2016, il 29% in più rispetto al 2000”, si legge nella ricerca.

Un periodo di sperimentazione

Al di là delle iniziative isolate, comunque, l’idea che qualcosa si stia muovendo c’è. Ed è confermato anche da un sondaggio svolto dalla società di consulenza internazionale EY tra i propri clienti. Nell’articolo che presenta i risultati, si sottolinea come le aziende stiano rimodulando la propria offerta di welfare e nel 73% dei casi abbiano avviato iniziative per ascoltare i propri dipendenti.

Del resto, perfino lo smart working faticava a sfondare prima della pandemia. “Sebbene inizialmente la strada del lavoro da remoto sia stata perseguita per pura necessità”, scrivono gli esperti di EY, “ci si è accorti che la produttività non è diminuita e, anzi, in alcuni casi è addirittura aumentata”. E chissà, quindi, che iniziative come quelle intraprese da Nike non portino ad appurare che lavorare un po’ meno non sia in realtà un toccasana per la produttività del lavoro.

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