Silvia Prandelli Populous
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Una Cattedrale per Inter e Milan: l’intervista di Forbes alla donna che vuole costruire il nuovo San Siro

È una donna italiana ai vertici di Populous per il mercato dell’Europa mediterranea. Si chiama Silvia Prandelli ed è originaria di Brescia, città dove – per la verità – è solo cresciuta. Perché dopo la laurea in ingegneria al Politecnico di Milano, ha preso il volo una carriera internazionale. Segno distintivo di questa under 40: brilla nella gestione delle grandi squadre. Populous è lo studio di architettura e design che ha progettato alcuni dei luoghi di aggregazione più noti al mondo, tra cui lo stadio di Wembley e l’Emirates stadium dell’Arsenal. Un colosso americano con 18 uffici in 4 continenti, 600 collaboratori e 3mila progetti realizzati in 35 anni per un valore di 40 miliardi di dollari.

Fa capo a Populous il progetto La Cattedrale del nuovo stadio di Milano, prossima casa di Inter e Milan (riferiamo in ordine alfabetico). Il progetto è in corsa con lo studio David Manica e vive una situazione di stallo per via delle elezioni comunali, ma chi promuove la realizzazione dell’impianto assicura che la costruzione potrebbe partire nella seconda parte del 2022, con consegna per le Olimpiadi di Milano-Cortina 2026.

Lo stadio di Milano non è il solo progetto italiano di Populous, che da settembre  è presente anche a Milano, con uffici in via Mazzini. “La collocazione vuole esprimere la vicinanza al Duomo cui si ispira il nostro progetto di stadio”, spiega Prandelli.

Una decisionista come lei come vive queste settimane di attesa?
Bisogna essere molto pazienti. Purtroppo dovremo aspettare il dopo elezioni per una risposta risolutiva. I club sono fermamente intenzionati a promuovere la struttura, che tra l’altro vuole essere un luogo sostenibile per la Milano del futuro. 

Altri progetti italiani?
Al momento non possiamo svelarli. Dovremmo però poterne parlare intorno alla metà di ottobre.

Saranno Milano-centrici?
Riguardano Milano, ma anche altre aree del nord e centro Italia.

La discesa mediterranea di Populous c’entra con la Brexit?
Sicuramente sì. La Brexit ha contribuito ad accendere i riflettori sul mercato del Sud Europa. Con l’Italia, comunque, c’era già un discorso avviato: penso anzitutto all’Oval Ligotto di Torino. Le nostre operazioni non si limitano alla realizzazione di stadi. Promuoviamo l’intrattenimento a 360 gradi, occupandoci del contenente e del contenuto.

Parliamo della squadra italiana.
Per ora siamo in cinque. Altri quindici sono a Londra ma dovrebbero trasferirsi a Milano, in linea con la filosofia di Populous che predilige un mix tra figure professionali e competenze diverse. Coltiviamo un approccio olistico.

È diventata principal di Populous nel febbraio 2021. Che cosa ha fatto prima di allora?
Per anni sono stata consulente di Populous per le sedi americane. Mi muovevo tra New York e Kansas City. Poi c’è stata una fase più europea e lo studio, quando ha deciso di creare un hub italiano, ha pensato a me.

Un altro passo indietro. Nel 2007 si è laureata al Politecnico di Milano in Ingegneria. Poi?
Mi sono trasferita a Londra per sei anni, lavorando come consulente. Nel quinquennio successivo sono stata direttore di ufficio a Los Angeles e New York, l’equivalente di un coo. Nel frattempo ero consulente di Populous su progetti locali. 

Ora rientra in Europa.
Fisicamente mi troverò a Milano, ma sarò operativa a livello internazionale. Mi hanno assicurato che potrò continuare a collaborare con gli Stati Uniti. 

Non ha più senso parlare di leadership al femminile o al maschile. Concorda?
Io predico una leadership genderless. Non solo: penso che la definizione di leader vada anche oltre il nostro imprinting culturale. Il leader è colui o colei che guida. Punto.

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