Articolo tratto dal numero di ottobre 2021 di Forbes Italia. Abbonati!
Al termine del servizio militare, nel 1969, un ragazzo di Corato, in provincia di Bari, tornò a casa e avviò un negozio di detersivi. Il più giovane dei suoi sei fratelli, ancora liceale, curava la parte amministrativa. Si chiamava Franco Cannillo ed era stato concepito per la più pratica delle ragioni: il padre, commerciante di mandorle e olive, aveva scoperto che un settimo figlio gli avrebbe garantito esenzioni fiscali.
Nei decenni successivi, il ragazzo nato per far risparmiare tasse ai genitori ha trasformato il negozio di famiglia in un gruppo che porta il suo nome. Ne fa parte anche una delle principali società della grande distribuzione del Mezzogiorno: Maiora, concessionaria di Despar, Eurospar e Interspar per l’Italia meridionale. Nata nel 2012 da un accordo con un’altra famiglia imprenditoriale pugliese, i Peschechera di Barletta, Maiora conta circa 2.500 dipendenti e 450 punti vendita diretti o affiliati, oltre a sette cash & carry a marchio Altasfera. Il gruppo include anche un ramo industriale, che produce cereali e dolci, e alcune società immobiliari.
Nove anni fa Franco Cannillo ha consegnato al figlio, Pippo, le cariche di presidente e amministratore delegato di Maiora. Il culmine di una carriera cominciata nei pomeriggi dopo la scuola, passati a rispondere alle telefonate, oppure a spostare scatoloni e guidare muletti nei magazzini. “Già quando avevo sei o sette anni mio padre mi portava alle sue riunioni di lavoro a Milano”, ricorda Cannillo. “Potevo assistere a condizione di restare in silenzio”. È stata naturale, allora, l’iscrizione alla facoltà di Economia alla Bocconi nel 1999. “Non ho mai preso in considerazione una carriera al di fuori dell’azienda di famiglia. L’unico altro ambito in cui sono riuscito a immaginarmi è l’architettura, e non credo sia una coincidenza: la capacità di coniugare funzionalità, solidità e bellezza è alla base sia del mestiere dell’architetto, sia di quello dell’imprenditore”.
Il primo ruolo ufficiale in azienda è stato quello di direttore vendite, a partire dal 2003. Anche quando è arrivato alla guida della società, Cannillo, oggi 41 anni, ha continuato a guardare al padre come modello di imprenditore-architetto. “Ho imparato da lui senza accorgermene. Mi ha insegnato tutto con l’esempio, mai con discorsi altisonanti”.
L’avvento della nuova generazione a capo dell’azienda, tuttavia, ha portato con sé anche un approccio più manageriale. “Avere una proprietà familiare è un punto di forza”, dice. “Dà stabilità e garantisce investimenti e piani a medio e lungo termine. Permette di fare scelte coraggiose e lungimiranti, più difficili quando la proprietà è ripartita tra tanti azionisti con quote molto piccole. Al contempo, però, la gestione necessita di persone competenti, che non sempre si trovano tra i parenti. Credo che il nostro assetto rappresenti il giusto compromesso tra l’azienda familiare chiusa, con i cugini e i nipoti nei posti chiave, e le società in cui si ragiona solo nell’ottica del profitto immediato”.
I punti vendita di Maiora hanno incassato 880 milioni di euro nel 2020. La società ha registrato ricavi per 685 milioni, con un incremento del 14% rispetto all’anno precedente. “La chiave per arrivare a questi numeri è stata la capacità di adeguarsi in tempi brevi ai cambiamenti provocati dalla pandemia”. Non solo sul fronte sanitario, ma anche su quello tecnologico. “La principale rivoluzione è stata quella dell’e-commerce, che prima del Covid era quasi inesistente nella grande distribuzione, almeno nella provincia del Meridione. Ora che la fase più acuta dell’emergenza è alle spalle, la spesa online non è più una necessità, ma è rimasta un’abitudine per molti. E non sono cambiate solo le modalità di acquisto, ma anche le consuetudini del nostro lavoro. Fino a un anno e mezzo fa, per esempio, chiedere di incontrarsi in video, anziché di persona, sembrava una forma di scortesia, un segno di scarso interesse. Ora i sistemi di videoconferenza sono stati sdoganati. E nel nostro settore, a differenza di altri, non è solo una questione di etichetta: la gestione di 450 punti vendita comporta una rete di fornitori vastissima. Potere dialogare e negoziare a distanza significa un risparmio enorme di tempo e di denaro”.
Proprio il divario tecnologico rispetto ad altre zone d’Italia e d’Europa è uno degli ostacoli incontrati dai Cannillo e da tanti altri imprenditori del Sud. Maiora è presente oggi in Puglia, Abruzzo, Calabria, Campania, Basilicata e Molise: secondo uno studio dell’Osservatorio agenda digitale del Politecnico di Milano, sei delle ultime otto regioni italiane per livello di digitalizzazione. “Fare impresa nel Meridione, in particolare nel nostro settore, mette di fronte a sfide forse non maggiori, ma diverse”, commenta Cannillo. “La prima differenza, certificata dallo scontrino medio e dall’incidenza del canale discount, è il potere di acquisto del cliente. Poi ci sono difficoltà logistiche e infrastrutturali che gli sforzi compiuti negli ultimi 70 anni, dalla Cassa del Mezzogiorno in poi, non sono riusciti a colmare. E anche la lontananza dai centri del potere politico e amministrativo incide, perché rende più difficile portare avanti le proprie cause. È giusto dire, però, che siamo anche beneficiari di incentivi che se non sono bastati a costruire un forte tessuto industriale al Sud, sono però preziosi per l’imprenditore attento e deciso a investire”. Investire per Maiora significa puntare, nel lungo periodo, a essere presente in tutti i comuni del Centro-Sud. Nell’immediato, più di un’espansione che si concentrerà soprattutto in Abruzzo, la priorità per Cannillo è però l’ammodernamento della rete attuale. L’idea è di “riorganizzare l’esperienza del cliente” con la creazione di aree tematiche all’interno dei punti vendita, dedicate a cibo, bevande e tempo libero. “Un progetto ancora più ambizioso è quello di integrare tutti i processi della produzione del cibo, a partire dalla panificazione all’interno dei punti vendita. L’obiettivo è portare Maiora anche nel settore agroalimentare”.
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