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“Nessuna sicurezza sul pagamento dei debiti”: Evergrande ancora a rischio default. E il titolo affonda

Mai così in basso negli ultimi 11 anni. Il titolo di Evergrande è crollato oggi, lunedì 6 dicembre, alla Borsa di Hong Kong, dove ha chiuso in ribasso del 19,5%. Venerdì scorso, il gigante cinese dell’immobiliare aveva ammesso che “alla luce delle attuali condizioni di liquidità”, non avrebbe potuto “garantire di avere fondi sufficienti per continuare a rispettare gli obblighi finanziari”.

Evergrande, schiacciata da debiti per 300 miliardi di dollari, era già a rischio fallimento mesi fa. Per riuscire a rispettare le scadenze delle ultime settimane, il presidente, Hui Ka Yan, è arrivato a vendere asset personali per 1,1 miliardi di dollari, tra cui case e jet privati. La società ha detto di volere “lavorare attivamente” con i creditori su un piano di ristrutturazione. Ma ora il pericolo di default è di nuovo concreto.

La situazione di Evergrande

In seguito all’annuncio di venerdì, Hui Ka Yan è stato convocato dalle autorità del Guangdong – la provincia di Shenzhen, dove ha sede Evergrande -. Il governo locale aveva già deciso di inviare un gruppo di lavoro per controllare la gestione del rischio da parte dell’azienda.
La Banca Popolare Cinese aveva attribuito proprio al presidente e agli altri dirigenti di Evergrande la responsabilità della crisi, quando ha parlato di “management scadente” e di “espansione sconsiderata”. Le autorità di Pechino, negli ultimi giorni, hanno ridotto la riserva obbligatoria richieste alle banche, in modo da liberare liquidità per circa 188 miliardi e alimentare così una crescita economica che ha rallentato negli ultimi mesi. Hanno promesso, inoltre, che prenderanno misure per favorire una crescita “sana” del settore immobiliare.
A complicare il lavoro del governo, rileva però Bloomberg, è il rischio di avere un quadro incompleto dei debiti di Evergrande. Venerdì, infatti, la società ha prospettato il rischio di non potere far fronte a una scadenza da 260 milioni di cui gli investitori ignoravano l’esistenza fino a pochi mesi fa.

L’effetto contagio

A preoccupare mercati e autorità cinesi è anche la possibilità che la crisi di Evergrande inneschi un effetto contagio in tutto il settore. Già a ottobre Forbes Italia aveva scritto del caso di Fantasia Holdings, sviluppatore immobiliare che aveva mancato il pagamento di un bond da 206 milioni di dollari. Ora un’altra società, Sunshine 100, ha fatto sapere di non avere potuto onorare un pagamento da 170 milioni. E il gruppo China Aoyuan Property ha comunicato la scorsa settimana di non essere certo di potere far fronte a un pagamento da 651,2 milioni.
Ancora più preoccupante è il caso di Kaisa Group Holdings, lo sviluppatore cinese con più debiti verso creditori esteri dopo Evergrande. Kaisa, secondo Reuters, sta trattando per prorogare scadenze da 400 milioni di dollari ed è a rischio default.
Secondo l’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), del resto, “le difficoltà di Evergrande puntano i riflettori sull’intero settore real estate cinese, che si ritrova in una bolla”. L’Ispi prevede che la crisi “sarà, con ogni probabilità, arginata attraverso una ristrutturazione parziale e ordinata a guida statale”. Tuttavia, “le proporzioni raggiunte dal settore immobiliare e gli squilibri finanziari dei suoi principali attori evidenziano i profondi difetti del modello ‘build, build, build’ (‘costruire, costruire, costruire’), che ha contribuito alla straordinaria crescita dell’economia cinese e che oggi viene riconosciuto come fonte di pericolo, dal punto di vista sia economico che sociale”.

Non solo l’immobiliare

Sunshine 100, Aoyuan e Kaisa hanno perso in Borsa, rispettivamente, il 14,1%, il 7,9% e il 2,2% lunedì a Hong Kong. Un crollo che arriva in contemporanea con quello dei titoli tecnologici, stretti nella battaglia tra Cina e Stati Uniti. Da un lato, Pechino lavora infatti per impedire le ipo delle aziende cinesi all’estero. Dall’altro, gli Usa stringono sui requisiti relativi al controllo dei dati societari.
I timori di delisting – cioè del ritiro dalle negoziazioni in Borsa – stanno mettendo in crisi titoli tecnologici come quelli di Tencent, che ha perso oggi il 3,2%, e Alibaba, scesa del 5,6% dopo l’annuncio di una riorganizzazione delle attività di e-commerce.

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