Questo articolo è apparso sul numero di febbraio 2022 di Forbes Italia. Abbonati!
La pubblica amministrazione non paga o lo fa in ritardo. Il debito verso le imprese ammonta a 58 miliardi di euro, più o meno il 3% del Pil. La metà riguarda fatture scadute. La pandemia c’entra in minima parte: nel 2019 i miliardi erano 53. Le stime sono di Confartigianato: il presidente Marco Granelli ha lanciato l’allarme ad agosto. Le imprese pazientano, talvolta ingoiano transazioni indigeste o ricorrono al tribunale ma anche le sentenze spesso restano lettera morta.
Allora, che fare? Francesco Verri, cassazionista cinquantenne, ha portato il problema sul tavolo della Corte di Strasburgo. Ed è qui che, utilizzando i precedenti favorevoli, conta di recuperare i crediti dei suoi clienti. Specializzato nel diritto penale dell’economia e della comunicazione, con incarichi universitari e collaborazioni stabili con le case editrici più importanti, Verri ha successivamente fondato, a Roma, lo studio legale Grants dedicato alla tutela dei diritti umani davanti alla Corte di Strasburgo. Davanti, cioè, a un tribunale internazionale che interviene anche in difesa del diritto di proprietà dei cittadini. Come? Condannando lo Stato al pagamento di un danno patrimoniale pari al credito vantato nei suoi confronti e persino dei danni morali per la frustrazione provocata dal ritardo nel pagamento.
Una montagna di debiti verso le imprese
“Gli enti locali hanno accumulato una montagna di debiti verso le imprese” racconta Verri. “In base a un rapporto dell’Università Ca’ Foscari di Venezia che ha rielaborato i dati della Corte dei Conti i Comuni italiani che hanno dichiarato il dissesto o stanno per farlo sono 1083, il dieci per cento del totale. Le municipalizzate fallite sono centinaia. L’Aeroporto di Rimini e l’Amia di Palermo, casi noti, sono solo la punta dell’iceberg”.
Le imprese creditrici non ce la fanno a sopportare questo peso e rischiano a loro volta il default. “Il ricorso alla Corte di Strasburgo forse non rappresenta la soluzione ma di certo è un rimedio importante. I giudici europei hanno già pronunciato diverse condanne nei confronti dell’Italia. Diciamo che ho ‘industrializzato il processo’ presentando un centinaio di ricorsi dichiarati ricevibili dalla Corte e dunque ‘non manifestamente infondati’. Se saranno accolti, i creditori avranno il loro denaro”. Sì, perché la vittoria a Strasburgo non resta sulla carta. “La condanna interviene nei confronti dello Stato centrale e non della Provincia di Torino o dell’Azienda sanitaria di Reggio Calabria. Il ricorso, di fatto, permette la sostituzione per via giudiziaria del debitore originario insolvente con il governo, solvibile. E lo Stato rispetta le sentenze e paga sul serio”.
I ricorsi collettivi alla Corte europea
Nell’ultimo anno la law firm Grants ha indirizzato alla Corte europea anche ricorsi collettivi, in pratica delle class action. Costano poco (non ci sono bolli da pagare e la causa si fa a distanza) e valgono decine di milioni di euro. Tutti soldi che mancano dalle tasche degli italiani nel momento più difficile della storia repubblicana. Ma una speranza c’è e passa per Strasburgo.
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