Elisabetta Sgarbi, figlia di Giuseppe Sgarbi e Rina Cavallini, è giunta alle 23esima edizione della sua “Milanesiana”, kermesse internazionale (letteratura, cinema, scienza), che dal 4 giugno al 3 agosto 2022 toccherà ben 20 città italiane.
Da novembre 2015, dopo 25 anni ai vertici di Bompiani, è co-fondatrice de La nave di Teseo insieme a Umberto Eco, Mario Andreose, Eugenio Lio, Nicla Jegher e Jean-Claude Fasquelle. Tra i tanti autori che hanno creduto in lei vale la pena menzionare Woody Allen, Bill Gates, Ermal Meta, Alan Friedman, Quentin Tarantino e il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky.
Numerosi i riconoscimenti che le sono stati assegnati: Ambrogino d’oro, Premio Ausperberg, Premio Vittorio De Sica, Premio Sulmona, Premio Pavese, SIAE Talento Creativo, Premio Fice (Federazione Italiana Cinema d’Essai). Vulcanica, travolgente, visionaria, la Sgarbi non è soltanto un’editrice di successo ma anche produttrice, regista, membro della Fondazione Paulo Coelho, candidata ai Nastri d’Argento e tra i più autorevoli esponenti della cultura europea.
In breve tempo ha acquisito Baldini+Castoldi, Oblomov edizioni, Linus e La tartaruga. Poi ha creato l’etichetta Betty Wrong Edizioni, tramite la quale ha dato vita al gruppo musicale romagnolo Extraliscio, composto da Mirco Mariani, Moreno Il Biondo Conficconi e Mauro Ferrara, ed esibitosi sul palco dell’Ariston di Sanremo. E ancora, venti film presentati a Roma, Venezia, Berlino, Cannes e Hollywood, collaborando con nomi importanti del grande schermo: da Laura Morante a Toni Servillo, da Anna Bonaiuto a Roberto Herlitzka, fino a Lutcka Pockaj, Andrea Renzi e artisti del panorama cinematografico planetario. Presiede inoltre la Fondazione Elisabetta Sgarbi attiva “nel promuovere l’arte, la letteratura, la musica e la produzione di incontri e mostre”.
Le opere da lei prodotte si sono aggiudicate praticamente tutto: dal Campiello allo Strega, dal Viareggio, allo Stresa, dal Mondello al Pulitzer con Matthew Desmond. Ultima strepitosa conquista Abdulrazak Gurnah, Premio Nobel della Letteratura 2021.
Editrice, regista, produttrice e direttrice artistica. Complicato conciliare tutto?
Lavoro molto e dormo poco. Non parlo mai di successi. Laddove ci fossero stati, sono cose del passato. Non mi sono mai adagiata sul passato, cosa che vale per i successi e vale per gli insuccessi. Perché ci si può adagiare anche sugli insuccessi.
Possiamo riconoscere che il suo primo amore è l’editoria? Tutto ebbe inizio con la rivista Panta insieme a Pier Vittorio Tondelli. Ci racconta quell’avventura?
In realtà amavo molto la poesia. Poi ho dovuto studiare farmacia per ragioni familiari. All’editoria sono arrivata tramite Gianantonio Cibotto, grande scrittore e poeta del Delta del Po, che mi vedeva sconsolata nella casa di Ro. Mi segnalò prima allo Studio Tesi di Pordenone poi a Mario Andreose, che mi fece fare il salto da Ro alla Bompiani di Milano. Salto traumatico. Panta arriva qualche anno dopo, quando venni promossa editor. E portai alla Bompiani Tondelli e Andrea De Carlo. Con Tondelli fondammo Panta, Rivista di mondi narrati, che ora, alla Nave di Teseo, è diventata – grazie a Enrico Ghezzi – Pantagruel.
Bompiani dunque e poi arriva La nave di Teseo. In meno di 7 anni avete dato vita ad un’azienda che da filo da torcere ai big del settore. Il segreto?
Nessun segreto. Lavoriamo molto, cerchiamo di sbagliare il meno possibile, di avere il massimo rispetto per gli autori, di ascoltare le loro esigenze, di stare loro accanto, quando va bene ma anche quando va meno bene. C’è molta passione è molto entusiasmo in tutti coloro che lavorano alla Nave.
Facciamo un salto nel mondo del cinema. Venti produzioni da regista, la maggior parte documentari. Da dove viene la passione per la settima arte?
Viene dall’incontro con Enrico Ghezzi. Prima che di persona, attraverso Fuori Orario. Mi ha fatto scoprire un cinema diverso, culture cinematografiche importanti e invisibili nei circuiti della distribuzione corrente. Così ho iniziato a frequentare i festival, allora pochissimo frequentati dagli editori. E ho iniziato a fare i primi corti e poi i lungometraggi.
L’editoria, il cinema, l’arte, la filantropia e poi arriva la musica. Come è avvenuto l’incontro con la band romagnola Extraliscio?
Grazie a Ermanno Cavazzoni, che mi chiese di venire alla Milanesiana con questo gruppo musicale. Non ne ero rimasta impressionata, ma incuriosita. Li ho invitati a quella stessa Milanesiana, ad Alessandria, per celebrare un romanzo di Umberto Eco. Qui ho capito meglio e ho deciso di farci un film. Avevo l’impressione che neppure loro sapessero quanto fossero bravi. Era una scoperta che potevamo fare insieme.
Ora accendiamo un faro su Lei mi parla ancora, il bellissimo film di Pupi Avati dedicato ai suoi genitori: Giuseppe Sgarbi e Rina Cavallini. Visione toccante?
Ho provato tutte le impressioni e tutte le emozioni. Malinconia, dolore nelle scene della perdita, gioia nel vedere i miei genitori giovani e fidanzati “prima di me”. Potenza del cinema che mi ha fatto entrare nel tempo della vita dei miei genitori che mi precede.
Il festival La Milanesiana è un evento culturale giunto alla 23esima edizione. Come nasce l’idea?
Nasce 23 anni fa. Ombretta Colli e l’Assessore Cadeo mi proposero di pensare a qualcosa per l’estate milanese, visti i miei molteplici interessi. A Milano c’era un dogma: in estate i milanesi non ci sono, dunque non si può fare nulla, figuriamoci un festival. Io raccolsi la sfida e dedicai il festival alla poesia. ‘Così fallisce e smettono di chiedermi queste cose assurde’, mi dissi. Invece andò benissimo e siamo ancora qui.
Lei ha vinto numerosi premi, uno a cui è particolarmente affezionata?
L’Ausperberg lo ricordo con particolare intensità. Era il 2015, era scomparsa mia madre e avevo lasciato la Bompiani. Era un momento di grande fragilità. Quella sera c’era mio fratello Vittorio, Boris Pahor e Tatjana Rojc.
C’è una persona a cui intende mandare un particolare ringraziamento per quello che è lei oggi?
Mia madre e mio padre. La Rina e Nino. A loro devo molto di ciò che sono.
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