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L’ex ceo di WeWork Adam Neumann torna in campo: la sua nuova startup vale già un miliardo di dollari

Adam Neumann è tornato, e questa volta vuole rivoluzionare il settore residenziale. Il suo nuovo progetto si chiama Flow, verrà lanciato presubilmente nel 2023 e si pone l’obiettivo di ripensare il mercato degli affitti abitativi creando un brand in grado di offrire servizi e unità abitative per chi lavora da remoto.

Il progetto ha il supporto finanziario di Andreessen Horowitz, uno dei principali venture capitalist della Silicon Valley, che ha deciso di investire in Flow 350 milioni di dollari. Il sostegno di Andreesen Horowitz, considerato royalty tra gli investitori in fase iniziale, è un potente segno di sostegno e forse un attacco ai critici di Neumann, che hanno descritto la sua precedente leadership a WeWork come un’esperienza estremamente negativa.

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“Neumann è un leader visionario”

“Adam Neumann”, spiega in un comunicato il venture capitalist, “è un leader visionario che ha rivoluzionato il mondo degli immobili commerciali, portando i concetti di comunità e di brand in un settore in cui non c’erano. Adam e la storia di WeWork sono stati raccontati, analizzati e romanzati. Nonostante tutta l’energia impiegata per raccontare la storia, è stato sottovalutato il fatto che Neumann da solo abbia ridisegnato l’esperienza dell’ufficio. Capiamo quanto sia difficile costruire qualcosa del genere e amiamo vedere i fondatori di imprese crescere dalle lezioni apprese. Per Adam, i successi e le lezioni sono tanti e siamo entusiasti di intraprendere questo viaggio con lui e i suoi colleghi per costruire il futuro”.

Il progetto di Neumann intende trasportare l’esperienza alla base di WeWork in un altro progetto. “Pensiamo che sia naturale”, spiega l’investitore, “che Adam ritorni sul tema del collegamento tra le persone trasformando i loro spazi fisici e costruendo comunità in cui le persone trascorrono la maggior parte del tempo: le loro case. Gli immobili residenziali sono pronti per questo cambiamento”.

“Molte persone”, continua Andreessen Horowitz, “vivranno in luoghi lontani da dove lavorano e molte altre si sposteranno in un ambiente ibrido. Di conseguenza, sperimenteranno molto meno i legami sociali di cui godono i lavoratori locali. Per molte di queste persone, l’aumento del tempo davanti allo schermo e la riduzione dell’interazione umana causeranno alienazione e solitudine. Questo tema deve essere affrontato subito”.

Una rivoluzione per chi lavora da remoto

Neumann ha acquistato più di 3.000 appartamenti sparsi tra Miami, Fort Lauderdale, Atlanta e Nashville. Il suo obiettivo è ripensare il mercato degli affitti abitativi creando un brand che porti nell’immobiliare il senso di comunità e di cooperazione. Flow gestirà le proprietà che Neumann ha acquistato e offrirà i suoi servizi anche a terze parti che vorranno usufruirne. Non è stato possibile conoscere i dettagli esatti del piano aziendale. (Flow sembra essere finanziariamente separata dalla società di criptovalute Flowcarbon, che è stata co-fondata da Neumann e ha raccolto 70 milioni di dollari a maggio in un round guidato da Andreesen Horowitz.)

L’investimento, il più importante che Andreessen Horowitz abbia mai scritto in un singolo round di finanziamento a un’azienda, porta la valutazione di Flow a oltre 1 miliardo di dollari prima ancora che apra ufficialmente i battenti. Secondo quanto riportato dal NYT, Flow dovrebbe essere lanciato nel 2023 e Marc Andreessen si unirà al suo consiglio.

La storia di Adam Neumann

Adam Neumann è nato nel 1979 a Tel Aviv, in Israele. Nonostante la dislessia, che gli ha impedito di imparare a leggere fino alla terza elementare, è diventato ufficiale della Marina israeliana, in cui ha servito tra il 1996 e il 2001. A 22 anni aveva già vissuto in 13 case diverse. Incluso un kibbutz – un’associazione volontaria di lavoratori tipica di Israele, fondata sul concetto di proprietà collettiva -, che è stato l’ispirazione per WeWork.

Neumann ha studiato al Baruch College di New York e lo ha abbandonato a quattro crediti dalla laurea, ottenuta in un secondo momento, nel 2017. In quegli anni ha conosciuto, tramite amici comuni, Miguel McKelvey, a sua volta cresciuto in una comune, nell’Oregon. Assieme a McKelvey ha fondato nel 2008 GreenDesk, un’azienda di spazi di coworking sostenibili, e, due anni dopo, WeWork.

All’apice del successo di WeWork, il patrimonio di Neumann era arrivato a 4,1 miliardi di dollari. Mentre l’azienda si avviava a una gigantesca Ipo, però, i giornali cominciarono a raccontare i suoi eccessi. Dalla passione per la tequila a proclami che il Washington Post ha giudicato “scollegati dalla realtà”. Neumann ha definito WeWork come un’azienda capace di “elevare la coscienza del mondo”. Nel 2018 ha detto che “ci sono 150 milioni di orfani nel mondo. Noi vogliamo risolvere questo problema e dare loro una nuova famiglia: la famiglia di WeWork”. Ed è deciso a diventare la prima persona nella storia ad accumulare un patrimonio di mille miliardi di dollari. Per avere un raffronto, l’uomo più ricco al mondo, Elon Musk, supera di poco i 220 miliardi. Ed è stato calcolato che, se si tiene conto dell’inflazione, il più ricco di sempre è stato John D. Rockefeller, con una fortuna tra i 300 e i 400 miliardi di oggi. 

Il crollo

Più ancora degli eccessi di Neumann, a preoccupare gli investitori erano però i dubbi sul modello di business di WeWork: affittare spazi di coworking a chi non vuole o non può permettersi la locazione di un ufficio. I fondatori assicuravano che il mercato potenziale riguardava 255 milioni di clienti, per un giro d’affari di 3mila miliardi di dollari. Avevano convinto, tra gli altri, l’ad di JPMorgan Chase, Jamie Dimon, e quello di SoftBank, Masayoshi Son. Ancora nel 2019, quando furono depositate le carte per l’Ipo (in cui la parola “Adam” compare 169 volte), l’azienda stava però perdendo miliardi. Al termine dell’anno precedente aveva in portafoglio quasi 500 immobili nel mondo, ma registrava un passivo di 1,9 miliardi.

“La formula è destinata a non funzionare nei momenti di crisi”, scriveva Forbes Italia due anni fa. “I clienti di WeWork, infatti, occupano i locali in media per 15 mesi: molto meno della durata dei contratti della casa madre (15 anni). Perciò il business funziona nei momenti di boom ma è destinato a soffrire quando la congiuntura rallenta. E in quei momenti WeWork non può tagliare i costi”. L’Ipo fu abortita a pochi giorni dal debutto a Wall Street e Adam Neumann fu costretto a lasciare la sua creatura.

La mini serie WeCrashed

Nei mesi scorsi la storia di Neumann e WeWork è stata raccontata dalla mini serie tv WeCrashed, in onda su Apple TV+, con Jared Leto e Anne Hathaway (anche produttrice esecutiva della serie)“Di certo”, aveva raccontato a Forbes Anne Hathaway, “Il fallimento di Adam può servire da esempio per cercare di comprendere cosa sia andato storto. E anche di valutare la propria brama di potere che, se non gestita nella giusta direzione, può portare qualsiasi azienda alla distruzione”. Chissà quindi se la lezione sarà stata utile o se Neumann ricadrà negli stessi errori. 

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