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A 12 milioni di chilometri dalla Terra la missione Dart ha centrato un asteroide per provare a deviarne l’orbita

Adesso che la sonda “Dart” (per Double Asteroid Redirection Test) della Nasa ha concluso con successo la sua missione andandosi a schiantare sull’asteroide Dimorphos, un “piccolo” sasso celeste in orbita intorno a uno più grande chiamato Didymos, inizia il lavoro di analisi dei risultati dell’impatto.

Da un lato occorrerà capire con esattezza come è stata deviata la traiettoria di Dimorfo, cioè come è cambiata la sua orbita intorno all’asteroide più grande, dall’altro bisognerà vedere quanto è grande il cratere prodotto dall’impatto, perché solo così si potrà capire la consistenza del corpo colpito. Gli esperti di impatti planetari sanno che un corpo solido risponde in modo molto diverso da un ammasso poco coeso.

Guardando il video accelerato degli ultimi 5 minuti della missione, è possibile vedere Dart passare accanto al corpo più grande, lasciato sulla sinistra, e procedere oltre per centrare il più piccolo.

Le immagini dello schianto

I minuscoli spostamenti dell’inquadratura sono gli aggiustamenti last minute effettuati in autonomia dalla sonda per ottimizzare la sua traiettoria. Quello che interessa particolarmente sono le ultime immagini prima dello schianto (quando lo schermo diventa rosso, perché è stato perso il segnale). A giudicare da questo fantastico close-up, sembrerebbe che Dimorphos sia molto simile agli asteroidi Ryugu e Bennu, studiati da vicino dalle sonde Hayabysa 2, dell’agenzia spaziale giapponese, la Jaxa, e Osiris Rex, della Nasa. Non un corpo solido, ma un ammasso di materiale tenuto insieme dalla sua debole attrazione gravitazionale.

Se volete rivivere insieme agli scienziati del centro di controllo dello Applied Physics Laboratory dell’università Johns Hopkins a Baltimora le sequenze reali (non accelerate) degli ultimi minuti della missione, andate a 1 ora e 10 minuti dall’inizio del video integrale. Sentirete le loro voci e il loro entusiasmo nel momento dell’impatto. Gli scienziati al centro di controllo non erano i soli a guardare la scena. 40 telescopi (compresi Hubble Space Telescope e James Webb Space Telescope) erano puntati sul piccolo asteroide.

Il ruolo della sonda LICIACube

Anche la sonda italiana LICIACube (che ha viaggiato insieme con Dart fino al 12 settembre, quando si è staccata) era in loco per monitorare la colonna di materiale espulso a seguito dell’impatto, con una traiettoria leggermente modificata per stare a distanza di sicurezza. Le sue immagini sono attese nei prossimi giorni.

Poi sarà la missione “Hera” dell’Agenzia spaziale europea ad andare a fare il lavoro di fino tra un paio d’anni. In effetti, la cooperazione tra Nasa ed Eesa è stata fondamentale anche per permetterci di vedere le immagini dell’impatto. Per ricevere i dati delle sonde interplanetarie, tanto l’ente americano che l’agenzia europea si sono dotate di una rete di grandi antenne disposte strategicamente intorno al mondo, perché ce ne sia sempre almeno una nella posizione giusta per avere “in vista” una certa sonda e potere ricevere i suoi dati.

Missione Dart

Nei momenti finali della missione, Dart era “visibile” dall’Australia e l’antenna da 35 metri dell’Esa, situata nella stazione di New Norcia, ha seguito le ultime 12 ore della missione insieme con l’antenna della Nasa a Camberra. Nemmeno un bit doveva andare perso. Come hanno insegnato gli indimenticabili video delle missioni Apollo, i successi spaziali si costruiscono grazie a un impeccabile “segmento di terra”.

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