Joe Bastianich
Leader

Per 30 anni ha portato l’Italia in America. Ora Joe Bastianich vuole fare il contrario

Di Mirko Crocoli

Joe Bastianich, imprenditore del settore food & wine, autore, personalità televisiva e musicista, classe 1968, nasce nel Queens da una famiglia di ristoratori di origini istriane (Lidia Matticchio e Felice Bastianich). Fin da piccolo si nutre di gastronomia e apprende i primi rudimenti sotto la guida del padre. Dopo gli studi, nel tentativo di emergere dal suo status sociale, inizia una carriera a Wall Street, ma gli basta poco per capire di voler consacrare la sua vita al cibo e al vino. Parte quindi per un anno sabbatico in Italia, dove lavora in ristoranti e cantine e attinge a piene mani dalla sua eredità culturale.

Di rientro a New York, grazie a un prestito di nonna Erminia, apre il suo primo ristorante: Becco, nel Theather District. Negli anni seguenti, con diversi soci, dà alla luce più di 20 locali (migliaia di dipendenti sparsi in tre continenti e un fatturato a sette zeri), tra cui Babbo Ristorante Enoteca, Lupa osteria romana, Mozza Osteria e Pizzeria (in California) e altri a Singapore, Hong Kong e Messico. Nel 2011, con la famiglia Farinetti, porta negli Stati Uniti Eataly, il principale mercato enogastronomico italiano al mondo, partendo da New York, Chicago e Boston, per poi arrivare a Los Angeles, Las Vegas, Toronto e Dallas.

Poi arriva l’Italia. A 29 anni, quando nasce la sua prima figlia, Olivia, decide di acquistare i vigneti che oggi sono diventati la Cantina Bastianich, a Cividale del Friuli. Seguono il ristorante b&b Orsone, il Joe’s American Bbq al Mercato Centrale di Milano e il secondo, inaugurato il 6 ottobre nel cuore di Firenze (anch’esso al Mercato Centrale del capoluogo Toscano, in Via dell’Ariento).

Ma il versatile imprenditore e il manager di successo vanno di pari passo con l’istrionico conduttore televisivo (16 programmi all’attivo), conosciuto per le molte stagioni da giudice a MasterChef – edizioni italiana e americana – e a Italia’s Got Talent. Di recente anche voce del suo primo podcast, Wine Heroes, in cui è raccolta la storia dei viticoltori eroici italiani.

Una vita intensa, quella di Joe, che comprende anche la musica (il suo primo singolo, Joe Played Guitar, è datato settembre 2019, mentre è reduce da un lungo tour in tutta Italia con la band di Napoli La Terza Classe) ed è passata per il Fordham Preparatory School e il Boston College. Fino a sfondare nell’arte culinaria. Tra i diversi riconoscimenti, il Premio America consegnatogli nel 2018 alla Camera dei Deputati dalla Fondazione Italia Usa. 

Cosa ha significato nascere in una famiglia di ristoratori?
Negli anni ’70 il mondo della ristorazione non era bello e accattivante come oggi. I miei genitori erano emigrati negli Stati Uniti con pochi mezzi. Il loro era un lavoro duro. Il ristorante era la nostra casa: ci tornavo dopo la scuola, ci facevo i compiti, ci giocavo. Ero un ragazzo, perciò assorbivo da tutti: camerieri, maître, personale. All’inizio ho cercato di rifiutare un futuro che sembrava già scritto, ma il richiamo è stato troppo forte.

Come è arrivato ad aprire il suo primo ristorante?
Nel 1989 ho finito l’università, dove ho studiato filosofia e teologia, poi sono andato a lavorare a Wall Street per Merrill Lynch e altri. Sono rimasto lì per due anni. Ero giovane, ambizioso, credevo già nell’imprenditoria. Ma ho capito presto che non era la vita che faceva per me. Dopo un anno in cui ho girato cantine, tenute, ristoranti e hotel di tutta Italia, sono tornato a New York con le idee chiare. Nel 1992 ho aperto Becco, il mio primo ristorante.

Che cosa ricorda del periodo a Wall Street?
Ho imparato tanto, ho vissuto il Financial District di New York nell’era dei Gordon Gekko. Sono stati anni di crescita che mi hanno aiutato.

Poi?
Poi non mi sono fermato più. Dopo Becco, ho aperto locali a New York, Los Angeles, Las Vegas, Singapore, Hong Kong, Messico, Italia. E non ho ancora finito. Senza dimenticare la sfida di portare Eataly negli Stati Uniti, partendo da New York.

Ci parli delle sue aziende nel nostro Paese.
Era il 1997, avevo una passione per i vini italiani e desideravo produrne uno anch’io, con e per la mia famiglia. Abbiamo cominciato comprando 15 ettari di vigna dove oggi si trova l’azienda agricola Bastianich. Volevo un posto che legasse i miei figli all’Italia, un luogo che potessero chiamare casa. Per questo, nel 2013, abbiamo aperto Orsone, ristorante e b&b affacciato sui nostri vigneti. Per poter aprire le porte di casa nostra al mondo. Da lì è stato un crescendo.

Quale consiglio darebbe ai ristoratori italiani? 
La ristorazione è passione e amore, ma non un hobby. Un ristorante deve essere soprattutto un’impresa che produce e ha i suoi margini. Altrimenti si rischia di perdere tempo e risorse umane.

Come sta andando il Joe’s American Bbq a Milano?
Molto bene. A luglio, assieme ai miei soci, Anna Sammarone e Giovanni Baratta, abbiamo dato vita a una versione estiva del bbq, con il Circolo East River sul Naviglio Martesana. Un successo. La seconda apertura è avvenuta il 6 ottobre a Firenze, dove i toscani ci hanno riservato un’accoglienza favolosa. Il calore della gente non mi è stato fatto mancare. Abbiamo anche allietato la serata con La Terza Classe in un’esibizione molto appassionata. Pubblico straordinario. Dopo 30 anni in cui ho portato il meglio dell’Italia nel mondo, ora vorrei fare il contrario. Per la prima volta, con il Joe’s American Bbq, cerco di portare il meglio dell’America in Italia. Il Covid-19 e i lockdown hanno cambiato il mondo, ma penso che ora le cose si stiano stabilizzando. Era il momento di portare un tocco di diversità in Italia. Musica e cibo insieme e il vero stile americano, fatto di barbecue e bluegrass music.

A quali altri progetti sta lavorando?
Sto lavorando su diverse cose. Posso dire è che di recente ho deciso di investire in FlowerFarm, società leader in Italia nella coltivazione della cannabis ad alto contenuto di cbd, il fitocannabinoide privo di effetti psicotici, al centro dell’interesse scientifico per le proprietà terapeutiche. Negli Stati Uniti e in Canada esistono già un mercato forte e una cultura sul cbd. Mi attira la potenzialità di un mercato così vasto, che ha al centro un prodotto versatile e sostenibile. La cannabis ha anche qualità organolettiche che la rendono un vero healthy food. Sarà presto protagonista anche in cucina.

Tv e musica. Qual è il suo rapporto con i media e il pubblico?
Io rispetto molto il consumatore. Cerco di soddisfare le sue esigenze, sia nei locali, sia in tv. Do sempre il massimo, voglio che le persone mi conoscano per quello che sono. Il pubblico è tutto. La musica, invece, è pura passione, niente business. Il 24 giugno è uscito il mio nuovo album con La Terza Classe, un gruppo napoletano che coniuga il ritmo della sua città al sound americano. Lo abbiamo portato in giro per l’Italia in un tour estivo e abbiamo fatto scatenare migliaia di persone a suon di bluegrass.  

Chi sente di dovere ringraziare per il suo successo?
Le due donne della mia vita: mia nonna Erminia e mia mamma Lidia. La nonna mi ha cresciuto, la mamma mi ha aiutato a essere un imprenditore.

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