Amnon Shashua Mobileye
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L’anno nero di Wall Street e i dubbi sulla guida autonoma: perché l’Ipo di Mobileye vale un terzo del previsto

Meno di un anno fa puntava a 50 miliardi. Poi era scesa a 30. Ora Mobileye, la sussidiaria di Intel che sviluppa sistemi di assistenza alla guida e guida autonoma, per la sua quotazione al Nasdaq si accontenterebbe di una valutazione di meno di 17. L’Ipo, prevista per oggi, mercoledì 26 ottobre, potrebbe comunque essere una delle più grandi dell’anno: il titolo, finora, spetta a Corebridge Financial, società di servizi finanziari sbarcata a Wall Street il 15 settembre, con 13,4 miliardi. Una cifra molto lontana, però, rispetto alle principali offerte pubbliche iniziali del 2021. L’e-commerce sudcoreano Coupang, per esempio, era valutato 60 miliardi al momento della quotazione, nel marzo dell’anno scorso. Didi, l’Uber cinese, era arrivato a 73 miliardi a giugno, l’azienda di auto elettriche Rivian a 66,5 a novembre.

Che cos’è Mobileye

Mobileye è stata fondata nel 1999 da Amnon Shashua, professore dell’università di Gerusalemme. Shashua, allievo del fisico genovese Tomaso Poggio al Mit, ideò un sistema capace di individuare i veicoli circostanti grazie a una telecamera e ad algoritmi. L’azienda aprì il primo centro di ricerca cinque anni più tardi e passò per il 25% a investitori esterni nel 2013, per 400 milioni di dollari. L’anno successivo sbarcò per la prima volta a Wall Street: raccolse 890 milioni, per una valutazione di 7,6 miliardi. Tre anni dopo fu acquistata da Intel al doppio e lasciò la Borsa. Nel mezzo, tre anni in cui il titolo, come scrisse all’epoca Forbes, seguì “l’andamento di uno yo-yo” e divenne “uno dei più popolari tra i venditori allo scoperto, cioè tra chi scommette contro” la società.

Mobileye ha oggi 3.100 dipendenti e nel 2021 ha fatturato 1,4 miliardi di dollari, con un incremento del 43% sull’anno precedente. Nel secondo trimestre del 2022 ha registrato entrate per 460 milioni, in aumento del 41% sullo stesso periodo del 2021. Nel tempo ha stretto accordi con case automobilistiche come General Motors, Bmw, Nissan, Volkswagen, Ford e Toyota. Tra i suoi sistemi c’è EyeQ, un servizio di assistenza alla guida che include la frenata di emergenza e aiuta il conducente a restare nella sua corsia. Mobileye afferma di averne vendute più di 117 milioni di unità. Un altro sistema, Road Experience Management, usa i dati raccolti dai veicoli per costruire una mappa globale in tre dimensioni. Un terzo, Responsibility-Sensitive Safety Model, è un modello matematico per veicoli autonomi che codifica le regole della guida sicura e determina di conseguenza le decisioni del veicolo.

Un’Ipo al ribasso

L’ultima grande Ipo del 2021 era stata quella della banca digitale brasiliana Nubank, valutata 41 miliardi il 9 dicembre. La stessa settimana Intel aveva annunciato l’intenzione di portare in Borsa Mobileye. Nel 2022, però, il Nasdaq ha perso quasi il 31%. E tra i titoli più colpiti ci sono stati proprio quelli delle società protagoniste delle quotazioni record dell’anno scorso: se Didi ha lasciato i listini americani dietro pressioni di Pechino, Coupang, Rivian e Nubank valgono meno della metà rispetto al debutto. Secondo un rapporto pubblicato da Ey a fine settembre, a livello globale le Ipo sono diminuite del 44% rispetto al 2021 e hanno raccolto il 57% di capitali in meno. Negli Stati Uniti è andata ancora peggio: -72% per numero di Ipo e -94% per raccolta.

La situazione dei mercati, e in particolare del settore tecnologico, ha spinto anche alcune società a rimandare l’approdo in Borsa. Instacart, azienda statunitense di consegne e ritiro di alimentari, a marzo 2021 era valutata 39 miliardi di dollari. Oggi è scesa a 13 miliardi e, secondo il New York Times, ha rinunciato a quotarsi almeno fino al prossimo anno. Anche Intel, dunque, ha dovuto ridimensionare le sue ambizioni. Tuttavia è andata avanti. Forse perché, come scrive Bloomberg, gli 800-900 milioni di dollari che spera di raccogliere con l’Ipo di Mobileye serviranno a finanziare – in piccola parte – gli enormi investimenti previsti per i prossimi anni nella produzione chip: dai 17 miliardi per uno stabilimento in Germania ai 20 per un impianto in Ohio, fino ai 5 per una fabbrica in Italia.

Come va la guida autonoma (spoiler: non molto bene)

Oltre al momento nero di Wall Street, il ridimensionamento dell’Ipo di Mobileye può avere un’altra ragione. Investitori e analisti hanno iniziato a dubitare delle promesse dell’industria automobilistica sulla guida autonoma. E anche le aziende hanno dovuto confessare alcune difficoltà.

Lo scorso anno Elon Musk aveva ammesso che la guida autonoma era “più difficile del previsto”. In una recente videoconferenza con gli investitori ha detto che, con il prossimo aggiornamento del sistema Fsd (Full self-driving, guida autonoma completa), le Tesla saranno capaci “di portare le persone da casa al lavoro, o a casa di un amico, o al negozio di alimentari, senza bisogno di toccare il volante”. Un guidatore umano sarà però ancora necessario per motivi di sicurezza. Ottenere l’approvazione dei regolatori, poi, “sarà un’altra questione”. Secondo un analista di Roth Capital citato dall’agenzia Reuters, “Musk sta aprendo alla possibilità che Tesla incontri un cammino difficile per l’approvazione del Fsd”.

Il morbo di Derek Zoolander

La questione non si riduce al problema delle autorizzazioni. Poche settimane fa Bloomberg ha pubblicato un articolo intitolato: “Nonostante 100 miliardi di dollari investiti, le auto a guida autonoma non vanno da nessuna parte”. A 20 anni dai primi demo e a sei dai primi robotaxi, le auto a guida autonoma sulle strade sono ancora pochissime. Negli Usa sono limitate quasi del tutto alla cosiddetta Sun Belt – la cintura del sole, cioè il sud del Paese -, perché, come sottolinea il giornalista Max Chafkin, “ancora non riescono a gestire condizioni meteo più insidiose di ‘parzialmente nuvoloso’”. Faticano a muoversi tra costruzioni, animali, coni stradali, agenti che regolano il traffico. Hanno addirittura difficoltà con “quelle che l’industria automobilistica chiama ‘svolte a sinistra non protette’ e che la maggior parte di noi chiamerebbe solo ‘svolte a sinistra’”. Una specie di “morbo di Derek Zoolander”.

I social sono pieni di video sui malfunzionamenti delle auto elettriche. Alcuni sono divertenti, come quello della macchina Waymo che viene messa in crisi da un cono stradale e poi tenta di fuggire dal tecnico inviato dall’azienda. Altri uccidono. Secondo dati diffusi a giugno dalla National Highway Traffic Safety Administration, un’agenzia del dipartimento dei Trasporti, tra luglio 2021 e maggio 2022 le auto a guida autonoma americane erano state coinvolte in 392 incidenti, in cui erano morte cinque persone.

Mobileye contro Tesla

Fu proprio un incidente a porre fine, nel 2016, alla collaborazione tra Mobileye e Tesla. Nell’agosto del 2015 la tecnologia dell’azienda israeliana era arrivata anche sulle Model S di Elon Musk. Meno di un anno dopo, Tesla annunciò il primo incidente mortale che coinvolgeva una sua auto in cui era stato inserito il pilota automatico. Il sistema di guida non era riuscito a distinguere un camion bianco, di traverso sulla strada, dallo sfondo di un cielo molto luminoso, e l’auto aveva tentato di infilarsi sotto il rimorchio. Shashua accusò allora Tesla di “superare il limite in materia di sicurezza” e precisò che l’Autopilot, a dispetto del nome, era “un sistema di assistenza al guidatore” e non “un sistema per auto senza guidatore”.

Un analista di Gartner intervistato da Bloomberg ha dichiarato che alla fine “avremo veicoli a guida autonoma alla portata di tutti. Ma quando accadrà, saremo vecchi”. Tra gli scettici c’è anche Adrian Levandowsky, padre del programma di guida autonoma di Google. “È difficile trovare un’altra industria che abbia investito così tanti dollari in ricerca e sviluppo e abbia ottenuto così poco”, ha dichiarato. Levandowsky oggi guida una startup di camion autonomi per siti industriali. Ed è convinto che, almeno nel futuro prossimo, i veicoli autonomi non andranno oltre questa frontiera.

Come stanno i rivali

Se il mercato della guida autonoma è in ritardo rispetto alle previsioni di qualche anno fa – nel 2016 un articolo di Business Insider pronosticava dieci milioni di auto in strada entro il 2020 -, Mobileye è almeno in una posizione di forza nel settore. Anzi, secondo un’analisi pubblicata da Forbes.com a inizio ottobre, grazie ai fondi raccolti con la quotazione e ai semiconduttori di Intel può addirittura sperare di dominarlo. A suo favore gioca anche la situazione finanziaria. Perché la perdita da 75 milioni del 2021 è un risultato eccellente rispetto a quelli di molte concorrenti.

Cruise, la divisione di guida autonoma di General Motors, ha perso 1,4 miliardi di dollari nei primi nove mesi del 2022. Anche se l’ad, Mary Barra, prevede che la sussidiaria genererà entrate per 50 miliardi nel 2030. La valutazione di Waymo – l’azienda di guida autonoma di Alphabet, società madre di Google – è passata dai 175 miliardi del 2018 ai 30 del 2020. Zoox, che tra il 2016 e il 2020 aveva raccolto 955 milioni di dollari, è stata acquistata da Amazon a prezzo di saldo – 1,2 miliardi – due anni fa. Aurora, creata da ex dirigenti di Waymo, Tesla e Uber, era valutata 13 miliardi a luglio 2021, quando annunciò la quotazione al Nasdaq tramite una Spac. Oggi ha una capitalizzazione di mercato di 2,4 miliardi e, secondo Bloomberg, considera un’acquisizione da parte di Apple o Microsoft.

Argo Ai, creata da ex dirigenti dei programmi di guida autonoma di Google e Uber, ha raccolto invece 3,5 miliardi da investitori come Ford, Volkswagen e Lyft. Di recente ha comunicato il lancio di nuovi taxi a guida autonoma a Austin e Miami. Perfino Argo, però, quest’anno ha tagliato 150 dipendenti e ha chiuso le sue attività a Washington. Anche il piano di quotarsi nel 2022, annunciato lo scorso anno, sembra quanto meno rimandato.

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