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Il “no” del governo italiano alla produzione di carne coltivata: un vantaggio o una minaccia per il made in Italy?

Il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva, martedì 28 marzo, un disegno di legge che vieterebbe la produzione di carne coltivata. Sottolineando come tale produzione non garantirebbe la qualità, il benessere e la tutela della cultura e della tradizione enogastronomica e di produzione a marchio made in Italy. Ma cerchiamo di scoprire quali potrebbero essere i vantaggi e gli svantaggi dell’introduzione di questo nuovo alimento.

Carne coltivata: lo stop del governo italiano

Sono trascorsi solo pochi giorni dall’approvazione del disegno di legge che vieterebbe la produzione, l’importazione e la commercializzazione in Italia di carne sintetica, un prodotto ottenuto dalla coltivazione in vitro di cellule staminali estratte dai muscoli di animali adulti viventi. Il disegno di legge dovrebbe prevedere anche dure sanzioni per i trasgressori che vanno da un minimo di 10mila a un massimo di 60mila euro. “Il divieto si basa sul principio di precauzione perché oggi non ci sono studi scientifici sugli effetti dei cibi sintetici”, afferma il ministro della Salute Orazio Schillaci durante la conferenza stampa. “Ribadiamo il massimo livello di tutela della salute dei cittadini e la salvaguardia del patrimonio della nostra nazione e della nostra cultura agroalimentare che si basa sulla dieta mediterranea”.

Eppure, sono già numerosi i pareri di esperti, produttori e ambientalisti inclini a non voler lasciar perdere l’approvazione dalle note conservatrici di tale disegno. O, quantomeno, analizzarlo più nel dettaglio, anche in virtù di una componente distintiva, ossia che “la produzione di carne coltivata prende corpo da un’iniziativa prettamente privata e non pubblica”, come evidenzia Carlo Spinelli, scrittore, studioso di storia e cultura dell’alimentazione, che sottolinea un altro aspetto: “Pur essendo favorevole a sperimentare e a rendere paralleli questi nuovi metodi di produzione, capaci di ridurre l’inquinamento e le sofferenze degli animali, è comunque necessario che siano prima di tutto studiati e regolamentati”.

Una questione climatica e ambientale irrisolta

Basti pensare che solo nel 2018 l’IPCC, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite, aveva evidenziato, in un rapporto dettagliato, come sia necessario contenere il riscaldamento entro 1,5°C per mantenere in un futuro prossimo una società più sostenibile ed equa. A discapito delle conseguenze a cui è già sottoposta la nostra società, derivanti da un riscaldamento globale di 1°C rispetto al periodo pre-industriale. Cinque anni dopo, oggi, quella sfida si ritiene sia ancora più importante a causa del continuo aumento delle emissioni di gas serra. Tra le possibili soluzioni profonde riduzioni delle emissioni del settore agricolo risulterebbero necessarie per limitare il surriscaldamento globale a 1.5° C. Ipotesi rafforzata anche dai rapporti Livestock’s Long Shadow di FAO, del 2006 e del 2019, in cui si sottolinea come, nello specifico, gli allevamenti intensivi generino circa il 14,5%, compresi mangimi e trasporti, delle emissioni globali di gas serra e sono in larga parte responsabili del riscaldamento globale.

In questo senso, la produzione di carne coltivata e la corrispettiva diminuzione di allevamenti intensivi di origine animale potrebbero diminuire le emissioni di gas serra e migliorare in generale il benessere animale, come osserva anche la Fondazione Umberto Veronesi. “Dal punto di vista nutrizionale non sono presenti degli aspetti negativi da considerare. Dal punto di vista della sicurezza alimentare, crescendo in un ambiente controllato si riduce il rischio di malattie di origine animali e non c’è la necessità di impiegare antibiotici. Oltre a questo, diventa possibile confezionare un alimento in un unico luogo, evitando contaminazioni esterne”.

Carne coltivata e burger vegetali: quali sono le differenze?

Le alternative vegetali stanno già, da qualche anno a questa parte, trasformando lentamente lo scheletro delle botteghe di quartiere e degli ipermercati situi nelle grandi e piccole città d’Italia, prendendo posto accanto ai loro corrispettivi nemici di origine animale: dal bancone dei freschi dedicato ai formaggi e alle cotolette a base di tofu e seitan, passando per i surgelati sino ad arrivare allo scaffale delle bevande vegetali a base di avena, riso e soia. Un amico insolito, ma necessario che si è fatto poco per volta posto nelle nostre vite destando curiosità e desiderio di sperimentare. Ma quali sono effettivamente le differenze tra i burger vegetali e la carne coltivata?

I burger vegetali, così come le polpette e il macinato, che troviamo oggi nei supermercati e nelle botteghe specializzate di quartiere sono frutto di un insieme di pratiche industriali che impiegano legumi e derivati vegetali per la realizzazione di un prodotto che si avvicini per gusto e consistenza ai burger di carne bovina o suina. E li troviamo in differenti versioni: di soia, di verdure, di lenticchie, di miglio ecc. I burger derivati da carne coltivata non prevederebbero la macellazione di alcun animale. Verrebbero realizzati tramite il prelievo e la crescita di cellule staminali. Quest’ultima possibile solo attraverso l’impiego di un bioreattore che simula le condizioni ideali di temperatura per far nutrire le cellule. Sono, attualmente, in atto nuove sperimentazioni che intendono sostituire il siero fetale bovino come ingrediente principale del terreno di coltura per le cellule in modo da escludere del tutto anche i sotto-prodotti dell’industria della carne.

Gli investitori della carne coltivata

Secondo i dati del rapporto Cultivated meat and seafood di Good Food Institute, rilasciato nel 2021, sono 107 le società che oggi, site in 25 Paesi, si stanno occupando di produzione di carne coltivata. Di queste 107, 29 sono in Europa, tra cui spicca una italiana: la start up trentina Bruno Cell, nata nel 2019 con l’obiettivo di rendere la carne coltivata una risorsa economicamente sostenibile. Anche Good Meat, marchio di Eat Just, ha fatto passi da gigante, dopo aver ricevuto l’ok di Singapore per la commercializzazione del pollo sintetico presso Huber’s Butchery, uno dei principali produttori e fornitori di carne di alta qualità della città-stato. Tra i grandi investitori del mondo imprenditoriale troviamo Bill Gates che in un’intervista rilasciata a MIT Technology Review si dichiara preoccupato per le sorti del nostro pianeta e invita le nazioni a trovare soluzioni che possano garantire il consumo di carne coltivata e proteine vegetali in tutto il mondo, senza lasciare indietro i paesi più poveri.

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