Innovation

L’imprenditore che migliora la performance delle batterie elettriche grazie all’intelligenza artificiale

Articolo tratto dal numero di aprile 2023 di Forbes Italia. Abbonati!

Il nonno, lo zio, il padre correvano le Mille Miglia. Lui guardava sfrecciare le auto e domandava: come funzionano? Ha sempre continuato a cercare le risposte Fabrizio Martini, fino a fondare un’impresa, Electra Vehicles, per trovare quello che più interessa all’industria automobilistica che va verso l’elettrificazione: il funzionamento delle batterie. E deve essere una risposta convincente, visto che la startup a fine febbraio ha chiuso un round di investimento da 21 milioni di dollari. “Abbiamo la soluzione che può accelerare il passaggio all’auto elettrica”, spiega.

La storia di Fabrizio

Parliamo di dollari perché Fabrizio, 37 anni compiuti il 30 marzo, nato e cresciuto a Milano, dal 2022 è anche cittadino americano. “Boston è il posto dove ho il cuore”, dice. Perché lì è cambiata la sua vita. Ci è arrivato dopo la triennale in dinamica dei veicoli al Politecnico, per completare gli studi alla Northeastern University. “Papà starò via un anno, dissi. E sono 14 anni che mi aspetta”, ricorda adesso ridendo. “Ho fatto la biennale in un anno e mezzo e, com’è previsto dai percorsi di quell’università, sono stato subito inserito in una posizione lavorativa. Ho cominciato con il governo americano, prima alla difesa e poi al dipartimento dell’energia, quindi ho trascorso due anni e mezzo alla Nasa, dove cercano persone che sappiano e vogliano spingere le tecnologie oltre il possibile. If you are crazy, you take the job, così dicono”.

L’esperienza è certamente pazzesca. A 23 anni Fabrizio si trovava a gestire budget governativi milionari. “Sono arrivato fino a 15 milioni di dollari. Una cosa del genere non potrebbe mai accadere in Italia. Certo, devi continuamente dimostrare che cosa riesci a fare con quei soldi. Io ho fatto il giro di tutte la basi spaziali, da Cape Canaveral a Houston, per presentare i risultati delle nostre ricerche e me la sono sempre cavata grazie anche alla creatività italiana”. Bene, ma cosa c’entrano le batterie? “Negli Usa ho subito cominciato a fare ricerca sull’energy storage. Alla Nasa ero uno dei principal investigator in un progetto di esplorazione di Venere e uno dei problemi da risolvere per il Rover elettrico che avrebbe dovuto fare da esploratore era mettere a punto un pacco batterie in grado di funzionare a temperature che passano da 100 gradi sotto zero fino a 400 gradi. Abbiamo chiamato tutti i produttori del mondo, ma la chiave stava nel software”.

L’opportunità di business

E in un algoritmo che viene messo a punto nei laboratori della Nasa e che risveglia i geni imprenditoriali nel dna di Fabrizio Martini, visto che la famiglia ha sempre gestito una grande azienda di floricoltura tra Sanremo e Milano. “Quando vedo che la soluzione funziona, che riusciamo a raddoppiare la durata della batteria e a prevederne i malfunzionamenti con tre mesi di anticipo, capisco che c’è un’opportunità di business e mi dico: io ci provo. Mando una mail e chiedo alla Nasa di poter utilizzare il brevetto a cui ho lavorato. Pochi lo fanno perché pensano che sia inutile. Ma chi non risica, non rosica”.

La Nasa ha risposto ok, senza chiedere un pagamento o una qualche partecipazione ai ricavi, ma ponendo alcune condizioni: l’impresa deve restare negli Stati Uniti per almeno quattro anni, assumendo solo cittadini americani. Si può fare, così nel 2016 è nata Electra Vehicles. “I primi 65mila dollari ce li ho messi io con mio padre che mi diceva: avresti potuto comprare un appartamentino a Lambrate! Qualche mese dopo lo Stato del Massachusetts mi ha dato 300mila dollari a fondo perduto. Ho ottenuto fiducia per due motivi: i miei precedenti governativi, ma anche il fatto di aver messo soldi di tasca mia. Poi sono arrivati 150mila dollari di Amazon Web Services, visto che Electrica funziona in cloud, ma soprattutto i primi clienti”.

Dalla progettazione al controllo della batteria

Electra Vehicles, che adesso fattura circa 10 milioni di dollari prevalentemente negli Usa, dove c’è un team di 40 persone, aiuta chi produce le batterie e chi le utilizza in tre momenti: la progettazione, la gestione e il controllo. “Grazie all’uso dell’intelligenza artificiale e del machine learning, a cui diamo in pasto una grande quantità di dati, miglioriamo le performance delle batterie e ne adeguiamo il consumo al reale utilizzo. Lo facciamo da cinque anni e questo è il nostro vantaggio competitivo”. Martini è talmente sicuro di quel che ha fatto e sta facendo con la sua startup che non esita a sostenere: “Siamo dieci volte migliori di Tesla nel controllo delle batterie”. E motiva: “Con il nostro software l’autonomia di una Model 3 aumenta mediamente del 20%”.

Electra in Italia

Da fine 2022 Electra Vehicles, che nel frattempo ha arricchito il suo software con altri sette brevetti, ha aperto una sua sede a Torino, dove saranno investi circa 4 milioni di dollari. “Abbiamo valutato anche Parigi e Monaco, ma alla fine abbiamo scelto Torino per diverse ragioni: ha un’importante filiera nell’industria dell’auto e dello spazio, un vivace ecosistema di startup e un Politecnico da cui poter attingere competenze”, spiega Martini. Che aggiunge: “Adesso siamo dieci ma faremo altre 40 assunzioni entro fine anno in Italia, ovunque. Perché siamo una full remote company: noi scriviamo codici, quindi possiamo lavorare ovunque. A fine 2023 saremo in 100 tra Italia e Stati Uniti”. Le prospettive di business sono enormi. “Dove c’è una batteria, Electra Vechicles può essere molto utile”, spiega Martini, a cui piace correre (“è il mio momento di meditazione”), anche nel business. “Il mio obiettivo è portare la nostra tecnologia dentro le case automobilistiche italiane ed europee, installarla in milioni di veicoli elettrici nei prossimi tre anni”.

Ultima domanda: dov’è casa tua, Fabrizio? Hai finalmente fatto contento tuo padre? “Casa mia è a Boston, New York, Milano, Torino, Francoforte, Monaco. Mi sposto mediamente ogni due mesi. Anche se adesso sto valutando seriamente se rientrare in Italia. Mi dicono che ci sono anche dei vantaggi. È vero? Non ho ancora avuto il tempo di approfondire… Se lo farò, saremo di fronte a un caso in cui l’Italia ha sottratto tecnologia agli Stati Uniti”. E saluta, sorridendo.

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