Francesco Billari Bocconi
Responsibility

A lezione di futuro con il nuovo master della Bocconi sull’intelligenza artificiale

Articolo tratto dal numero di giugno 2023 di Forbes Italia. Abbonati!

Dall’università Bocconi parte un segnale forte e chiaro: l’intelligenza artificiale dismette i panni di attore protagonista vezzoso e un po’ irriverente del futuro digitale ed entra a pieno titolo nella categoria business, alla voce ‘servizi’. Che piaccia (o spaventi) o no, ChatGpt ha avuto il merito di sdoganare l’estetica a vantaggio della concretezza e della solidità. E adesso è il tempo del capitale umano. Un master biennale di livello globale e rigorosamente in lingua inglese apre le porte a chi gestirà il rapporto fra il genere umano e le macchine. Al rettore, Francesco Billari, il compito e il merito di firmare la hall of fame accademica con alcuni ingredienti supplementari: sostenibilità e inclusività in primo piano. La via italiana all’intelligenza artificiale che è – in molti modi e su innumerevoli fronti – al primo punto dell’ordine del giorno della transizione digitale.

“La rivoluzione digitale”, conferma Billari, “ha avuto e avrà sempre più impatto sulla nostra vita: dal lavoro alla socialità, fino al tempo libero e ai rapporti con la pubblica amministrazione. È stato un susseguirsi di cambiamenti radicali. L’intelligenza artificiale accelera ulteriormente questo passaggio dalla dimensione analogica a quella digitale perché, insieme all’aumentata capacità computazionale, rende sempre più sofisticati i software. Oggi viviamo una tecnologia di frontiera. E rivoluzione è il termine corretto, perché ci stiamo dirigendo verso un mondo che fino a pochi anni fa non esisteva”.

Da sfida intellettuale e tecnologica a business globale ad alta potenzialità. Per questo un master of science alla Bocconi?

Non solo per questo, ma anche per questo. L’intelligenza artificiale è innanzitutto una grande rivoluzione dal punto di vista sociale. Io sono cresciuto come statistico, oltre che demografo. Insegnando la statistica in anni in cui il tema non era particolarmente caldo, e neanche tanto popolare, bisognava incoraggiare gli studenti a toccare questi temi. Oggi, invece, chi studia chiede di affrontarli: oltre alla domanda dal lato del business, delle aziende e delle istituzioni pubbliche, c’è anche una domanda culturale di apprendimento che arriva dalle generazioni più giovani. Quando la Bocconi ha deciso di investire sui temi legati all’intelligenza artificiale, lo ha fatto per rispondere a tre tipi di esigenze: la prima, fare ricerca orientata alla società e alle aziende, integrando le scienze computazionali di cui l’intelligenza artificiale è la parte più di frontiera; la seconda è, appunto, rispondere alla richiesta delle nuove generazioni di studiare elementi innovativi; la terza, ma non ultima, è dare seguito alla domanda, che oggi è molto forte, di figure formate sull’intelligenza artificiale.

Qual è l’impostazione del master?

Il nostro master of science in artificial intelligence (interamente in inglese) è una laurea magistrale, quindi un programma biennale, che conclude idealmente il percorso iniziato dalla laurea triennale in metodi matematici e computazionali per l’intelligenza artificiale che a luglio vedrà i primi studenti laurearsi. I contenuti del master of science sono avanzati e spaziano dagli aspetti della fisica teorica ai metodi della statistica computazionale, fino a quelli matematico-computazionali. Pensiamo alla crittografia, per esempio, e alla potenziale scelta di applicazioni in ambito economico, aziendale o scientifico. Abbiamo, inoltre, corsi che si interfacciano con la parte di salute, con la finanza o con l’analisi dati.

La rapidità con cui le strutture accademiche si adeguano all’evoluzione dei mercati è fondamentale per l’occupabilità. Come alimentare questo processo di modernizzazione del sistema?

Il bilanciamento non è semplicissimo, perché, se è vero che c’è una domanda di occupabilità da parte del sistema economico, tuttavia l’università deve essere in grado di adeguare i propri programmi sui trend di medio-lungo periodo. Dobbiamo avere la capacità, come sistema e come università, di pensare con un approccio ‘a prova di futuro’ per formare ragazzi alle nuove professioni. Esploriamo i nuovi temi investendo su professori in linea con questa strategia; interagiamo con le aziende che ci chiedono figure professionali specifiche, ma non facciamo un targeting chirurgico. Dobbiamo capire quali resisteranno nel medio-lungo periodo e su queste andare avanti.

Quali sono le direttrici sulle quali si caratterizzerà il suo mandato da rettore? 

La Bocconi è un’istituzione no-profit che si regge prevalentemente su risorse generate dalla propria comunità. Abbiamo contributi pubblici, ma sono in quota limitata rispetto a quello che arriva dai nostri partner o dalla competizione sul mercato della ricerca scientifica, per esempio. Un aspetto importante del mio mandato sarà aumentare ulteriormente l’accessibilità alla Bocconi per chi la merita, correlandola il meno possibile con la capacità economica della famiglia. Inclusione per noi vuol dire mobilità sociale: la Bocconi non è una torre d’avorio; non accoglie solo ‘figli di papà’. L’università è un campus vivo e dobbiamo assicurare che tutte le persone si sentano incluse. Per questo abbiamo nominato una prorettrice che si occupa proprio di diversità, inclusione e sostenibilità e stiamo lavorando molto su questi aspetti, considerandoli durante tutto il percorso accademico degli studenti. Un altro fronte su cui insisterò durante il mio mandato è quello delle scienze cognitive, che per la Bocconi rappresenta un elemento strategico: ci interessa studiare il modo in cui cittadini e consumatori prendono le loro decisioni. E, dalla ricerca accademica, poter poi trasmettere questa conoscenza nella didattica.

Tra gli obiettivi c’è anche presidiare la reputazione internazionale?

Abbiamo questa doppia natura di istituzione che vuole contribuire allo sviluppo del Paese e di istituzione profondamente europea e globale. Abbiamo partnership a livello sia nazionale, sia internazionale e ci confrontiamo con le migliori università mondiali. Per questo aumenta costantemente la domanda da parte degli studenti internazionali di studiare a Milano nel nostro campus, ma anche di professori che ci scelgono per la qualità della nostra ricerca.Oltre che nei ranking generali, ci siamo affermati anche in quelli legati a programmi specifici: il mba, il master in business administration, è tra i migliori al mondo e di questo siamo molto orgogliosi. È uno degli aspetti di reputazione fondamentali che vogliamo continuare a presidiare e migliorare e lo faremo anche con uno spostamento ancora più accentuato verso i programmi in lingua inglese.

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