medicina olistica
Cultura

Cura spirituale, medicina olistica e intelligenza artificiale: le nuove frontiere della religione nel settore healthcare

Dimitriis Xygalatas, ricercatore dell’Interacting Minds Centre dell’Università di Aarhus, nel suo libro Ritual racconta la storia dell’umanità tra natura e magia, incrocia psicologia cognitiva e comportamentale, sociologia e storia delle religioni per cercare di dare un senso al ruolo che i riti hanno nel raggiungimento della salute.

La pandemia di Covid-19 ha messo sotto una pressione globale senza precedenti i sistemi sanitari, le economie e le società di tutto il mondo. Se nel 2021 gli investimenti in digital health sembravano aver avuto un volano dalla situazione di difficoltà in cui versava la medicina tradizionale, nel 2022 gli stessi si sono quasi dimezzati: le analisi di Rock Health riportavano investimenti di circa 15,3 miliardi di dollari contro i 29,3 miliardi dell’anno precedente, mentre Finch Capital stimava in Europa un valore di 5 miliardi contro i (quasi) 10 del 2021.

Quello che è emerso durante la pandemia (ormai l’interazione tra malattia, fattori sociali e ambientali è data per scontata), è che oltre ai fattori noti e prevedibili nella gestione della salute personale e collettiva ce ne sono altri emergenti e non trascurabili, che hanno forse gettato il mercato nell’incertezza. In realtà gli studi sul benessere avevano da tempo identificato fattori non quantificabili, come la fede o la relazione con il divino, nelle sue forme sia immanenti che trascendenti. Oggi le ricerche sul ruolo degli aspetti spirituali nel sostenere la salute e addirittura l’efficienza (e l’efficacia) dei sistemi sanitari, sono studiati da più parti e sotto diversi punti di vista e prevedendo possibili applicazioni, anche di natura pedagogica.

Il progetto dell’Università di Torino

Il progetto Fctc (From cure to care, digital education and spiritual assistance in hospital healthcare) realizzato dall’Università di Torino, guidato dalla professoressa Stefania Palmisano, è stato finanziato tramite il programma Erasmus+ della Commissione Europea nella Call 2020 Round 1 KA2 – Cooperazione per l’innovazione e lo scambio di buone pratiche. Il suo obiettivo principale è stato quello di potenziare il curriculum dei futuri professionisti del settore sanitario, come infermieri, operatori socio-sanitari, esperti delle politiche sociali e altre figure, con competenze focalizzate su due aree che richiedono una particolare attenzione, ma che spesso vengono trascurate nei programmi di studio esistenti: la cura spirituale e l’alfabetizzazione digitale.

“Ritualità, indicazioni sull’alimentazione e sulle abitudini di respirazione e di movimento, ma anche e soprattutto lo spazio di relazione, incidono sulle aspettative e a catena sulle risposte emotive e fisiologiche”, spiega Matteo Di Placido, ricercatore di UniTo. “Abbiamo creato un protocollo formativo professionalizzante per gli operatori sanitari che comprende discipline come sociologia, antropologia e medical humanities. Sono linee guida per superare l’idea del corpo oggettivato e accogliere la necessità umana di una visione olistica di corpo e spirito, nelle diverse declinazioni che le tante culture propongono”.

La pandemia ha generato un diffuso senso di paura, ansia, isolamento e incertezza esistenziale, che ha portato i pazienti ricoverati nelle terapie intensive e i loro familiari a richiedere un approccio olistico alla cura che tenga conto non solo degli aspetti fisici, ma anche di quelli psicosociali e spirituali.

Previsioni di mercato per la deep medicine

Le previsioni sull’industria globale della medicina olistica sono di 300 miliardi di dollari, come ricordano l’economista Raj Patel e il medico Rupa Marya nel loro libro Infiammazione, volume di riferimento della Deep Medicine intesa come approccio di cambiamento radicale del sistema di interrelazione tra biologia e sistemi politici ed economici. In realtà oggi si parla di deep medicine anche per indicare l’applicazione delle tecnologie e dei modelli di intelligenza artificiale (IA) nel campo della medicina e dell’assistenza sanitaria.

Intesa così, questa pratica si basa sull’uso di algoritmi complessi e di reti neurali profonde per analizzare grandi quantità di dati clinici, genomici, di imaging e di altre fonti pertinenti (ad esempio comportamenti e fattori di rischio), al fine di migliorare la diagnosi, il trattamento e la gestione delle malattie. Frontiere che comportano la necessità di competenze specifiche nell’interfacciarsi con nuovi strumenti. A oggi l’alfabetizzazione digitale degli infermieri è essenziale per semplificare processi amministrativi, fornire supporto nell’addestramento e migliorare la produttività. In futuro, vista l’accelerazione nello sviluppo di interfacce digitali, le competenze dovranno essere ancora più evolute e si può immaginare che i modelli linguistici possano essere inseriti come terapie.

La riscoperta del concetto di salvezza

Quello che è emerso durante la ricerca di Palmisano è che i pazienti non cercano nell’ospedale luoghi o supporto spirituale, perché la connessione con il proprio credo è comunitaria e si basa su dispositivi collettivi rodati e capaci di attivarsi e quindi hanno già il modo di restare in contatto con le persone di riferimento (soprattutto nelle comunità più praticanti). La religione e la spiritualità hanno per buona parte a che fare con la costruzione del senso e la rottura che la malattia dà alla percezione di integrità della persona viene più facilmente superata se ci si trova all’interno di sistemi che prevedono pratiche di salvezza.

Il ruolo che la suggestione ha, tra gli altri fattori, nella medicina, è stato affrontato durante il convegno di Amisi (Associazione Medica Italiana per lo Studio della Ipnosi) e della Società Italiana di Ipnosi Clinica. Quando si parla di suggestione si parla in realtà di stati modificati (o espansi) di coscienza che danno accesso alla persona a strumenti di autoguarigione, spesso situati nella parte inconscia. Tornando alla ricerca di UniTo, va aggiunto che essa dimostra che il paziente ha bisogno di spazio di relazione sereno in cui poter attingere autonomamente alle proprie risorse personali di facilitazione alla guarigione, e una fede o un atteggiamento spirituale capace di dare senso agli eventi agisce sul sistema Pnei (Psiconeuroendocrinoimmunologia).

Il ruolo della spiritualità nella medicina occidentale

Il suggerimento emerso dai diversi studi è che per comprendere appieno l’attuale importanza della spiritualità nel campo della salute sia fondamentale superarne la visione prettamente logico/razionale dominante nella letteratura medico-infermieristica. Rispetto ad altre culture, che hanno mantenuto il nesso tra salvezza e salute, la medicina occidentale è un’eccezione in quanto la sua storia è caratterizzata, nelle sue versioni più ortodosse, dalla radicale opposizione tra il discorso scientifico e quello spirituale/religioso, e di conseguenza tra l’intervento clinico standardizzato e la “cura dell’anima”.

Come sottolineano Di Placido e Palmisano in un loro scritto in uscita su una rivista specialistica, il rischio è la sostituzione del sacerdote con il medico e una sacralizzazione della medicina che porti anche a una responsabilizzazione eccessiva (con conseguente burnout) di chi lavora in sanità (un problema sempre più denunciato che porta ad aumenti di costi esponenziali in sanità).

I progetti delle startup

Quello che ormai è certo è che il sistema nervoso e il sistema immunitario sono collegati. In che modo sia possibile (e lecito) agire sul sistema nervoso per sostenere il sistema immunitario è il grande tema, anche economico, come dimostrano startup, tra le tante, come Neuvana o Nu Calm, fino a Plexon e Neuronex, che creano apparecchiature per registrare segnali bioelettrici del sistema nervoso.
Dalla ricerca di Corticale (startup di IIT diretta concorrente di Neuralink, che ha ottenuto 2 milioni di euro di finanziamento) è nata SiNAPS che tramite dispositivi impiantabili dotati di migliaia di sensori neurali e grandi quanto un capello, monitora l’attività bioelettrica di un numero incredibilmente elevato di neuroni in diversi circuiti cerebrali, promettendo di leggere l’invisibile.

Il ruolo dell’intelligenza artificiale

Dopo che con l’AI si sono tentate applicazioni in psicologia (già nel 1966 Joseph Weizenbaum scrisse il programma Eliza, un simulatore del comportamento di uno psicologo Rogersiano), ci si chiede se verrà tentato uno sconfinamento nel sacro, o se si adotteranno strumenti a esso riferiti, sfruttando i moderni modelli di linguaggio generativo e ambienti virtuali. Come ricordano i filosofi della mente, un’immersione profonda in ambiente virtuale implica una egualmente profonda alterazione della consapevolezza di sé. L’ambiente virtuale provoca quindi stati modificati di coscienza che sono alla base delle esperienze di suggestione (terapeutica o meno).

I critici di queste frontiere avvertono dell’inutilità o addirittura della pericolosità di questa ipotesi, essendo un’imitazione riduzionista di dispositivi di relazione tra la persona e il suo ambiente sociale e naturale di cui ancora non sappiamo tutto.

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