Articolo tratto dal numero di luglio 2023 di Forbes Italia. Abbonati!
Che anno il 2023 per Jensen Huang! In febbraio ha celebrato il suo 60esimo compleanno, in aprile il 30esimo di Nvidia, l’azienda che ha fondato e che in maggio ha superato i 1.000 miliardi di dollari di valutazione, il primo produttore di chip al mondo a raggiungere questo risultato, entrando così nel ristretto club di cui fanno parte società come Apple, Microsoft e Amazon.
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Lo tsunami dell’IA
Dietro e dentro la storia di Huang non ci sono solo un altro sogno americano che si realizza e la forza di una visione imprenditoriale che si afferma, ma anche il segnale della forza di quello tsunami chiamato intelligenza artificiale e della direzione verso cui sta andando il valore in un’economia sempre più segnata dalle tecnologie digitali.
Che cosa sta succedendo? La risposta in un fatto: in giugno, a soli due mesi dalla nascita, Mistral Ai, una startup francese che vuole fare concorrenza a OpenAI, ha chiuso un finanziamento di 105 milioni a cui ha partecipato anche la famiglia Agnelli. È ChatGpt mania? Probabilmente. A che cosa serviranno quei soldi? A comprare gpu. E chi fa le gpu, le schede grafiche con grandi capacità di calcolo? Nvidia, la società di cui Huang è presidente e ceo. E certamente non ci sono solo le startup a dover risolvere questioni digitali.
La storia di Huang
“La tecnologia non è solo un’industria, è una forza che cambia il mondo. Sta creando nuove opportunità e risolvendo problemi che una volta sembravano insormontabili”, ha detto Huang. A lui la tecnologia ha certamente cambiato la vita. Ancora bambino si è spostato da Taiwan all’Oregon negli Stati Uniti. Non è stato facile ambientarsi nel nuovo mondo, era introverso, trascorreva il suo tempo con i videogiochi, si dedicava alla programmazione e a 14 anni costruì il suo primo computer.
Inevitabile studiare ingegneria, poi fare un master a Stanford e cominciare a lavorare per aziende come Amd e Lsi, che diventarono sue concorrenti quando nel 1993 fondò, con Chris Malachowsky e Curtis Priem, Nvidia. Ovviamente a Santa Clara, Silicon Valley. Pensava ancora ai videogiochi e a un processore ad alte prestazioni per farli girare meglio: il nome nasce dalla fusione ‘alterata’ di nihil (‘niente’ in latino) e video.
Le gpu (graphic processor unit) di Nvidia conquistarono il mercato, ma restarono in qualche modo confinate nel mercato dei gamer. Fino a quando, la scorsa primavera, la società non ha presentato previsioni di crescita che hanno fatto impazzire gli analisti non appena hanno collegato quel prodotto alla febbre da intelligenza artificiale. Il titolo è partito come un razzo: all’inizio del 2023 quotava 140 dollari, a fine maggio sfiorava i 400.
Mai visto un rally come questo, tutto in salita. In un solo giorno Huang, che ha uno stipendio di circa 20 milioni di dollari l’anno, ha visto crescere il suo patrimonio di 6,2 miliardi di dollari e Nvidia è stata consacrata motore della rivoluzione prossima ventura, perché l’intelligenza artificiale funziona solo se c’è a disposizione una grande capacità di calcolo.
Dai videogiochi all’IA
Dai videogiochi, quindi, Huang è passato alle fabbriche digitali, alle auto a guida autonoma, a qualsiasi cosa si possa fare con un software capace di gestire tonnellate di dati. Come dice Marc Andreessen, guru americano della tecnologia e fondatore del primo browser per navigare sul web, l’intelligenza artificiale è “l’applicazione di matematica e programmazione per insegnare ai computer come capire, sintetizzare e generare conoscenza in modi simili agli umani. È un programma come un altro”.
Solo che questo programma deve essere in grado elaborare quantità di informazioni mai viste prima. ChatGpt3, che non è l’ultima versione della piattaforma di OpenAI, lavora sulla base di 175 miliardi di parametri ed è stato addestrato con circa 570 gigabyte di dati. Per poter produrre in tempi veloci contenuti e altro con tutte queste informazioni servono supercomputer e Huang ha presentato il suo, pensato per l’Ia generativa: il Dgx Gh200, che permetterà di rendere sempre più ‘umani’ nei videogiochi gli Npc, i non player character, cioè i personaggi controllati dal gioco stesso, ma anche di gestire fabbriche digitali.
Bill Gates sostiene che stiamo andando velocemente verso una rivoluzione, che forse in Italia facciamo fatica a percepire vista la limitata quantità di investimenti (400 milioni di euro nel 2022 con la previsione di arrivare a 700 nel 2025, secondo Anitec-Assinform, la Confindustria del settore). Avremo tutti un assistente personale gestito dall’intelligenza artificiale, dice il fondatore di Microsoft, nel lavoro e nella vita privata. Come lo smartphone, insomma, ma capace di fare molte più cose di quelle che adesso possiamo immaginare.
Come in tutte le rivoluzioni, non mancano i rischi. Jensen Huang dà la linea, anche su questo fronte. “L’intelligenza artificiale è una tecnologia che richiede una grande responsabilità. Dobbiamo usarla per il bene dell’umanità e per migliorare il mondo in cui viviamo”. A metà giugno il Parlamento europeo, primo al mondo, ha approvato un regolamento sull’Ia. Ma molto dipenderà dalle scelte dei giganti hi-tech in un mercato che va veloce. Intanto Huang ha già donato 30 milioni di dollari alla Stanford University per creare un centro di ricerca sull’intelligenza artificiale e con la sua Fondazione finanzia progetti educativi in tutto il mondo.
Icona di stile
Dal 2013 Huang indossa sempre un giubbotto di pelle, che è diventato il suo elemento distintivo come il collo alto di Steve Jobs. Addirittura online si trovano siti che vendono Huang Style Jacket. Lo indossava alla festa per l’exploit in Borsa e all’incontro con gli studenti dell’università di Taipei, nel suo paese di origine, a cui ha fatto un discorso alla Jobs, ha raccontato i suoi errori (un contratto sbagliato con Sega, la creazione di un processore parallelo, l’ingresso nel mercato degli smartphone). E poi ha detto: “Ricordate: o state correndo per il cibo o per non diventare prede, e spesso non riuscite a capire quale sia la vostra posizione. In ogni caso correte, non camminate”. Quindi, mettiamoci a correre.
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