La prossima potenza spaziale che si appresta a sfidare le insidie dell’allunaggio è l’India con la missione Chandrayaan-3, partita il 14 luglio dalla base di Sriharikota. La missione impiegherà circa 40 giorni a raggiungere la posizione corretta per l’allunaggio, perché segue una traiettoria a basso consumo di carburante che descrive orbite ellittiche sempre più allungate intorno alla Terra fino a raggiungere la Luna e a farsi catturare su un’orbita che sarà via via abbassata e circolarizzata.
La missione è composta da un orbiter e da un lander, completo di un piccolo rover, che, se tutto andrà bene, opereranno sulla superficie lunare per quattordici giorni, cioè per il periodo di insolazione del giorno lunare, che ha due settimane di luce e due di buio. Lander e rover non sono equipaggiati per resistere alla lunga e gelida notte lunare, mentre l’orbiter, esaurita la sua funzione di ponte radio, continuerà la sua missione scientifica incentrata sulla ricerca di pianeti extrasolari.
La sonda in viaggio è una copia modificata e corretta della precedente missione, Chandrayaan-2, che ha finito in modo inglorioso la sua avventura il 6 settembre del 2019, andando a schiantarsi a causa di un malfunzionamento del software di controllo dell’allunaggio. I resti dell’impatto sono stati localizzati confrontando le immagini della regione ottenute dal Lunar Reconnaissance Orbiter della Nasa prima e dopo il 6 settembre 2019.
Is this Vikram lander? (1 km from the landing spot) Lander might have been buried in Lunar sand? @LRO_NASA @NASA @isro #Chandrayaan2 #vikramlanderfound #VikramLander pic.twitter.com/FTj9G6au9x
— Shan (Shanmuga Subramanian) (@Ramanean) October 3, 2019
Imparata a caro prezzo la lezione, adesso l’Agenzia spaziale indiana, Isro, è convinta di farcela. Posarsi dolcemente sul suolo lunare, manovra che fino a oggi è riuscita solo a Unione Sovietica, Stati Uniti e Cina, sarebbe un motivo di soddisfazione enorme per un Paese che vive lo spazio in un’ottica di orgoglio nazionale. Il momento della verità sarà fra il 23 e il 24 agosto quando, dopo avere raggiunto l’orbita circolare a circa 100 chilometri di distanza dalla superficie lunare, il lander effettuerà la manovra di allunaggio per raggiungere il polo sud, l’eldorado della nuova corsa alla Luna, grazie all’abbondante presenza di ghiaccio nei crateri perennemente in ombra.
La data dell’allunaggio non è negoziabile, perché il lander deve sfruttare appieno un intero giorno lunare, lungo quattordici dei giorni terrestri. Se qualcosa non andasse per il verso giusto ad agosto, si dovrà lasciar passare un giorno lunare e riprovare la manovra al nuovo sorgere del sole. Di certo, nel momento della verità, il premier indiano, Norendra Modi, che ha vissuto in diretta il fiasco di Chandrayaan-2, sarà al centro di controllo, per testimoniare l’importanza che il governo attribuisce al programma extra-atmosferico.
Chandrayaan-3 è stato il 124esimo satellite nazionale lanciato l’Isro, un’agenzia di grande affidabilità anche grazie ai suoi lanciatori potenti ed efficaci. Lungi dal criticare le spese spaziali, la popolazione ne è orgogliosa e considera le missioni lunari quelle più meritevoli di attenzione. Ciò non toglie che nulla abbia eguagliato l’interesse per il Mars Orbiter Mission (Mom), che ha concluso l’anno scorso la sua attività in orbita marziana.
Proprio il Mom testimonia l’attenzione che il premier indiano riserva al programma spaziale: il 24 settembre del 2014 i bambini indiani si sono dovuti presentare a scuola due ore prima del solito perché Modi aveva deciso che tutti dovessero guardare in diretta la manovra di inserzione in orbita della sonda, per ricordarsene ed essere fieri della scienza nazionale. Per gli standard occidentali, con un costo di 75 milioni di dollari, si trattava di un progetto low-cost (Modi fece notare fosse più economico del film Gravity), ma MOM è stata una missione di clamoroso successo.
Fino all’avvento di SpaceX, i lanciatori indiani sono stati fra i più competitivi. Inoltre, potendo vantare un tasso di successo del 95%, il premio per assicurare il carico utile su un lancio indiano si è dimezzato nel tempo. Economicità e sicurezza sono diventate le caratteristiche che hanno convinto agenzie spaziali e compagnie private ad acquistare i servizi di lancio forniti da Isro.
Una fiducia che anche l’Italia ha condiviso: nel 2007, dalla stessa base da dove è partito Chandrayaan-3, decollò il satellite “Agile” dell’Agenzia spaziale italiana. Dopo un lancio perfetto il nostro telescopio per raggi gamma iniziò la sua fortunata vita operativa, a oggi ininterrotta. Agile è stato uno degli oltre 400 satelliti stranieri (quindi paganti) lanciati da Isro. A fare lievitare i numeri sono i lanci multipli di cubesat come le tortore (Doves) della californiana Planet, che ha riempito l’ogiva del razzo indiano Pslv con 88 piccoli satelliti di osservazioni della Terra.
Con una richiesta di servizi di trasporto in crescita costante, Isro continua a essere uno dei player più importanti nel campo dei lanciatori. Anzi, la crisi internazionale, che impedisce ad agenzie e compagnie private occidentali di utilizzare i vettori russi, favorisce il mercato dei lanciatori di Nuova Dehli. Non è un caso se, preclusa la possibilità di andare nello spazio a bordo di Soyuz russi, Oneweb si sia si è rivolta all’India per lanciare i satelliti della sua costellazione deputati a fornire internet dall’orbita terrestre.
In India, spazio significa orgoglio nazionale, ma anche un ottimo business.
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