Timur Turlov Freedom Holding
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Dopo Gautam Adani e Carl Icahn, Hindenburg Research attacca un altro miliardario: ecco chi è

Questo articolo è apparso su Forbes.com

Hindenburg Research, società specializzata nella vendita di titoli allo scoperto, ha pubblicato un nuovo rapporto in cui accusa Freedom Holding, azienda di servizi finanziari quotata al Nasdaq, con sede centrale in Kazakistan, di svariate attività fraudolente e illegali.

Hindenburg ha omesso una cosa: il fondatore di Freedom Holding, Timur Turlov, 35 anni, è nella classifica dei miliardari di Forbes dal 2021. Il suo patrimonio, al momento della chiusura delle borse di mercoledì, era di 3,1 miliardi di dollari, ovvero 200 milioni in meno rispetto a lunedì. Nel 2021 Forbes ha evidenziato l’ascesa – apparentemente inspiegabile – del prezzo delle azioni di Freedom Holding, oltre ad alcuni particolari allarmanti sul modo in cui svolgeva le sue operazioni.

Secondo Hindenburg Research, Freedom Finance, il broker della compagnia, avrebbe eluso le sanzioni stabilite da Stati Uniti ed Europa dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin, continuando a servire clienti russi. Addirittura, avrebbe continuato a fare affari con i clienti di società colpite da sanzioni specifiche. (Nel report annuale pubblicato questo mese, l’azienda ha ammesso di avere fornito “servizio di brokeraggio ad alcuni individui ed entità soggetti a sanzioni”).

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Le accuse di Hindenburg Research

Hindenburg Research accusa anche Freedom Holding di “falsificare i ricavi”, di manipolare il prezzo delle sue azioni e di avere mescolato i fondi dei clienti. “Nel complesso, Freedom Holding ha mostrato una serie impressionante di segnali d’allarme relativi praticamente a ogni categoria di illeciti finanziari meritevole di investigazione”, scrive Hindenburg, che ha adottato una posizione ‘corta’ sulle azioni della società.

Martedì 15 agosto, giorno della pubblicazione del rapporto, le azioni di Freedom hanno perso il 3,2%. La capitalizzazione di mercato è scesa così a poco meno di 4,4 miliardi di dollari. Turlov possiede una quota superiore al 70%, il che significa che il titolo non è molto sensibile al sentimento generale degli investitori.

“Le accuse contenute nel rapporto di Hindenburg sono prive di fondamento”, ha dichiarato a Forbes, via e-mail, un portavoce della società. “Freedom Holding e le sue controllate continuano a fornire tutte le informazioni necessarie ai regolatori e agli investitori, che possono esaminare il nostro documento 10-K (un documento che le società statunitensi sono tenute a presentare al termine dell’anno fiscale, ndt) e i bilanci certificati sul nostro sito web”.

I guai di Freedom Holding

Freedom Holding, come sanno bene coloro che hanno seguito la sua storia, ha già avuto diversi problemi nell’ultimo anno. A dicembre il precedente revisore della società – Wsrp, una piccola azienda dello Utah – è stato sanzionato dal Public Company Accounting Oversight Board (società senza scopo di lucro istituita dal Congresso statunitense, ndt) per non avere “indagato sullo scopo di… transazioni delle parti correlate”. Freedom ha anche dovuto rivedere la dichiarazione degli utili del 2022 e tre rapporti trimestrali (quello per il quarto trimestre del 2021 e quelli per il secondo e il terzo trimestre del 2022). Dal 15 giugno di quest’anno il Nasdaq minaccia il delisting della società.

Quando Forbes ha scritto per la prima volta di Freedom, più di due anni fa, l’ascesa vertiginosa del titolo aveva proiettato nella classifica dei miliardari Turlov, fondatore e amministratore delegato, originario della Russia, amante dei dolcevita neri e delle dichiarazioni alla stampa americana. La società, che in precedenza scambiava sul mercato over the counter statunitense, si è quotata al Nasdaq nell’ottobre del 2019. Come Turlov ha dichiarato a Forbes in un’intervista di quasi due ore, in cui ha parlato dalla sua casa di Almaty, in Kazakistan: “Ero determinato a rendere l’azienda abbastanza valida da potersi quotare alla Borsa americana. Perché quello è il massimo nel nostro mondo”.

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Che cosa succede in Freedom Holding

Nelle ultime settimane, ex dipendenti e analisti di Freedom Finance hanno riferito a Forbes le loro impressioni e le loro esperienze. Alcuni hanno corroborato le affermazioni fatte di recente da Hindenburg Research, mentre altri hanno fornito nuove rivelazioni sulla cultura del lavoro dell’azienda e sul suo ambiente tossico.

“Sono arrivati come cowboy, cowboy selvaggi”, ha raccontato qualche settimana fa a Forbes un ex dirigente di Freedom che lavorava a Dubai e ha chiesto di restare anonimo per poter parlare apertamente. “Cercavano soprattutto fondi neri, fondi oscuri, fondi non dichiarati, per travasarli sui mercati azionari come già avevano fatto con successo in Russia. Una volta che entri nel mondo dei fondi non dichiarati, potresti trovarci qualsiasi cosa, soprattutto in un mercato come Dubai. Potrebbero essere soldi dei terroristi, potrebbero essere soldi di organizzazioni criminali. Tutto si confonde”.

Lo stesso ex dipendente dice che Freedom non gli ha dato i soldi che gli doveva. “Dicevano: ‘Appena sarà pronta la licenza, potremo aprire i nostri conti a Dubai e riceverai quello che ti dobbiamo’. Mi hanno versato circa 5mila dollari in sei mesi, mentre mi dovevano più o meno quella cifra al mese”, ha ricordato. Forbes ha avuto modo di esaminare il suo contratto. “Mi devono ancora otto mesi di stipendio”.

Un ambiente di lavoro tossico

Un secondo ex dipendente di Freedom Finance, che ha lavorato nell’ufficio di Cipro, assieme ad altre 300 persone, non sapeva nulla dei requisiti know your customer (il processo di riconoscimento per verificare l’identità dei clienti e valutare rischi o potenziali intenzioni illegali, ndt) della società, che secondo i critici sarebbero piuttosto dubbi. In compenso, aveva parecchie cose da dire sul suo ambiente di lavoro tossico.

“Ho subito così tanti maltrattamenti e ho subito così tanta manipolazione psicologica che è stato molto, molto difficile per me resistere”, racconta l’ex dipendente, che ha lavorato nel ramo finanziario e riferisce di avere ricevuto una mole di lavoro doppia rispetto a quelle dei colleghi e di essere stato, nonostante questo, sminuito dai superiori. “Volevano dimostrarmi che ero il peggiore, che non ero degno di lavorare lì. È stata un’esperienza terribile”. L’uomo se n’è andato dopo sei mesi.

Il sistema per “aggirare le sanzioni alla Russia”

Altri ex dipendenti si sono trovati meglio. “È stato uno dei posti migliori in cui abbia lavorato”, dice un ex dirigente di alto livello, sempre dell’ufficio di Cipro. “Le persone erano gentilissime”. Si aveva l’impressione che in azienda ci fosse qualcosa di strano? Assolutamente no: “Era tutto molto chiaro. Non ho visto niente di strano. Sono una persona che si fa tante domande, ma no, andava tutto bene. Andava tutto bene”.

Forse, però, questa opinione va presa con un po’ di cautela – o anche con parecchia cautela -. Dopo avere lasciato Freedom Finance, questo ex dirigente (che ha chiesto a Forbes di non citare il suo nome) ha lavorato nel ramo di investimenti sul mercato azionario di Alfa Bank, la più grande banca privata russa, sanzionata dall’Unione europea e dagli Stati Uniti. Alfa Bank è menzionata a più riprese nell’atto d’accusa di Hinbenburg. Freedom “continua a offrire ai clienti sistemi per aggirare le sanzioni tramite Alfa Bank”, si legge nel rapporto.

“Non rilasceremmo mai un commento su questioni che riguardano i dipendenti”, ha dichiarato un portavoce di Freedom Holding.

La storia di Timur Turlov

Turlov ha iniziato a lavorare nel mondo della finanza quasi 20 anni fa. Nel 2023, a 16 anni, si candidò a un posto come junior trader part-time in una società di Mosca. Due anni dopo, come ha raccontato a Forbes nel 2021, andò in un’altra banca, per la quale investiva sui mercati americani. Quando perse quel lavoro, con l’arrivo della Grande Recessione, Turlov e una mezza dozzina di suoi colleghi avviarono l’azienda che sarebbe diventata Freedom.

Il gruppo si è insediato ad Almaty, in Kazakistan, e da lì si è allargato ad altri paesi dell’Europa orientale. L’ingresso di Turlov sul mercato statunitense è avvenuto nel 2015, quando la società ha completato una fusione inversa con Bmb Munai, una società del Nevada che possedeva asset kazaki nel petrolio e nel gas. Il presidente di Bmb, Askar Tashtitov, è rimasto in Freedom con la carica di presidente.

Per Turlov, la quotazione del 2019 ha rappresentato il coronamento di un sogno. “All’inizio della mia carriera, non mi sarei mai aspettato di creare una società di cui si scambia un milione di azioni al giorno”, ha detto a Forbes.

Strani veicoli di investimento

La trasformazione in società quotata, però, ha esposto agli investitori la curiosa struttura di Freedom Finance. Uno degli elementi che hanno suscitato più perplessità è Ffin Belize, una società di brokeraggio con sede in Belize, entità terza che gestisce tutte le transazioni azionarie statunitensi dei clienti di Freedom e che è interamente di proprietà di Turlov. Nel 2021 lo stesso Turlov ha spiegato che la società offshore era dovuta a un problema di regolamentazione in Kazakistan. Secondo Hindenburg, che cita ex dirigenti della società, Ffin Belize è stata usata in realtà per “far fluire denaro fuori dalla Russia, spesso in contanti, senza alcun riguardo per i protocolli antiriciclaggio statunitensi”.

Un’altra curiosità legata a Freedom riguarda una delle sue principali attrattive per i clienti internazionali: la società dovrebbe avere accesso alle azioni delle Ipo americane. Il segreto, ha dichiarato Freedom a Bloomberg e ad altre testate, era un non meglio identificato hedge fund che comprava titoli direttamente dai sottoscrittori delle Ipo e poi girava le azioni a Freedom, tramite la sua affiliata del Belize, e ai clienti della società.

Quell’hedge fund, però, potrebbe non esistere affatto, sostiene Hindenburg, che cita membri della società. Anche Jay Ritter, professore della University of Washington che studia le Ipo, è scettico sull’esistenza del veicolo d’investimento. “Le allocazioni agli hedge fund non vengono nascoste”, ha detto a Forbes qualche settimana fa. “Non ci sono investimenti pre-Ipo. Tutto è fatto in modo trasparente. Questa è storia è molto sospetta”.

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