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Quali sono le potenzialità dell’economia circolare in Italia: a tu per tu con Davide Chiaroni del Politecnico di Milano

Articolo tratto dallo speciale Economia circolare del numero di agosto 2023 di Forbes Italia. Abbonati!

“In una società alla disperata ricerca di sostenibilità…”. Si presenta così il libro L’impresa circolare di Davide Chiaroni, professore ordinario di strategia e marketing al Politecnico di Milano e fondatore dell’Osservatorio sull’economia circolare dell’ateneo. Idee chiare e tanti dati per suffragarle.

14 miliardi di risparmio in un anno. La cifra è enorme, ma si può fare di più?

Senz’altro. Analizzando le potenzialità di applicazione dell’economia circolare al nostro sistema paese, superiamo i 100 miliardi di euro di possibili risparmi all’anno. I 90 miliardi che mancano all’appello sono una combinazione di due fattori: l’assenza di diffusione dell’economia circolare in diversi ambiti e comparti e il fatto che ancora oggi chi applica le regole dell’economia circolare lo fa, ma non al massimo livello.

Dal Politecnico di Milano parte una ricerca che ha lo scopo di creare questa cultura. Quali sono le caratteristiche della struttura della ricerca?

Abbiamo costruito il nostro Circular Economy Report in base a due principi. Il primo è parlare direttamente con le imprese, attraverso una campagna di 200 interviste all’anno che ci permette di toccare con mano quello che succede. Il secondo è definire le pratiche in atto. Quindi non ci siamo fermati alla superficie, ma abbiamo cercato di comprendere cosa facciano davvero le imprese e quali siano le ricadute.

Parliamo della metodologia.

Prima di tutto abbiamo costruito un modello di valutazione dell’economia circolare che si basa sull’identificazione di una decina di pratiche, che vanno dal riciclo al riuso, fino alla rilavorazione. Poi abbiamo definito uno strumento di rilevazione che ci dice che cosa fanno davvero le imprese quando parlano di economia circolare. Abbiamo incrociato i dati sulle pratiche adottate con informazioni sugli investimenti realizzati dalle imprese, e da qui abbiamo dedotto quanti soldi e risorse le imprese mettono al servizio di questa transizione. Il terzo aspetto rilevante è chiedere alle aziende anche un’indicazione sulle barriere e le opportunità che vedono nell’economia circolare, per permetterci di costruire una mappa che da un lato ci dice come sono distribuite le pratiche di adozione, dall’altro quante risorse sono state messe a disposizione. Infine, ci siamo occupati delle barriere normative che ostacolano l’adozione dell’economia circolare, dandone una quantificazione precisa. Usiamo una scala che va da uno a cinque, che ci permette anche di quantificare e qualificare meglio che cosa è stato fatto finora e di misurare il gap rispetto alle potenzialità.

Quali sono i settori che danno il maggiore contributo al sistema dell’economia circolare?

I settori più avanti su questo fronte sono il food and beverage e l’impiantistica industriale. Un fatto interessante, perché sono due mondi molto diversi per dinamica della domanda e per attività. Il primo ragiona più sul packaging e la gestione della vita del prodotto, il secondo più sulla rilavorazione e il riutilizzo. Entrambe ci danno uno spaccato di quanto si possa fare.

Qual è il grado di sensibilità delle aziende italiane ai temi dell’economia circolare?

Nel nostro campione ci sono gli irriducibili che ci dicono: ‘Non abbiamo adottato pratiche di economia circolare e nemmeno intendiamo adottarle in futuro’. La quota di questi scettici, però, è scesa dal 40% dello scorso anno al 30% dell’ultima rilevazione. C’è quindi una maggiore sensibilità, anche se la fetta di scettici è ancora cospicua. L’altro numero, che abbiamo valutato su una scala da uno a cinque, è: quanto le imprese che adottano pratiche di economia circolare si sentano circolari? La media è di poco superiore al due, quindi le aziende stesse riconoscono di essere ancora lontane dallo sfruttare appieno le potenzialità dell’economia circolare. Questo numero, però, è in crescita. Lentamente, ma progressivamente, la sensibilità aumenta.

Quali sono le ricadute positive dell’economia circolare?

La prima è la riduzione delle emissioni. L’economia circolare riduce le risorse necessarie e allunga la vita dei prodotti. Abbiamo stimato che il potenziale di riduzione complessivo è di 1,9 milioni di tonnellate di CO2. Lo spazio di sviluppo è significativo e ci dimostra come l’economia circolare possa essere un fattore importante per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione. L’altro elemento è la riduzione del consumo di risorse: abbiamo stimato che, se si applicasse in maniera rigorosa l’economia circolare al settore delle costruzioni, l’utilizzo di risorse diminuirebbe del 15%.

Qual è la ricaduta sociale?

L’economia circolare ha un grande vantaggio per un paese come il nostro: è un’economia che avvicina il valore alla domanda. Un’economia dei servizi richiede la presenza territoriale per gestire le attività di riconfigurazione, recupero e rilavorazione che è alla base del modello dell’economia circolare. A Torino, per esempio, per la riconfigurazione degli elettrodomestici hanno coinvolto il sistema carcerario.

Quali segnali arrivano dal mondo della finanza?

La finanza si è mossa in modo molto deciso, soprattutto negli ultimi due o tre anni, per spingere l’economia circolare, con sistemi dedicati di investimento che nel nostro paese superano i 15 miliardi di euro. Una cifra consistente, che ha spinto i mercati a premiare gli investimenti esg. Una crescita che, paradossalmente, ha superato quella della volontà di investimento delle imprese.

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