digital markets acts
Business

L’Ue individua le 6 Big Tech che dovranno rispettare gli obblighi della Digital Markets Acts

“Aprire le porte di Internet”, così da garantire “più scelta per i consumatori e meno ostacoli per i competitor più piccoli”. È con questo obiettivo, annunciato in una nota ufficiale da Thierry Breton, Commissario per il Mercato interno dell’Ue che è nata la Digital Markets Acts, la normativa sui mercati digitali che mira a renderli equi e aperti. Mettendo così anche un freno allo ‘strapotere’ delle big tech. O di quelle che la stessa Commissione europea ha identificato, dopo una revisione di 45 giorni, come ‘gatekeeper”, ossia quelle piattaforme online di grandi dimensioni che esercitano una funzione di controllo dell’accesso a Internet. Stiamo parlando di Alphabet, Amazon, Apple, ByteDance, Meta, Microsoft. Salva invece Samsung, che invece era presente all’inizio della revisione.

“Con l’elenco odierno stiamo finalmente frenando il potere economico di 6 gatekeeper, offrendo più scelta ai consumatori e creando nuove opportunità per le piccole aziende tecnologiche innovative, grazie ad esempio all’interoperabilità, al sideloading, alla portabilità dei dati in tempo reale e all’equità. Finalmente l’Europa ha stabilito in anticipo le regole del gioco, per garantire che i mercati digitali fossero equi e aperti”, ha aggiunto Thierry Breton.

Digital Markets Acts: i servizi forniti dai gatekeeper

Nello specifico, in base a quanto previsto dalla Digital Markets Acts, le sei aziende individuate dalla Commissione operano in otto settori diversi, fornendo – attraverso delle piattaforme proprietarie – diversi servizi. Ecco i 22 individuati: social network (Tiktok, Facebook, Instagram, Linkedin), servizi di intermediazione (Google Maps, Google Play, Google Shopping, Amazon Marketplace, App Store, Meta Marketplace), condivisione di video (Youtube), sistemi di comunicazione (WhatsApp e Messenger), pubblicità (Google, Amazon, e Meta), sistemi operativi (Google Android, iOS, Windows PC OS), di di ricerca (Google Search), e programmi di navigazione (Chrome e Safari).

E se adesso i sei gatekeeper avranno sei mesi per garantire il pieno rispetto degli obblighi previsti dal Digital Market Acts, parallalemente la Commissione ha avviato quattro indagini di mercato per valutare ulteriormente le argomentazioni di Microsoft e Apple secondo le quali alcuni dei servizi principali delle loro piattaforme non si qualificano come ‘gateway’. Stiamo parlando di Bing, Edge e Advertising per Microsoft, mentre iMessage per Apple. Proprio riguardo Apple, peraltro, la Commissione ha avviato un’indagine di mercato per valutare ulteriormente se iPadOS di Apple debba essere identificato come gatekeeper.

Invece, anche se Gmail, Outlook.com e Samsung Internet Browser rientrano nella soglia identificata dalla Digital Markets Acts per essere identificati come gatekeeper, tuttavia la Commissione ha evidenziato che “Alphabet, Microsoft e Samsung hanno fornito argomentazioni sufficientemente valide, dimostrando che tali servizi non si qualificano come gateway per i rispettivi servizi principali della piattaforma”.

Le violazioni

Nel caso in cui un gatekeeper non rispetti gli obblighi previsti dalla DMA, la Commissione può imporre sanzioni fino al 10% del fatturato totale mondiale dell’azienda, che può arrivare fino al 20% in caso di violazione ripetuta. In caso di violazioni sistematiche, la Commissione ha inoltre il potere di adottare rimedi aggiuntivi, come obbligare un gatekeeper a vendere un’impresa o parti di essa o vietargli di acquisire servizi aggiuntivi legati alla non conformità sistemica.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .

Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .