Strategia

Solo la metà dei lavoratori italiani è orgoglioso della propria azienda

Il rapporto con il lavoro è cambiato radicalmente, complici le nuove tecnologie e il cambio di rotta su convinzioni di lunga data riguardo il come e dove lavoriamo. Il nuovo modo di vivere il lavoro ha portato a fenomeni come il quiet quitting, ovvero la propensione a investire meno tempo e impegno nel lavoro, evitando implicazioni emotive o particolare coinvolgimento per tutelare il proprio benessere, e talvolta ha determinato anche notevoli difficoltà nel tornare al lavoro dopo la pandemia.

BCG BrightHouse ha condotto una ricerca per analizzare questo profondo cambiamento i cui risultati sono stati pubblicati nello studio Employees and companies: bringing back the spark in employee engagement.La ricerca, condotta attraverso 2.500 interviste in Europa (Francia, Regno Unito, Italia, Germania e Svezia) analizza, in particolare, il modo in cui dipendenti e manager percepiscono e affrontano il loro attuale lavoro e le prospettive future.

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I dati: solo il 61% è orgoglioso del proprio lavoro

A essere cambiato è principalmente il legame tra il lavoratore e la propria azienda: solo il 61% degli intervistati, infatti, si dichiara orgoglioso della società per cui lavora, percentuale che scende al 51% in Italia, in ultima posizione rispetto agli altri Paesi.

Nel panel europeo preso in analisi, l’Italia è anche il Paese con la percentuale più bassa di persone secondo cui la propria azienda ha definito chiaramente il proprio purpose, ovvero: lo scopo per cui questa esiste e che dà forma all’insieme di idee valori e propositi che ne caratterizzano l’essenza e di conseguenza le scelte interne e di business.

Mentre per il 70% degli intervistati in Svezia, Regno Unito e Germania la propria azienda ha un purpose chiaro, i lavoratori italiani a pensarla così sono meno della metà (45%).

“In Europa diventa sempre più rilevante il concetto di purpose”, spiega Cara Castellana Kreisman, senior strategy director di Brighthouse.

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Le priorità dei lavoratori

Tra i fattori che emergono in modo preponderante quando si chiede agli intervistati cosa caratterizza l’azienda ideale, la qualità dell’ambiente lavorativo risulta prioritario per l’84% dell’intero campione (e addirittura per il 92% di quello italiano), mentre la conciliazione tra vita privata e lavorativa si attesta al secondo posto (fondamentale rispettivamente per l’81% e 89%). Infine, l’aspetto relazionale registra una differenza di 7 punti percentuali tra il panel completo e quello italiano, pur posizionandosi in modo fortemente rilevante (71% vs 78%).

Inoltre, il 31% degli intervistati vorrebbe lavorare per realtà il cui contributo verso la società nella quale operano sia riconosciuto, in modo trasversale ai diversi Paesi.

In Italia si accetterebbe una riduzione del salario per lavorare in un’azienda ideale

Fattore che non va sottovalutato nemmeno in Italia. Sebbene qui la percentuale si attesti solo al 15%, quasi un terzo dei partecipanti all’indagine dichiara che, a parità di posizione lavorativa, accetterebbe una riduzione del proprio salario dal 5% al 20% per lavorare in un’azienda il cui scopo sia allineato ai propri valori e agli scopi che ritiene importante.

Emerge l’individualismo

Cambiano anche le preferenze nelle modalità lavorative, fattore da non trascurare per le aziende. Tanto a livello europeo così come italiano, i dipendenti intervistati dichiarano che apprezzerebbero lavorare in autonomia nel 36% dei casi (e del 31% in Italia) oppure in piccoli gruppi con una differenza di due punti percentuali tra campione globale e italiano (35% vs 37%).

Data la possibilità di destinare il 10% del tempo dedicato al lavoro su base settimanale a progetti alternativi, il 16% dei lavoratori intervistati in Europa e il 15% a livello italiano, si dedicherebbero a una maggiore partecipazione ai processi decisionali aziendali. Eppure, un terzo degli intervistati preferirebbe destinare il tempo ricavato a impegni personali e, a seguire, trova spazio l’attività di affiancamento ad altre risorse considerata una valida alternativa per il 24% e 29% del campione intervistato.

“Stiamo assistendo a un ritorno al lavoro come luogo in cui soddisfare i propri bisogni, con un’attenzione particolare alla retribuzione e ai benefit. Tuttavia, stiamo anche osservando un aumento del valore dato all’empatia sul posto di lavoro, con leader che pongono attenzione verso il benessere dei propri lavoratori. Proprio per questo motivo avere un purpose oggi è importante: è il perimetro dentro cui le aziende compiono delle scelte di valore che rispecchiano i bisogni del mercato, tenendo conto allo stesso tempo delle esigenze dei lavoratori”, conclude Kreisman.

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