Mark Zuckerberg Meta
Strategia

Quanto spendono le aziende tecnologiche per il lobbying in Europa. Meta investe più di tutti

Un paio d’anni fa Corporate Europe Observatory e Lobby Control hanno pubblicato uno studio che tracciava, per la prima volta, le spese in attività di lobbying in Europa di 651 aziende tecnologiche. Il totale era di 97 milioni di euro annui. Ora il dato è stato aggiornato ed è in crescita: 113 milioni, con un aumento del 16,5%.

Gran parte della somma è dovuta alle big tech. Le prime dieci imprese del settore spendono in tutto 40 milioni di euro, più di un terzo della spesa totale.

Chi spende di più per il lobbying

Al primo posto per spesa c’è Meta, colosso statunitense che controlla Facebook, Instagram, WhatsApp e Messenger, il cui esborso è aumentato dai 5,75 milioni di euro del 2021 agli 8 milioni attuali. In seconda posizione Apple, che ha raddoppiato le spese passando da 3,5 a 7 milioni. A seguire Google (da 5,8 a 5,5 milioni) e Microsoft (da 5,3 a 5 milioni). In quinta posizione Qualcomm, produttore di semiconduttori, con un aumento da 1,75 a 4 milioni di euro. Le nuove arrivate nella top ten sono le società di telecomunicazioni Telefonica (da 1,5 a 2 milioni) e Deutsche Telekom (da 1 a 2 milioni).

Aumentano i lobbisti

Oltre al budget, aumenta anche il numero di lobbisti impiegati a Bruxelles. Meta è di nuovo ai vertici con 17,05 equivalenti a tempo pieno (full-time equivalent, fte). Seguono Huawei (11), Intel (10), Google (8,7), Amazon (8), Apple (7,5), Ibm (7,25).

“Il lobbismo delle big tech si distingue da quello delle altre imprese perché è caratterizzato da spese eccessive e tattiche aggressive”, spiega Alberto Alemanno, professore di diritto dell’Unione europea all’École des hautes études commerciales di Parigi e fondatore di The Good Lobby. “Queste aziende fanno leva sulla loro esperienza mostrando la supremazia del sapere”.

La Cina resta indietro

Dall’analisi emergono poi squilibri geografici. Le aziende statunitensi che esercitano pressioni a favore dell’economia digitale a Bruxelles rappresentano circa il 20%, le imprese di Germania, Francia e Regno Unito si attestano attorno al 10% ciascuno, mentre le aziende provenienti dalla Cina raggiungono una quota molto esigua, inferiore all’1%. Nemmeno i grandi gruppi tecnologici cinesi come TikTok (900mila euro) e Alibaba (600mila euro) spendono quanto i loro concorrenti americani.

I rischi

“L’aumento delle risorse per lobbying e il simultaneo incremento della concentrazione del mercato nel settore è preoccupante”, dichiara Verena Leyendecker di Lobby Control. “Con il loro immenso potere, le grandi aziende stanno cercando di influenzare la politica dell’Unione europea. Per contrastare ciò, occorrono regole più severe per le attività di lobbying, ma anche un’applicazione più rigorosa del Digital Markets Act e del Digital Services Act”.

Le fa eco Bram Vranken del Corporate Europe Observatory, che afferma: “I numeri dimostrano che la presenza delle big tech ha continuato a crescere negli ultimi anni. E le attività di lobbying di questi giganti digitali non solo minacciano di annacquare leggi cruciali come l’Artificial Intelligence Act, ma rischiano anche di minare il processo decisionale democratico. Ecco perché bisogna impedire urgentemente l’accesso privilegiato ai lobbisti aziendali”.

LEGGI ANCHE: I 10 lobbisti selezionati da Forbes Italia per il 2023

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .

Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .