Charles Koch
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Il miliardario americano Charles Koch rivela come spartirà la sua ricchezza

Questo articolo è apparso su Forbes.com

“Non andrà in pensione”, dichiara Chase Koch, 46 anni, a proposito di suo padre Charles, 87 anni, presidente e co-amministratore delegato di Koch Industries, conglomerato industriale da 125 miliardi di dollari (ricavi del 2022) appartenente alla loro famiglia e con sede a Wichita, Kansas. “Penso che abbia ancora un lungo cammino davanti, perché si prende cura di sé: è disciplinato, si allena sei giorni alla settimana ed è piuttosto in salute, toccando ferro”.

Questo non ha impedito a Charles, un nonnetto del Midwest sorprendentemente affabile – che è stato accusato di aver corrotto la classe politica americana – di pianificare attentamente cosa accadrà dopo la sua scomparsa. In un’intervista esclusiva rilasciata a Forbes, egli spiega di aver già trasferito a Chase e alla figlia Elizabeth Koch, 47 anni, quote paritarie delle sue azioni senza diritto di voto di Koch Industries. Il resto andrà a finanziare i suoi enti e le sue cause di beneficenza focalizzate sul libero mercato, dopo aver provveduto all’assistenza della moglie Liz, 78 anni. Charles non vuole rivelare l’esatta ripartizione, ma ha già trasferito silenziosamente 5,3 miliardi di dollari di azioni senza diritto di voto a un paio di organizzazioni non profit che sosterranno la sua visione del progresso umano. Forbes stima che queste azioni rappresentino quasi un decimo della quota del 42% precedentemente detenuta da Charles (sebbene egli disponga ancora del 42% dei diritti di voto).

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A chi andrà Koch Industries

Dopo la morte di Charles, Chase otterrà tutte le azioni con diritto di voto del padre, che gli attribuirà il controllo del 42% di Koch Industries. Koch, la seconda società privata più grande d’America, si è trasformata nell’ultimo decennio in un’impresa tecnologica con l’acquisizione di aziende come il produttore di componenti elettronici Molex per 7,2 miliardi di dollari nel 2013 e la società di software Infor per un prezzo presunto di 13 miliardi di dollari nel 2020. L’attività di raffineria di petrolio del gruppo – un tempo il suo principale motore economico – rappresenta oggi meno del 5% del suo capitale investito, sebbene continui ad assicurare una parte considerevole dei suoi utili.

Koch Disruptive Technologies, la società controllata operante nel settore del venture capital che Chase ha fondato nel 2017, giocherà un ruolo importante nel futuro della società, essendo una delle quattro controllate di investimento di Koch che negli ultimi 10 anni hanno versato quasi 70 miliardi di dollari di liquidità della società in altre imprese (e attività immobiliari). Il gruppo di venture capital di Chase ha già investito più di 4 miliardi di dollari in oltre 70 società, tra cui la società israeliana di tecnologia medica Insightec e la società operante nel settore della cybersicurezza Dragos, la cui tecnologia protegge attualmente più di un quinto dei 500 impianti operativi globali di Koch Industries.

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Un altro investimento di Chase, l’azienda produttrice di apparecchiature solari GameChange Solar, fa parte del progetto di sviluppo della società nel settore delle energie rinnovabili, del valore di oltre 2 miliardi di dollari. Entro la fine dell’anno, il 30% della raffineria di petrolio della Koch a Pine Bend, nel Minnesota, dove Chase ha svolto un lavoretto estivo quando era ventenne, sarà alimentata dall’energia solare. Questo impianto è stato uno dei primi investimenti del fondatore della società (e nonno di Chase) Fred Koch, morto nel 1967 all’età di 67 anni, lasciando ai suoi quattro figli una piccola attività di raffinazione del petrolio, ingegneria e allevamento. Charles aveva 32 anni quando assunse le redini dell’azienda.

“Quello che sta facendo ora è molto più di quello che ho fatto io alla sua età”, riferisce Charles a proposito di suo figlio. “È un leader migliore di me ed è ancora più bravo come uomo d’affari. Intendo dire, va a questi incontri con tutti i migliori tecnici del mondo e sviluppa relazioni con loro. È semplicemente superlativo in questo”.

La storia del figlio Chase

Chase ha intrapreso il suo primo lavoro alla Koch Industries all’età di 15 anni, dopo essersi bruciato come giocatore di tennis a livello nazionale. Ma non aveva molta scelta. “Mio padre mi disse che o davo il 100% sui campi da tennis o mi avrebbe trovato un lavoro”, racconta Chase. “Pensavo che avrei trovato lavoro qui a Wichita e che avrei potuto continuare a frequentare i miei amici. Invece mi ha spedito nel nostro allevamento di bestiame a Syracuse, in Kansas, a spalare sterco di vacca e a scavare buche per i pali. È stato un bel cambiamento rispetto al country club”.

Dopo essersi laureato nel 2000 in marketing alla Texas A&M, nel 2003 Chase è tornato in azienda e ha acquisito una prima esperienza nell’attività di selezione degli investimenti nell’ambito di un programma di rotazione triennale che comprendeva un impiego nel gruppo di sviluppo commerciale di Koch. Deciso a studiare da zero una delle piattaforme operative dell’azienda, ha trascorso i dieci anni successivi a scalare i ranghi del settore fertilizzanti di Koch, dove, poco più che ventenne, ha fatto parte di un team incaricato di costruire un impianto per fertilizzanti ad alta velocità in Brasile, che sarebbe andato a beneficio degli agricoltori del Paese. Quando i suoi sforzi furono bloccati da “regolamenti, corruzione, pratiche burocratiche e lungaggini”, il fanatismo del padre per il libero mercato trovò finalmente la sua ragion d’essere.

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“Quando avevo nove o dieci anni e mi faceva ascoltare gli audiolibri di Milton Friedman, non capivo bene cosa stesse succedendo”, racconta Chase, che è cresciuto con colui che si autodefiniva chief philosophy officer di Koch Industries e con la struttura brevettata del Principle Based Management (in italiano: Gestione Basata sui Principi), che ha trascorso più di mezzo secolo a perfezionare. “Poi ho pensato: ‘Ah! Ora ho capito cosa mio padre ha cercato di insegnarmi per così tanto tempo’”.

Nel 2014, è stato chiesto a Chase di dirigere l’intera azienda di fertilizzanti. Ma dopo nove mesi di quell’incarico si è licenziato, dopo aver realizzato che non faceva per lui gestire un’azienda con migliaia di dipendenti e in 30 Paesi. È in occasione della tappa successiva, presso una società controllata che si occupava di migliorare i fertilizzanti per renderli più efficienti e rispettosi dell’ambiente, che è stato per la prima volta a contatto con gli imprenditori della Silicon Valley che stavano rivoluzionando l’agricoltura, e che ha dato il via all’idea di Koch Disruptive Technologies.

“Avevano un enorme vento in poppa ed è da lì che si è sviluppata tutta la tecnologia”, racconta Chase. “Sono in qualche modo nato con questa idea di distruzione creativa, ma non mi rendevo conto che la stavo assorbendo già da bambino. Era come se me l’avessero pompato nel sangue per tutto quel tempo”.

Chase è membro del consiglio di amministrazione di Koch Industries dal 2013 ed è stato nominato vicepresidente esecutivo lo scorso marzo, oltre a mantenere il suo incarico di responsabile del ramo di venture capital del gruppo. Nell’ambito del suo nuovo ruolo, Chase si incontra con cadenza settimanale con il gruppo dirigente della società per parlare di strategie a livello aziendale, il che gli offre un’ulteriore opportunità di interagire con suo padre.

“Si prendono un po’ in giro e scherzano”, riferisce Dave Robertson, 61 anni, che a marzo è stato nominato per la prima volta co-amministratore delegato di Koch in occasione dello stesso passaggio di leadership, dopo aver gestito le attività quotidiane del gruppo per 17 anni come direttore operativo. “Charles tende ad addentrarsi in concetti filosofici e poi Chase li riassume in tre parole in modo estremamente semplice. È piuttosto divertente”.

“Sono sicuro che essere il figlio di Charles Koch non sia facile, e quindi ritengo che il modo in cui Chase ha gestito la sua vita sia piuttosto sorprendente”, aggiunge Robertson, che è entrato in Koch Industries quando era un ventiduenne laureato alla Emporia State University del Kansas e a cui si attribuisce il merito di aver risollevato nei primi anni 2000 le sorti della raffineria di petrolio del gruppo che era allora in stato di crisi. “Da un lato, Chase è cresciuto in condizioni piuttosto agiate, e quindi avrebbe potuto essere uno stronzo titolato. Ma egli è quanto di più lontano da tutto questo. E poi avrebbe potuto pensare: ‘Beh, devo essere all’altezza di mio padre’. Ma credo che sia in qualche modo riuscito a dire: “Ehi, non c’è nulla di male ad essere me stesso’”.

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Charles respinge le indiscrezioni che girano all’esterno della società secondo cui il figlio sarebbe pronto a sostituirlo come amministratore delegato dichiarando: “Chase non vuole prendere il mio posto perché è un sostenitore della divisione del lavoro in base al vantaggio comparativo e vuole concentrarsi dove può dare il maggiore contributo”. E aggiunge: “Supponiamo che domani io venga investito da un autobus. In questo caso ci sarà la successione immediata, perché l’abbiamo già stabilita. Dave è l’amministratore delegato. Lo è adesso. Quindi non c’è bisogno di alcun cambiamento. Quello che faranno in seguito spetterà al consiglio di amministrazione e agli azionisti, che risolveranno la questione”.

Chase, il cui potere di voto sarà eguagliato solo dagli eredi del defunto zio David Koch (morto nel 2019), ribadisce che la sua passione è l’innovazione e che il ruolo che ricopre da marzo è quello in cui può “aggiungere il valore massimo”. “Non la consideriamo un’azienda di famiglia. La consideriamo più come un sistema meritocratico. Se iniziassimo a pensare che il prossimo Koch debba avere questo o quel ruolo, credo che ci troveremmo nei guai”, afferma. Ma aggiunge: “Non voglio escludere alcuna ipotesi”.

Chase è stato soprannominato “il Charles Koch 2.0”. È stato anche etichettato come “il Nuovo Koch” e gli è stato attribuito il merito di aver allontanato la famiglia dalle politiche faziose e tossiche del padre. “Nessuna delle due cose è vera”, afferma Chase, ribadendo che suo padre avrebbe aiutato “centinaia di migliaia, se non milioni” di persone con la sua attività imprenditoriale e di cambiamento sociale. “Non solo è un padre incredibile che mi ha insegnato tutti questi principi e valori che trasmetterò ai miei figli, ma è anche un mentore negli affari. Ed è anche il mio migliore amico”. Ma Chase aggiunge: “Il dono più grande che mi ha fatto è permettermi di essere me stesso”.

La fondazione di Koch

Nel frattempo, la fondazione no-profit di Charles, Stand Together, è gestita da un altro giovane pupillo: Brian Hooks, 45 anni, coautore dell’ultimo libro di Charles, Believe in People: Bottom-Up Solutions For A Top-Down World (2020), dopo averlo conosciuto due decenni prima al Mercatus Center, centro di ricerca di stampo liberale. “Era un’organizzazione un po’ pigra e lui era molto intraprendente, così quattro anni dopo l’università [Università del Michigan] la dirigeva”, racconta Koch di Hooks prima di ricordare scherzosamente il loro incontro casuale avvenuto nel bagno degli uomini durante una riunione del consiglio di amministrazione.

“Ci siamo incontrati nella toilette e da allora il nostro rapporto è sempre stato quello”. Hooks e Robertson, co-amministratore delegato di Koch, gestiscono anche Believe In People, una delle due nuove organizzazioni non profit che hanno ricevuto le azioni di Charles, insieme a Chase, che dirige anche la seconda organizzazione non profit, la CCKc4 (che sono le sue iniziali).

Hooks insiste sul fatto che le motivazioni di Charles non siano mai state condizionate da interessi personali, come spesso sostengono i critici del suo capo. “Penso che Charles abbia probabilmente contribuito più di chiunque altro a far sì che i principi liberali classici abbiano un posto al tavolo quando si tratta di risolvere i problemi della società”, afferma.

Hooks ha buone parole anche per Chase, che si è ritagliato un ruolo unico all’interno di Stand Together come fondatore della sua società controllata che opera nel settore del venture capital, la Stand Together Ventures. Hooks si spinge fino a definire il ramo di venture capital della terza generazione di Koch il futuro della rete non profit, attribuendo a tale attività il merito di aver contribuito a far entrare nella rete fondatori nel campo della tecnologia come Sal Khan di Khan Academy e Patrick Collison di Stripe. “Chase sta cercando persone che si trovino nella fase di crescita della loro carriera, che abbiano una visione innovativa e una capacità provata di guidare l’innovazione nei loro campi, e poi dice loro: ‘Ehi, che ne dite di aiutarci a fare lo stesso con le nostre strategie di cambiamento sociale?’”.

Anche la musica

Chase ha anche fondato Stand Together Music, che mette in contatto organizzazioni come The Phoenix (che si occupa di attività riabilitative dalle dipendenze) e Café Momentum (che organizza tirocini per giovani ex detenuti) con artisti come Aloe Blacc e The Chainsmokers e promotori di eventi come Live Nation per dare risalto al loro lavoro (ad esempio con concerti). Egli suona anche la chitarra in due band: Memento Mori e 2ŁØT (come la seconda legge della termodinamica), che ha lanciato nel 2021 con Omar Jahwar II (in arte II). Jahwar II è un ex batterista di Chance The Rapper. Il padre dell’artista, il vescovo Omar Jahwar, ha collaborato con Stand Together per la riduzione della violenza delle gang (e si riferiva a Charles come a un “dritto”) prima di morire di Covid nel 2021 all’età di 47 anni.

“Avevo appena affrontato un divorzio, quindi anch’io stavo attraversando un periodo difficile”, racconta Chase, che ha tre figli piccoli dall’ex moglie. “Così ci siamo detti: ‘Ehi, facciamo musica insieme’”.

La scelta sulla figlia

La figlia di Charles, Elizabeth, non ha un ruolo all’interno di Stand Together (anche se si è collegata via FaceTime con i genitori da un viaggio all’estero lo scorso Capodanno quando la band di Chase si stava esibendo a un evento a Wichita). Charles dice che è improbabile che Elizabeth entri a far parte del consiglio di amministrazione di Koch Industries e che a lei sta bene che Chase ottenga tutte le sue azioni con diritto di voto. “Si sta occupando delle sue cose e non vuole perdere tempo nel capire come stanno le cose e prendere le decisioni giuste per la società”, dichiara Charles a proposito di Elizabeth, che all’inizio di quest’anno ha riferito al New York Times che era solita storpiare il suo cognome, nel vano tentativo “di non essere odiata”, prima di rendersi conto, nel corso di una seduta di psicoterapia, quanto fosse distorto il suo dialogo interno che la tormentava.

“Ha vissuto con cattive Scatole della Percezione (termine coniato dalla stessa Elizabeth) e questo l’ha scombussolata”, aggiunge Charles. “Per questo si impegna con passione ad aiutare gli altri a non passare quello che ha passato lei”. Questo ha portato Elizabeth a lanciare nel 2015 la società Unlikely Collaborators, con sede a Los Angeles. La sua missione: “Sbrogliare le situazioni che ci trattengono come persone, comunità, nazioni ed esseri umani in generale”.

“Non potrei amare di più i miei genitori”, dichiara Elizabeth per e-mail, attribuendo a sua madre e a suo padre il merito di averle fornito l’ispirazione a fondare la sua società. “I valori e i principi con cui papà e mamma mi hanno cresciuta – curiosità, grinta [e] un profondo desiderio di rendermi utile – sono gli stessi che mi hanno fatto superare i periodi più dolorosi e confusi della mia vita”.

Il mancato coinvolgimento di Elizabeth in Koch Industries potrebbe risparmiare a lei e a Chase di rivivere uno dei periodi più dolorosi della vita di loro padre, quando due fratelli Koch meno noti, Bill e Frederick, cospirarono per spodestare Charles dalla carica di presidente e amministratore delegato. Il colpo fallì quando il gemello di Bill, David, si schierò dalla parte di Charles e gli altri fratelli accettarono di essere estromessi nel 1983, dando vita a più di un decennio di controversie sull’ammontare del risarcimento (secondo quanto riferito, circa 800 milioni di dollari) prima di raggiungere un accordo nel 2000.

Charles si commuove ancora ogni volta che parla di David che, a suo dire, era “un ingegnere molto più bravo di quanto avessi mai sognato di essere” e a cui attribuisce il merito di aver fatto crescere l’attività di ingegneria della società “di 500 volte”, prima di perdere la sua decennale battaglia contro il cancro nel 2019. “Era bravo a confrontarsi con il consiglio di amministrazione e quando gli altri hanno cercato di prendere il comando, lui è stato assolutamente irremovibile. Hanno provato in tutti i modi a convincerlo, ma lui ha detto: ‘Non se ne parla, è sbagliato’. Aveva un’integrità assoluta e voleva dare il proprio contributo, e quindi quando si è ammalato è stato molto triste. La cosa lo faceva impazzire”. (Un rappresentante di Bill Koch, che secondo Forbes ha un patrimonio di 1,6 miliardi di dollari, non ha risposto alle richieste di rilasciare dichiarazioni. Frederick Koch è morto nel 2020. La vedova di David, Julia Koch, ha sostituito il defunto marito nel consiglio di amministrazione di Koch Industries).

“Julia mi affascina ed è fantastica perché parla solo quando pensa di avere qualcosa da dire”, dichiara Robertson. “Non cerca di intervenire su cose che non conosce. Ecco, è così che tutti noi dovremmo essere. Molte delle questioni di cui si occuperà saranno i prodotti di consumo della Georgia-Pacific [che produce la carta igienica Angel Soft, i bicchieri Dixie e gli asciugamani di carta Brawny], per esempio. Oppure, a livello reputazionale, dirà: ‘Sto sentendo questa cosa a New York’, e potrà darci un’idea di ciò che voi simpatici abitanti della costa est state pensando di noi”. (Julia Koch ha rifiutato di essere intervistata per questo articolo).

È possibile che Elizabeth un bel giorno sorprenda il padre e ricopra una posizione simile. Ma a Charles non preoccupa che la storia si ripeta. “Il modo in cui abbiamo educato i nostri figli è quello secondo cui devono capire quale è il loro dono e la loro passione, concentrarsi su quelli e non preoccuparsi di ciò che fanno gli altri o se gli altri sembrano avere maggiore successo”, dichiara, quando gli viene chiesto se l’esperienza con i suoi fratelli ha influenzato il modo in cui ha preparato Chase ed Elizabeth a ereditare le loro quote nella società di famiglia. “I nostri genitori ci hanno provato, ma non parlavano di queste cose. Era una specie di scuola tradizionale, in cui non ci si abbracciava tanto o ci si diceva che ci si voleva bene. E non volevo questo [per la mia famiglia]”.

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