Buenos Aires
Strategia

L’Argentina al bivio: perché le presidenziali del 22 ottobre decideranno il posto di Buenos Aires nel mondo

Articolo tratto dal numero di ottobre 2023 di Forbes Italia. Abbonati!

“Diremo addio a questa casta politica ladra e inutile”. Con queste parole il candidato del partito La Libertad Avanza, Javier Milei, ha commentato il risultato delle primarie che si sono tenute ad agosto in Argentina, in cui è stato, a sorpresa, il più votato, con oltre il 32% delle preferenze. Dal 2009 nel paese sudamericano si svolgono, prima delle elezioni presidenziali, le primarie chiamate Paso (primarias, abiertas, simultaneas, obligatorias) per decidere i candidati e quali partiti si potranno presentare alle elezioni, superando la soglia di sbarramento dell’1,5%.

L’Argentina arriverà al voto di ottobre nel mezzo dell’ennesima crisi economica e sociale della sua storia. È alle prese con un’inflazione fuori controllo, che a giugno ha superato il 110% annuale e che, secondo le stime della banca d’affari americana JPMorgan, arriverà al 145% entro dicembre, causando un calo del 3,3% del Pil. All’iperinflazione, male endemico dell’Argentina, nel 2023 si è unita una siccità senza precedenti, che, secondo le stime governative, causerà perdite per 20 miliardi di dollari, pari a quasi il 3% del Pil.

Chi sono i candidati alla presidenza argentina

Iperinflazione e siccità hanno portato circa il 40% della popolazione a vivere sotto la soglia di povertà e due bambini su tre a non avere accesso ai servizi basilari. A niente sono serviti i sussidi economici forniti dal governo Fernandez o la svalutazione del 22% del peso decisa dalla Banca centrale argentina. In questo clima, alle primarie gli argentini hanno votato un candidato anti-sistema e molto controverso come Milei, antiabortista e pro armi, estimatore di Trump e Bolsonaro.

Per risollevare il paese, Milei propone soluzioni radicali: un taglio drastico alla spesa pubblica, riducendo al minimo il welfare statale, una maggiore flessibilità del mercato del lavoro, liberalizzazioni di massa e, soprattutto, la rivoluzionaria idea di distruggere, fisicamente, la Banca centrale argentina e adottare come valuta nazionale il dollaro statunitense. Sergio Massa, attuale ministro dell’Economia, è stato il secondo più votato alle primarie, con circa il 20% dei voti, seguito dalla candidata di centro-destra Patricia Bullrich, con il 17%. Dovrebbero essere questi tre candidati a giocarsi la premiership a ottobre. Se nessuno supererà il 50% dei voti, i primi due si sfideranno nel ballottaggio a novembre.

La relazione Argentina-Cina

Le elezioni hanno una rilevanza non solo locale, ma anche globale. Il vincitore deciderà la collocazione del paese in politica estera, dopo che il governo Fernandez ha avvicinato molto Buenos Aires alla Cina con l’entrata, nel febbraio 2022, nella Nuova Via della Seta, allettato dalla promessa di Pechino di 24 miliardi di dollari di investimenti in svariati settori, dalle materie prime alla difesa. L’Argentina, infatti, è il terzo produttore di litio al mondo e ne detiene il maggior numero di riserve dopo la Bolivia.

Per questo la Cina, prima produttrice di batterie agli ioni di litio per le auto elettriche, ha acquisito, tramite la Gangeng Lithium, l’azienda argentina Lithea e ha investito in nuovi giacimenti con la Tibet Summit Resources. Nel settore energetico, poi, la China National Nuclear Corp si è assicurata l’appalto per la costruzione della quarta centrale nucleare dell’Argentina. Nel settore della difesa Pechino fornirà le munizioni e si occuperà dell’ammodernamento di veicoli corazzati.

Le paure americane

L’accordo che più preoccupa gli Stati Uniti, che hanno sempre considerato il Sudamerica il loro cortile di casa, è però quello per la costruzione da parte cinese di un porto nella Terra del Fuoco argentina. Il porto, di fronte all’Antartico, sarebbe strategico e verrebbe visto dagli Stati Uniti come un cavallo di Troia di Pechino. Inoltre, il governo Fernandez vuole far entrare l’Argentina nei Brics (il raggruppamento composto da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). Così potrebbe accedere a nuove risorse finanziarie, tramite la New Development Bank dei Brics, senza le condizioni e le politiche di austerità richieste dal Fondo monetario internazionale, con cui ha già in essere finanziamenti per circa 45 miliardi di dollari.

L’obiettivo di Buenos Aires è quello di liberarsi dalla dipendenza dal dollaro americano, come dimostrano gli accordi tra la Banca centrale argentina e la Banca popolare cinese, che permetteranno i pagamenti dell’import argentino dalla Cina direttamente in yuan. L’eccessivo indebitamento in valuta straniera, che pesa per oltre due terzi sul totale del debito pubblico di Buenos Aires, è una delle cause dei ripetuti fallimenti del paese. Ogni volta che gli Stati Uniti alzano i tassi di interesse e il dollaro si apprezza, diventa più esoso per i paesi indebitati in dollari, come l’Argentina, ripagare il debito.

Non c’è, però, un consenso unanime a queste decisioni di politica estera. Bullrich è contraria agli stretti rapporti con Pechino e ha affermato che, in caso di vittoria, straccerebbe la richiesta di adesione ai Brics. Milei ha rincarato la dose, dichiarando che non farà “affari con i comunisti” e non li promuoverà “a livello statale”.

L’Europa nel mezzo

L’Unione europea potrebbe rappresentare un partner alternativo alla Cina e agli stessi Stati Uniti. In primis per lo sviluppo di un’industria estrattiva sostenibile per l’Argentina. In quest’ottica la presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, e il presidente argentino hanno firmato un memorandum strategico sulle materie prime a giugno. L’Ue vuole diminuire il più possibile la dipendenza dalla Cina nelle materie prime. Buenos Aires, grazie agli investimenti europei, potrebbe sviluppare un’industria locale della raffinazione e lavorazione di materiali come il litio, creando numerosi posti di lavoro.

L’Argentina, perciò, con le prossime elezioni non solo deciderà il suo destino, ma potrà anche ridisegnare le alleanze mondiali. La decisione di schierarsi con il mondo occidentale o con quello dei nuovi Brics a guida cinese avrà un impatto decisivo anche per tutto il continente sudamericano.

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