a cura di Fabiano Guatteri
La Valpolicella è nota oltre che per l’omonimo vino, anche per l’Amarone e il Recioto, rossi, quest’ultimi, che sono tradizionalmente vinificati utilizzando uve appassite. Se in origine il Valpolicella era prodotto con uve appena vendemmiate, successivamente venne “rafforzato” con uve appassite o con la tecnica del ripasso che consiste nell’unire il vino alle vinacce dell’Amarone appena pressate.
Ed è sostanzialmente questa la realtà enologica che Andrea Lonardi, Master of Wine e attuale Chief Operating Officer di Bertani, trovò nel 2012 quando, dopo circa vent’anni di assenza, fece ritorno in Valpolicella. Tali consuetudini mostravano però criticità anche in considerazione del cambiamento climatico. Storicamente il Valpolicella era un rosso passante e pertanto poteva giustificare pratiche enologiche di rinforzo. Ma con temperature estive sempre più torride che portano le uve a prepotenti maturazioni, e quindi a un aumento dell’alcolicità dei vini, quelle pratiche si rivelarono già allora quantomeno discutibili. E poi, come sottolinea Lonardi, l’appassimento tende ad appiattire i vini rendendo difficile riconoscerne l’origine.
La risposta a tale indirizzo consistette nello spostare il baricentro dal metodo di vinificazione al territorio, in modo che il vino ne fosse l’espressione. Prese così il via il Progetto Bertani Cru, avviato dall’azienda nel 2014, nella Tenuta Novare di Negrar: se dal 1958 lo stile Bertani era associato all’Amarone Classico, il Progetto spostò la narrazione sul territorio, focalizzandone il potenziale. E se il vino nasce anziché da più parcelle da un unico vigneto, da un cru, l’identità territoriale si fa ancora più chiara e netta. Due i Cru Bertani, Ognisanti e Le Miniere: del primo Lonardi ha recentemente presentato in anteprima alla stampa il millesimo 2021 con le ultime annate ed è di questo cru che diremo.
La Pinosophy
Ognisanti è un vigneto di quasi tre ettari nel cuore della Tenuta Novare, definito da un terreno di calcare bianco con matrice sabbiosa che comunica ai vini piacevole salinità oltre a concentrazione aromatica. Il progetto del 2014 implica la produzione di vini in una visione che Lonardi denomina “Pinosophy, ossia di rossi che non sono Pinot nero, ma che possono essere associati a questo, perché leggeri e freschi ed è la ricchezza della leggerezza che fa la differenza di questi vini”. Se oggi in Valpolicella c’è chi è attento a questa nuova tendenza la quale contribuisce sicuramente al miglioramento culturale dell’intera zona vinicola, nel 2014 si era solo agli inizi. E c’è voluto anche un certo coraggio per proporre a livello internazionale un vino che era sostanzialmente locale, consumato quasi esclusivamente dai veronesi, scelta dimostratasi vincente. Oggi esiste un segmento di consumatori, in Italia come all’estero, che si rifà a questa tipologia di vino molto versatile negli abbinamenti in quanto si accosta non solo alla carne, ma anche al pesce, alle cucine etniche e fusion.
Ognisanti
Ognisanti di Novare è un Valpolicella Classico Superiore prodotto con uve corvina completate con rondinella, elevato per 9-12 mesi in botti di legno di 50 hl, quindi affinato mediamente sei mesi in cemento e altrettanto tempo in bottiglia, con immissione sul mercato a settembre-ottobre dopo due anni dalla vendemmia. La corvina, come il pinot nero, ha un’elevata presenza di tioli, composti che contribuiscono alla formazione degli aromi del vino: nel caso della corvina da pungenti evolvono in odori di pepe, di spezie dolci, e uniti a sentori di arancia, di chinotto e di rabarbaro generano un profumo di grande eleganza. Il sapore è caratterizzato da una nota salata evidente soprattutto nelle annate più fresche, quando la componente citrica è maggiormente alta, mentre i tannini sono setosi.
Le annate
Le annate presentate, oltre alla 2021, sono 2017, 2018, 2019, 2020. La 2017 traccia l’inizio del percorso del Progetto Bertani Cru, ma non è ancora scevra di alcune caratteristiche dell’enologia degli anni 2000 quando si tendeva a estrarre molto. Possiede pertanto un tannino per certi versi tagliente, e manca ancora quel profilo di caratteri aromatici che contraddistingue le altre annate, ossia sentori di cola, di ciliegia, d’arancia, di rabarbaro, di chinotto, di amarena. Il 2017 è il vino che ha aperto la strada cui è seguita la costanza stilistica di Ognisanti.
A partire dalla 2018 si effettua una soft extraction, per certi versi come quelle della memoria, quando la vinificazione, essendo manuale, estraeva meno, a partire dalla pigiatura. L’arrivo della tecnologia ha portato a estrarre di più, anche quando non se ne avvertiva la necessità. La 2018 è stata una grandissima annata con caratteristiche che vedremo nella 2021, ma senza la componente data dal legno nuovo. Si evidenziano sentori di ciliegia e di marasca, cui si uniscono note pepate. Si avvertono toni dolci, eleganti, verdi, agrumati e di arancia candita.
La 2019 è molto promettente e avrà un’evoluzione sicuramente interessante. Si riconoscono frutta rossa, sensazioni balsamiche, di eucalipto e di pepe; in bocca è rotondo, equilibrato con acidità ben integrata ed è piacevolmente delicato.
La 2020 è definita da concentrazione e ricchezza di frutta più che finezza, e si evidenzia un’aromaticità di frutta, di cola, di chinotto. Con la 2021 lo staff Bertani ha deciso di utilizzare legni nuovi, nonostante fossero in molti a dubitare sulla validità della scelta. La 2021 è la sintesi del Progetto in cui giocano un ruolo principale la salinità e la leggerezza cui si unisce un tocco di resina “con il legno che spinge il vino fuori dal bicchiere e lo fa diventare un rosso internazionale” spiega Lonardi. Al naso è fruttato con ricordi di ciliegia, note agrumate e di resina.
Ed è lo stile Ognisanti che ha avvicinato al vino venticinque-trentenni. Ciò che è emerso dalla verticale è che se Ognisanti è oggi il meno Valpolicella dei Valpolicella degli ultimi vent’anni, domani potrebbe essere, forse sarà, il più Valpolicella dei futuri Valpolicella.
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