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Riprogrammazione cellulare, pillole e investimenti miliardari: così i più ricchi del mondo cercano l’immortalità

Ogni giorno Bryan Johnson manda giù 111 pillole e assume 1.977 calorie. La sera porta per due ore occhiali che bloccano la luce blu. Va a letto alle 20.30 e dorme con addosso un dispositivo che rileva le erezioni notturne. Si sveglia alle 5 e per prima cosa sale su una bilancia che misura peso, indice di massa corporea, massa grassa e idratazione. Si sottopone a continue analisi di sangue, feci e urina e a decine di esami al mese. La sua routine prevede di colpire il pavimento pelvico con impulsi elettromagnetici, di applicare sette creme al giorno per contrastare gli effetti del sole sulla pelle e di indossare un cappellino che spara luce rossa sul cuoio capelluto. Per un po’ ha fatto trasfusioni con il sangue del figlio.

Johnson è originario di una piccola comunità di mormoni dello Utah, ha 46 anni e vive a Venice, in California. Fa tutto questo perché intende vivere per sempre. Segue un programma sviluppato da un algoritmo che analizza tutti i trattamenti proposti per prolungare la vita. Pubblica risultati e aggiornamenti su un sito web che vende anche cibo, olio e pillole. Ha arruolato più di 30 medici per monitorare il suo organismo e ha detto a Time di considerare il suo esperimento, battezzato Project Blueprint, “la più significativa rivoluzione nella storia dell’homo sapiens”. Non è interessato all’opinione della gente del nostro tempo, ma a quello che penserà di lui “il XXV secolo”. Sostiene di avere già ottenuto buoni risultati: avrebbe le ossa di un 30enne, il cuore di un 37enne, la pelle di un 28enne, la capacità polmonare di un 18enne e l’infiammazione gengivale di un 17enne. La giornalista Charlotte Alter ha trascorso una giornata con lui e lo ha descritto come un uomo con “il corpo di un 18enne e la faccia di qualcuno che ha speso milioni per sembrare un 18enne”. Il costo dei trattamenti, 2 milioni di dollari all’anno, non è un problema: nel 2007 Johnson ha fondato Braintree, una società di pagamenti, e sei anni dopo l’ha venduta per 800 milioni.

Che investe nella longevità

È facile liquidare Blueprint come la stravaganza di un uomo così ricco da essersi convinto di poter comprare anche il tempo. Tanti, però, investono nella longevità e sono convinti che i progressi arriveranno in fretta. Qualche anno fa un sondaggio di Ubs ha rilevato che il 53% di chi ha da investire almeno 1 milione di dollari è convinto di arrivare a 100 anni. Johnson non è l’unico a spingersi oltre. “Tutti dicono che la morte è naturale, che fa parte della vita. Io penso che non ci sia niente di più lontano dalla verità”, ha dichiarato a Business Insider Peter Thiel, il fondatore di PayPal. Se il progresso fosse troppo lento, ha già firmato per essere ibernato dopo la morte, nella speranza di essere resuscitato. Intanto ha dato milioni alla Methuselah Foundation, una no profit che vuole “rendere i 90 i nuovi 50”.

Nella Silicon Valley è nato un ecosistema di startup molto ben finanziate. Una si chiama Rubedo Life Sciences ed è guidata dall’italiano Marco Quarta. Ha raccolto decine di milioni di dollari per sviluppare farmaci che eliminano le cellule senescenti, cioè quelle che smettono di riprodursi e rilasciano sostanze che causano infiammazione. A breve dovrebbe iniziare la sperimentazione clinica su persone con malattie croniche, ma l’obiettivo di lungo periodo, spiega Quarta, è “usare i farmaci su persone giovani e sane per rallentarne l’invecchiamento biologico”.

Una delle aziende più ricche è Altos Labs, che vuole “trasformare la medicina attraverso la programmazione del ringiovanimento cellulare” ed è partita con 3 miliardi di dollari. Tra i finanziatori ci sono Yuri Milner, il miliardario che ha creato Mail.Ru e il fondo Dst Global, e Jeff Bezos, fondatore di Amazon. Bezos ha investito anche in Unity Biotechnology, che punta a “rallentare, fermare o invertire le malattie legate all’invecchiamento”. Mark Zuckerberg, fondatore di Meta si è impegnato a investire 3 miliardi per “curare tutte le malattie entro la fine del secolo”, mentre Larry Ellison di Oracle ha donato più di 300 milioni di dollari alla ricerca sull’invecchiamento attraverso la Ellison Medical Foundation. Sam Altman, il padre di ChatGPT, ha finanziato con 180 milioni di dollari Retro Biosciences, che vuole “aggiungere dieci anni di vita in salute”. Sergey Brin e Larry Page, i fondatori di Google, sono stati tra i primi a muoversi. Nel 2013 hanno creato Calico (California Life Company) per contrastare l’invecchiamento e le patologie correlate. L’anno dopo hanno stretto un accordo di collaborazione miliardario con la multinazionale farmaceutica AbbVie.

Scienza e pseudo-scienza

Alcuni progetti suonano più fantascientifici che scientifici. Tra i più estremi c’è la 2045 Initiative del magnate russo Dmitry Itskov. Entro il 2035 Itskov vorrebbe creare “un modello computerizzato del cervello e della coscienza umana”, per poi trasferirla a un “portatore artificiale”. Nel 2045 “menti indipendenti dalla materia riceveranno un nuovo corpo con capacità che superano di molto quelle dei normali esseri umani”. Il progetto rientra nella corrente del transumanesimo, che sostiene la possibilità di aumentare le capacità fisiche e cognitive degli esseri umani ed eliminare condizioni come malattie e invecchiamento. I più radicali, come Itskov, teorizzano il superamento della razza umana e la fusione con la tecnologia. Tra loro c’è anche Martine Rothblatt, creatrice di Sirius Satellite Radio e amministratore delegato della biotech United Therapeutics, che ha fatto creare una versione robotica della moglie. La tesi di alcuni futuristi e transumanisti, come Ray Kurzweil, è che, prima o poi, la scienza raggiungerà la cosiddetta ‘velocità di fuga della longevità’: ogni anno l’aspettativa di vita crescerà di più di un anno. A quel punto, potrà aumentare indefinitamente.

I proclami più roboanti di startup, investitori e futuristi hanno creato un problema di credibilità. “L’espressione ’medicina della longevità’ è stata diluita e contaminata da pseudo-scienza”, dice Quarta. Pinchas Cohen, decano della scuola di gerontologia della University of Southern California, ha dichiarato a Time che “la morte non è opzionale. È scritta nei nostri geni”. Per Eric Verdin, presidente del Buck Institute for Research on Aging californiano, “se vuoi l’immortalità, vai in chiesa”.

Il costo della longevità

La maggioranza degli investitori e dei ricercatori per ora si pone obiettivi meno ambiziosi della vita eterna. Pochi mesi fa la XPrize Foundation, una no profit americana, ha istituito l’Healthspan XPrize, un premio di 101 milioni di dollari per chi svilupperà terapie capaci di invertire il declino legato all’età delle capacità cognitive, del sistema immunitario o della funzionalità muscolare. I principali finanziatori sono la Hevolution Foundation, creata dalla famiglia reale dell’Arabia Saudita, e il miliardario Chip Wilson, fondatore di Lululemon. Jamie Justice, docente della Wake Forest University e direttrice esecutiva del premio, ha sottolineato come la parola chiave non sia lifespan, cioè per quanto tempo viviamo, ma healthspan, cioè per quanto tempo restiamo in salute. “Abbiamo già prolungato la vita: quella rivoluzione è già avvenuta”, ha detto. “Il punto è mantenere le persone attive, fare in modo che continuino a pensare e che abbiano una resistenza immunitaria sufficiente a uscire di casa”. Nessuno vuole uno scenario come quello delle Intermittenze della morte di José Saramago, in cui la morte smette di fare il suo lavoro e case e ospedali si riempiono di anziani in condizioni terribili.

“Il principale problema socio-economico legato all’invecchiamento è che abbiamo allungato la vita, ma con il costo di malattie croniche”, dice Quarta. “Tante persone passano l’ultimo terzo della loro vita a combatterle. Aggiungere dieci anni di salute significa risparmiare migliaia di miliardi di dollari in spese sanitarie”. Cambierebbe anche il rapporto tra gli anziani e il lavoro. “Avremmo una generazione produttiva in più. Le persone più esperte potrebbero affiancare i giovani per un periodo più lungo”.

Topi, vermi e insetti

Le startup della longevità puntano su soluzioni che vanno dagli integratori alla riprogrammazione cellulare, da diete a bassissimo livello di calorie alla medicina personalizzata. Molte nascono sull’onda di ricerche che hanno scoperto vie per allungare la vita di animali come topi, vermi o insetti. Alcuni scienziati sono riusciti ad allungare anche di dieci volte la vita del c. elegans, un verme con un migliaio di cellule. Altri hanno dimostrato che la rapamicina, un immunosoppressore usato di norma per prevenire il rigetto nei trapianti d’organo, permette ai topi di vivere anche il 25% in più. I ricercatori della Mayo Clinic, una no profit statunitense, hanno ottenuto un risultato simile con l’eliminazione delle cellule senescenti.

Nel 2005 Michael e Irina Conboy, oggi professori di bioingegneria all’Università di Berkeley, hanno cucito insieme topi vecchi e giovani. I tessuti del più anziano sembravano diventare più sani. La coppia ha spiegato al Guardian che la ricerca “non era pensata per far ringiovanire le persone anziane”, ma qualcuno ci ha provato lo stesso. Nel 2017 la startup Ambrosia ha iniziato a cercare volontari disposti a sborsare 8mila dollari per trasfusioni di sangue da donatori giovani. Due anni dopo è intervenuta la Food and Drug Administration, l’ente governativo statunitense che si occupa di farmaci: “Siamo preoccupati perché alcuni pazienti vengono sfruttati da persone senza scrupoli che presentano trattamenti basati sul plasma di giovani donatori come cure e rimedi. Trattamenti del genere non danno benefici clinici dimostrati agli scopi per cui vengono pubblicizzati e sono potenzialmente dannosi”.

Paolo Garagnani, professore dell’Università di Bologna che si occupa di longevità, sottolinea che “riuscire a rallentare l’invecchiamento in un topo o in un verme non significa poterlo fare anche nell’uomo. Parliamo di animali che hanno una vita più breve della nostra di alcuni ordini di grandezza”.

Quanto viviamo

Nell’ultimo secolo l’aspettativa di vita degli esseri umani è raddoppiata. Oggi supera i 70 anni a livello globale e gli 80 in molti paesi. Le Nazioni unite stimano più di mezzo milione di centenari nel mondo. Una donna francese, Jeanne Louise Calment, è vissuta 122 anni e 164 giorni. L’origine della longevità estrema, però, resta oscura. “L’aumento dell’aspettativa di vita è frutto di una grande quantità di fattori, soprattutto ambientali”, aggiunge Garagnani. “L’essere umano è potenzialmente in grado di vivere per un certo tempo. In un ambiente favorevole, può sfruttare tutto il potenziale. Più che allungare la vita, abbiamo disinnescato molto di ciò che la accorciava. Per aumentare in modo democratico il cosiddetto healthspan sono possibili percorsi di prevenzione capaci di ridurre l’impatto di alcune delle principali malattie croniche che impediscono l’estrema longevità”. Per Quarta, “esiste già una medicina della longevità, fondata su stile di vita, dieta, gestione dello stress e delle emozioni. Questi restano gli elementi su cui innestare eventuali interventi o terapie. Non possiamo chiedere alla pillola che rallenta l’invecchiamento di riparare un corpo già seriamente danneggiato e aspettarci miracoli”.

L’invecchiamento, sottolinea Garagnani, è “uno dei fenomeni più complessi che esistano. Cominciamo a intuire elementi che rendono alcune persone molto longeve. Abbiamo visto che chi raggiunge età molto avanzate ha un orologio biologico più lento. Poter misurare la velocità di invecchiamento è una conquista, ma non significa poterla diminuire”.

Michael Snyder, genetista dell’Università di Stanford, ha individuato quattro ageotype, cioè tipi di invecchiamento: metabolico, immunitario, epatico e renale. Quello metabolico, per esempio, è correlato a diabete e malattie cardiovascolari, quello immunitario a infiammazioni e infezioni. Lo stesso Snyder, però, ha ammesso che gli ageotype potrebbero essere molti di più, forse 78 come gli organi umani. Tom Rando, biologo della University of California, ha detto al New Yorker che “non siamo in una situazione in cui A causa B, B causa C, C causa D e D causa l’invecchiamento. È una rete di nodi e collegamenti, con anelli di retroazione in cui le conseguenze diventano cause”.

Esistono anche animali che vivono più a lungo dell’uomo. Lo squalo della Groenlandia, per esempio, può superare i 500 anni, la testuggine africana i 300. Secondo Jan Vijg, genetista molecolare dell’Albert Einstein College of Medicine di New York, è però difficile immaginare di emulare ciò che li rende così longevi. “Non si può copiare un singolo meccanismo della tartaruga”, ha detto ancora al New Yorker, ma milioni di meccanismi. “A quel punto saremmo tartarughe”.

Cavie umane

Alcuni non sono disposti ad aspettare che la ricerca sull’uomo ottenga gli stessi risultati che ha ottenuto sugli animali e usano i propri corpi come cavie. Nel 2019 la Cnbc raccontava che molti alti dirigenti della Silicon Valley assumevano metformina, un farmaco per il diabete di tipo 2 che secondo alcuni ricercatori potrebbe disinnescare anche altri rischi per la salute. A Natale Johnson è volato in Honduras per sottoporsi a una terapia genica non approvata dalla Fda. Nel settembre 2022 ha avuto una reazione allergica a un’iniezione di grasso in faccia. Il giornalista di Bloomberg Ashlee Vance lo ha incontrato il giorno dopo e ha scritto che “sembrava avesse passato tutto il pomeriggio a ingurgitare veleno d’ape”.

I medici avvertono che anche gli integratori comportano rischi. Innanzitutto perché non sono soggetti alle stesse regole dei farmaci e non devono passare per le stesse sperimentazioni cliniche. La giornalista Jessica Hamzelou ha scritto sulla Mit Technology Review di avere incontrato diverse persone che assumevano cocktail di integratori alla Longevity Investors Conference di Gstaad, in Svizzera. “Non sappiamo come queste sostanze interagiscano tra loro”, le ha detto Nir Barzilai, che dirige l’Institute for Aging Research dell’Albert Einstein College of Medicine e sta cercando fondi per una vasta sperimentazione sulla metformina. “Ho paura che queste persone non sappiano che cosa stanno facendo”.

Elon Musk: “Morire è importante”

Non sono le uniche preoccupazioni. Garagnani afferma che somministrare medicine anti-invecchiamento a persone giovani e in salute porrebbe un problema etico. “Agire con farmaci per contrastare l’invecchiamento significa considerare l’invecchiamento una malattia, e su questo non c’è consenso. Altrimenti si tratterebbe di somministrare sostanze con effetti collaterali a chi sta bene e non ha profili di rischio specifici”.

Lo scorso anno il Financial Times sottolineava che i finanziamenti privati nel settore superano di molto quelli pubblici e si interrogava sulle implicazioni di lasciare le chiavi della longevità in mani private. James Wilsdon, direttore del Research on Research Institute, un consorzio internazionale di scienziati, ricercatori e accademici, è convinto che i miliardari della Silicon Valley siano animati dal desiderio “individualistico, narcisistico ed egoistico di trovare modi per estendere la loro vita il più possibile”. Hal Barron, ad di Altos, afferma che i 3 miliardi di dollari arrivati da Bezos e dagli altri investitori permettono agli scienziati di “pensare in modo nuovo. Con un tipico investimento da 60 o 100 milioni, non sarebbe ragionevole provare ad affrontare questo problema”. Lynne Cox, docente di Oxford specializzata nelle scienze dell’invecchiamento, ha raccontato di passare la maggior parte del tempo “ad arrabattarsi in cerca di piccoli finanziamenti”, mentre una collega passata ad Altos “ha la libertà di fare scienza nel modo in cui dovrebbe essere fatta”.

Christopher Wareham, professore dell’Università di Utrecht specializzato nelle implicazioni etiche dell’invecchiamento e del prolungamento della vita, ha dichiarato al Financial Times che i progressi nella scienza della longevità potrebbero allargare le disuguaglianze tra ricchi e poveri in termini di salute, benessere e potere. Un dittatore, per esempio, potrebbe restare al governo per secoli. “Più a lungo rimani in circolazione, più la ricchezza si accumula. E più sei ricco, più hai influenza politica”. Nella schiera di chi teme uno scenario del genere c’è un nome inaspettato: Elon Musk. “Morire è importante”, ha detto. “La maggior parte delle persone non cambia idea, ma muore e basta. Se vivessimo per sempre, la nostra società potrebbe restare paralizzata. Le nuove idee non potrebbero avere successo”.  

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