Mattia Riva di WeRoad
Innovation

Fare business con i viaggi dei millenial: WeRoad, la startup di OneDay che ha già raccolto 36 milioni di euro

“Non puoi mai smettere di imparare, anche cose che all’inizio non riesci a capire. Devi essere una spugna”. Mattia Riva è tecnicamente un millennial, visto che ha 38 anni, anche se spesso il termine viene impropriamente usato per indicare i nati dall’inizio del secolo. Ma cambia poco, visto che dopo è arrivata la Generazione Z e siamo ripartiti con quella Alpha. Come partner e ceo di OneDay Group non può mai fermarsi, perché il focus della società fondata nel 2016 sono proprio i giovani, sempre diversi, sempre mutevoli.

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WeRoad: com’è nata la startup di OneDay

“Il cambiamento è nel nostro dna. Anche per questo è nata WeRoad”, ricorda Riva parlando della startup interna lanciata nel 2017 per organizzare viaggi avventura per giovani con un modello assai diverso dagli operatori tradizionali. Ha già raccolto 36 milioni di euro (ultimo round di 18 milioni nel novembre 2023) e rappresenta circa due terzi del fatturato di OneDay (che è stato di 75 milioni l’anno scorso). È in qualche modo il distillato del modello che ha permesso a OneDay Group di prendere forma: focus sui giovani, costruzione di community e uso di social e digitale.

Da ScuolaZoo alla community

Il focus sui giovani è nella storia del fondatore Paolo De Nadai, oggi presidente. La sua avventura imprenditoriale è cominciata nel 2007, quando era poco più che maggiorenne, con un blog per studenti: ScuolaZoo. Poi sono arrivati i viaggi, il network, la pagina Facebook seguitissima e le aziende che lì trovano un target ambito e sfuggente. Sono nate le agenzie di comunicazione, marketing, creatività, la community dei content creator.Il team di One Day Group, l'azienda che ha lanciato WeRoad nel 2017.

Nel 2016 tutte queste attività sono state organizzate in OneDay, il cui nome arriva dallo slogan dei viaggi evento di Scuola Zoo: “Vivi ogni giorno come fosse un OneDay” (ispirato alla filosofia di Jeff Bezos in Amazon). Quasi naturale che l’anno dopo sia nata WeRoad.

Tra passione e business

“Il nostro core business rimangono le esperienze per le nuove generazioni”, ricorda Riva. “E queste nella fase post-pandemica hanno avuto un’accelerazione significativa. Per me è stata la seconda volta in cui c’è stato l’incontro fra una mia passione e il business”. Era successo con Dalani, sito dedicato al design che aveva lanciato in Italia prima di puntare sul progetto di De Nadai. E adesso con i viaggi.

Breve parentesi personale: “Ho visitato una settantina di paesi, ma il miglior viaggio è sempre l’ultimo. Adesso ho una bambina di due anni ed è in arrivo il secondo figlio: per un po’ dovrò rimandare i viaggi più lunghi. Vorrei tanto visitare l’Argentina e il Nepal. Intanto sto preparando una lista di viaggi da fare con bambini”.

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I giovani al centro

Come si costruisce un business con i giovani al centro? Per definizione sono un target mobile, crescono e smettono di essere giovani. “La prima cosa è assumerli. Abbiamo cominciato a portare in azienda anche la classe 2002-2003. Facciamo tanta alternanza e li coinvolgiamo quando ancora sono al liceo. Non è solo una questione di diversity, con loro entra tanta energia.

Poi bisogna fare community, partecipare, ascoltarli il più possibile e non solo attraverso incontri digitali. Per noi sono importanti le community reali, gli incontri fisici. Abbiamo poi imparato che proprio perché i giovani cambiano in fretta, vanno cambiati i mezzi e i canali di comunicazione. Prima era il blog, oggi Instagram e TikTok, domani chissà. Bisogna essere agnostici sui canali”. Il fatto poi che i giovani cambino non è solo una difficoltà, ma anche un’opportunità. Come dimostra il caso di WeRoad.

Lavorare sulle tecnologie

“Il nostro target classico era 18-20 anni. Abbiamo capito che c’era lo spazio per un operatore di viaggi avventura pensato e organizzato in modo diverso da chi era già sul mercato”. Il target si sposta sui Millenial Plus, con un progetto che fa perno sulla community in maniera innovativa. “Il 30% del team di WeRoad lavora sulle tecnologie: senza non avremmo potuto espanderci in cinque paesi europei così velocemente. Non a caso ci definiamo una social travel tech company. Abbiamo cinque diverse community con 2.500 coordinatori in giro per l’Europa, non potremmo gestirli senza una piattaforma digitale”.

WeRoad: come funziona

A questo punto va spiegato come funziona WeRoad: 350 dipendenti, 100mila persone fatte viaggiare dall’inizio delle attività, con un exploit nel 2023, quando sono partite più persone di tutti gli anni precedenti. Da una parte ci sono i clienti che comprano online il viaggio avventura, dall’altra i coordinatori che si candidano a guidarli con un sistema di crowdsourcing: può farlo chiunque, se passa una selezione e dopo un breve periodo di formazione. Dall’anno scorso si possono anche proporre itinerari di viaggio.

“WeRoad X sta funzionando più di quanto ci aspettassimo, diventerà sempre più importante. Chi ha un’idea può formare il gruppo attraverso noi”, spiega Riva. “Abbiamo creato un sistema con coordinatori e il loro viaggio, partner locali, i clienti che chiamiamo weroader e adesso vogliamo scalare. L’obiettivo è la leadership in Europa entro il 2025 nel settore viaggi avventura per piccoli gruppi, che di solito è fatto da player locali e poco digitalizzati”.

Il business che piace agli investitori

Il modello è piaciuto a investitori che si chiamano Carlo De Benedetti e Luigi Berlusconi. Come avete fatto a convincerli? “Il nostro è un business che piace agli investitori, per diversi motivi”, risponde Riva. “Non abbiamo inventato nulla di nuovo, siamo entrati in un mercato molto grande con pochi nuovi player, che non è stato mai davvero digitalizzato e dove, per effetto della pandemia, pochi hanno resistito bene. E poi in questo momento, in cui si sente ancora l’eco del distanziamento sociale, noi lavoriamo molto sulle relazioni: far conoscere persone e portarle in giro per il mondo è molto interessante. E poi il business italiano è già profittevole”.

E questo è sempre un buon argomento. I giovani pensano di contare poco – è l’opinione della maggioranza secondo l’ultimo rapporto Censis -, ma a saperli ascoltare c’è molto da imparare. “È il mindset con cui affronto la vita e il business”, conclude Riva, che vede grande attenzione alla sostenibilità, al benessere psicofisico, all’uso intelligente delle tecnologie (“Copiare è da sfigati tra i liceali”), al primo impiego  (“Tante aziende ci chiedono come fare a trovare giovani, ad assumere talenti”). “Quello che viene visto come un dialogo difficile può diventare un punto di forza, una bella opportunità”. A patto di comportarsi da spugna.

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