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Strategia

L’85% delle aziende considera la formazione aziendale fondamentale: l’investimento maggiore è rivolto verso le hard skill

Lo squilibrio non è solo tra domanda e offerta di posti di lavoro ma anche sulla richiesta di formazione: le imprese guardano alle hard skill per potenziare le competenze tecniche, il dipendente predilige investire in formazione sul digitali divide in generale.

Infine: c’è poca attenzione alle tematiche green e di sostenibilità. È quanto emerge dall’indagine condotta da Gility, EdTech company che semplifica la formazione anche per le Pmi. Nata come joint venture tra Cdp Venture Capital Sgr e Bper Banca per sostenere la competitività delle aziende italiane e la crescita delle competenze abbattendo le barriere all’accesso per una formazione continua e mirata anche tra le Pmi, fotografa lo status e il sentiment attuale rispetto alla formazione.

Protagoniste della ricerca 200 aziende, tra Pmi e micro-imprese, di diversi settori e filiere industriali con fatturato dichiarato da 10 a 50 milioni di euro. L’analisi si muove con due approcci complementari: un’analisi quantitativa, basata su una survey distribuita a tutti, e un’indagine qualitativa, con interviste rivolte a 64 professionisti nelle aree delle risorse umane (53%), del learning & development (24%), del management aziendale (15%) e altre (8%).

Un cambiamento di paradigma nel mercato del lavoro

Quattro temi principali: l’impiego di nuove tecnologie e strumenti innovativi; i contenuti formativi; le aspettative e le richieste delle nuove generazioni; le priorità specifiche legate alla gestione delle persone. L’85% delle aziende considera molto importante fare formazione aziendale (in aggiunta a quella obbligatoria), ma l’investimento maggiore è soprattutto per potenziare le hard skill, le abilità tecniche che si applicano a mansioni o compiti specifici (32%).

I dipendenti, invece, (83%) vede invece prioritaria una formazione sulle competenze digitali e tecnologiche, su cui invece le imprese intervistate concentrano solo il 27% dell’attenzione. Lo stesso squilibrio tra azienda e dipendente si trova anche sul fronte soft skill: solo il 20% della formazione programmata dalle aziende si concentra in questa area, contro un 54% richiesto dai dipendenti che percepiscono chiaramente il valore di implementare le competenze che riguardano le capacità relazionali e comportamentali nel contesto lavorativo.

Come le lingue straniere, ad esempio, fondamentali per interfacciarsi con i mercati esteri ma inserite nei percorsi formativi solo per un 5% da parte della azienda contro una richiesta del 50% dei lavoratori. Significativo, infine, quanto sia ancora bassa la sensibilità di Pmi e micro – imprese, per le tematiche di sostenibilità, le cosiddette green skill: anche su questo fronte i dipendenti vorrebbero più formazione (15%).

Le aziende invece ne offrono poca (4%): “L’indagine evidenzia una tendenza promettente nelle Pmi – racconta Flavio Molinari, co-founder & cso – i dipendenti, in particolare quelli delle generazioni emergenti, mostrano una consapevolezza crescente sull’importanza della formazione aziendale. Questa inclinazione riflette un cambiamento di paradigma nel mercato del lavoro. I giovani professionisti privilegiano ambienti lavorativi che garantiscono un’evoluzione continua delle competenze. Questo rafforza anche il loro indice di occupabilità, elemento cruciale in un’epoca di rapidi cambiamenti tecnologici e settoriali”.

La cultura della formazione a un nuovo livello

Gility si propone di portare la cultura della formazione a un nuovo livello grazie a una piattaforma digitale proprietaria che aggrega contenuti di formazione: da quelli obbligatori e normativi, come ad esempio su salute e sicurezza, a quelli specialistici verticali per settore.

Oltre ad agevolare la selezione e fruizione da parte supporta le aziende nell’uso dei fondi ed incentivi per la formazione finanziata, liberandole allo stesso tempo dal peso della burocrazia e dalla difficoltà di gestione e pianificazione.

Un’opportunità che le imprese faticano a cogliere. Il motivo? Complessità dei processi, uno scenario frammentato e molta burocrazia da gestire. Il 59% delle aziende intervistate, infatti, segnala di avere tra i 2 e i 5 fornitori per coprire le necessità di formazione finanziata, obbligatoria e che riqualifichi le competenze.

Un mercato frammentato che spesso sfiducia gli imprenditori o i responsabili di area ad andare oltre la formazione obbligatoria, per necessità di tempo e rallentamenti burocratici. Il bisogno di formazione è sempre più evidente e risulta fondamentale che questa possa essere fruita digitalmente per una maggiore flessibilità (l’86% dei rispondenti), risparmio di tempo (80%) e semplicità di accesso (60%).

Il 74% delle aziende nel mix di metodologie formative inserisce infatti la modalità e-learning on demand (asincrona) e il 69% delle aziende usa la live. Solo il 4% utilizza strumenti altamente tecnologici come VR o metaverso: sebbene vi sia curiosità, l’implementazione pratica è ancora embrionale.

Coinvolgere le nuove generazioni con la formazione

Le principali aree su cui le Pmi credono sia più importante attivare o hanno già attivato percorsi di formazione sono: vendite (64%), marketing (56%), amministrazione e finanza (55%). Tra i trend 2024 su cui le aziende orienteranno le strategie formative non mancheranno le competenze digitali, l’intelligenza artificiale, accompagnata da leadership, diversity e inclusion, digital marketing, esg e sostenibilità.

L’analisi rivela anche che per il 49% delle aziende intervistate la formazione aziendale sia importante soprattutto come leva per attirare e coinvolgere i talenti più giovani. Le nuove generazioni, infatti, manifestano la maggiore esigenza di formazione, con una marcata preferenza per un approccio flessibile all’apprendimento continuo e il bisogno non solo di formarsi sulla teoria, ma di applicare concretamente quanto appreso.

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