Andrea Pignataro, la seconda persona più ricca d’Italia, ha costruito la sua fortuna sulla vendita di dati e informazioni. Il paradosso è che su di lui e sulle sue società, invece, di dati e di informazioni ce ne sono pochi. Su di lui perché non parla quasi mai con i giornali, sulle sue società perché nemmeno una è quotata in Borsa. Perfino reperire sue foto è difficile. In rete ne circolano poche, perlopiù datate.
Chi è Andrea Pignataro
Di certo c’è che Pignataro è nato nel 1970 a Bologna e lì si è laureato in economia. Poi è andato a Londra, dove ha preso un dottorato in matematica all’Imperial College, e ha iniziato a lavorare in Salomon Brothers, una storica banca d’affari di Wall Street che è confluita in Citigroup alla fine degli anni ’90. Ama la vela, si sposta su un jet privato e ha case a Sankt Moritz, a Londra, nel quartiere di lusso di Belgravia, e a Milano, in zona San Siro. La cassaforte di famiglia è in Lussemburgo.
Pignataro è a capo di Ion Group, uno dei principali poli delle tecnologie finanziarie e dei dati, e ha un patrimonio di 27,5 miliardi di dollari. Ha investito in immobili a Milano, a Pisa e in Sardegna e ha speso quasi 300 milioni per Canouan Estate, una proprietà di 1.280 acri con ville e hotel di lusso a St. Vincent e Grenadine, nei Caraibi.
Che cos’è Ion Group
Pignataro ha fondato Ion Group nel 1999. “Venivo dal mondo della ricerca ed ero esterrefatto da quanto tempo fosse sprecato quotidianamente da persone sofisticate – molte con phd – nel prendere decisioni in modo algoritmico: non c’era né automazione, né software”, ha detto in una rara intervista al Sole 24 Ore. “Questa ‘sorpresa’ mi ha permesso di individuare un’esigenza di mercato allora non soddisfatta”. Nacque così, si legge nell’articolo, l’idea di una ‘algo-azienda’, cioè di un’azienda basata sugli algoritmi.
Le aziende di Ion vanno da Dealogic, una piattaforma di analisi e contenuti finanziari, a Fidessa, una società di software per il trading. L’unico investimento al di fuori della finanza è stato quello in Macron, un marchio di abbigliamento sportivo bolognese, ex sponsor della Lazio. Pignataro ha comprato decine di società, ma non pensa a venderle. Nell’intervista al Sole 24 Ore ha detto di avere costruito “un ibrido”, con “la disciplina, la velocità e la capacità di esecuzione dei grandi fondi”, ma “un orizzonte temporale permanente, da holding industriale. Ion ha sempre una ‘entrance strategy’, ma non ha una ‘exit strategy’, una strategia di vendita”.
Le operazioni
Vittorio Malagutti ha scritto sull’Espresso che il salto di qualità per Ion è arrivato quando ha cominciato a collaborare con Mts, il mercato telematico dei titoli di stato italiani ed europei. A presiederlo all’epoca era Giorgio Basevi, di cui Pignataro era stato allievo a Bologna. Il ruolo di Ion in Mts servì a consolidare rapporti con giganti della finanza come Deutsche Bank, Barclays e Jp Morgan.
Dal 2021 Pignataro ha investito 5,7 miliardi di euro in Italia. Ha comprato Cerved, un’agenzia di informazioni commerciali, e Cedacri, che fornisce servizi informatici alle banche. Ha pagato 50 milioni di euro per il 2% di Mps, quasi 90 milioni per il 9,4% della Banca Illimity di Corrado Passera e 15 milioni per il 32% della Cassa di Risparmio di Volterra. L’ultima grande acquisizione è stata Prelios, ex Pirelli Real Estate, una società di servizi immobiliari che si è allargata ai crediti deteriorati. Pignataro ha concluso da poco l’operazione per 1,35 miliardi di euro.
I numeri di Ion Group
Nel 2023 Ion aveva asset per 27 miliardi di dollari e impiegava 13mila persone. Tra i suoi clienti ci sono governi, banche centrali e alcune delle più grandi aziende del mondo, come Amazon e Microsoft. Ha un fatturato di circa 3 miliardi di euro e un grande margine operativo lordo: diverse testate hanno parlato di 2,2 miliardi, anche il Corriere della Sera ha scritto che la cifra reale è più bassa.
Sono notevoli anche i debiti. Varie fonti hanno citato cifre tra i 10 e i 16 miliardi. A gennaio Bloomberg ha scritto che le tante acquisizioni degli ultimi anni sono state finanziate anche grazie a un prestito di 3 miliardi di dollari da Hps Investment Partners, un fondo di New York. La cifra, scrive sempre la testata statunitense, si sarebbe sommata ad altri 12 miliardi pregressi.
Il Bloomberg italiano
Proprio Michael Bloomberg, il fondatore della testata, è l’imprenditore a cui Pignataro è paragonato più spesso. Anche l’ex sindaco di New York iniziò la sua carriera in Salomon Brothers, circa 30 anni prima di Pignataro. Dopo essere stato licenziato, fondò la società che che fornisce informazioni e dati agli operatori finanziari e che lo ha reso la 12esima persona più ricca del mondo.
Nell’intervista al Sole 24 Ore, Pignataro ha detto: “Facciamo un lavoro simile e a volte in competizione. Bloomberg è principalmente una media company. Ion si occupa di automazione e digitalizzazione dell’industria fintech. Dieci anni fa Bloomberg era 30 volte più grande di noi, oggi è scesa a tre volte. Forse nel 2030 saremo alla pari”.
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