
Articolo tratto dal numero di ottobre 2025 di Forbes Italia. Abbonati!
Per Dxc Technology la trasformazione digitale non è uno slogan, ma una traiettoria che intreccia anticipazione dei trend, competenze e ascolto del cliente. In un mercato sempre più affollato, l’azienda americana – 13 miliardi di dollari di ricavi annui e 120mila dipendenti nel mondo – rivendica il ruolo di first mover, capace di portare innovazione nei settori più complessi, dalla pubblica amministrazione alla sanità, dalla manifattura all’automotive.
“La nostra forza è trasformare le tecnologie emergenti in soluzioni concrete, scalabili e replicabili”, spiega Eugenio Maria Bonomi, territory market lead per Italia, Francia e Benelux.
L’intelligenza artificiale, il cloud, la cybersecurity e la modernizzazione dei sistemi legacy sono i pilastri su cui Dxc costruisce la propria proposta di valore. Un approccio che ha dato vita, all’inizio del 2025, al Dxc framework, concepito per aiutare imprese e istituzioni ad adottare l’IA in modo pragmatico. “L’obiettivo era dare una risposta concreta alle sfide che molte organizzazioni si trovano ad affrontare nell’adozione dell’intelligenza artificiale”, spiega Bonomi.
Insomma, non una vetrina tecnologica, ma progetti reali: dalla diagnostica predittiva in ambito automotive agli agenti IA per semplificare l’accesso ai servizi pubblici, fino all’ottimizzazione dei processi assicurativi e sanitari.
Nicola Mangia, market leader per l’Italia, sottolinea che il Paese oggi ha un peso strategico crescente per Dxc. “La mia nomina riflette l’impegno a rafforzare la nostra presenza in Italia, paese che non vogliamo pesare come periferia, ma come hub centrale per la nostra crescita europea”. I settori sotto osservazione sono quelli che già mostrano forte pressione competitiva e tecnologia, come energy & utilities, banking & insurance, automotive e retail.
Mangia non nasconde le difficoltà italiane, soprattutto sul fronte della pubblica amministrazione: “La Pa è spesso vista come terreno complesso per la digitalizzazione, con burocrazie, norme, lentezze. Ma proprio lì stanno nascendo modelli utili anche al privato”. Secondo lui, casi italiani di digitalizzazione, modernizzazione dei dati, gestione dei servizi informatici e interoperabilità mostrano che il settore pubblico può non solo recuperare, ma diventare laboratorio per innovazioni applicabili alle imprese.
Negli ultimi tre anni Dxc ha assunto oltre 600 professionisti in Italia, portando la squadra nazionale a circa tremila persone. Le competenze ricercate sono quelle che fanno la differenza in un mercato in continua evoluzione: intelligenza artificiale, cloud, cybersecurity, analytics e DevOps. La crescita è accompagnata da programmi di upskilling e reskilling. “Costruiamo una cultura collaborativa e internazionale, centrata sul cliente e sulla valorizzazione del talento”, aggiunge Mangia.
Ma il cuore della strategia è l’evoluzione del concetto stesso di servizio. Dxc parla di ‘metaservizi’: “Non si tratta di offrire tecnologia fine a se stessa, ma di mettere in relazione attori, processi e dati per generare valore condiviso, per imprese e cittadini”. Per il cliente, questo significa soluzioni integrate, scalabili, interoperabili, che funzionino in contesti complessi, con benefici concreti come maggiore efficienza, semplificazione dei processi, servizi più accessibili.
La trasformazione digitale, sottolinea Bonomi, non si fa in solitaria. Ecco perché Dxc punta molto sulla costruzione di ecosistemi e sulla co-creazione. “L’ecosistema è fondamentale perché la trasformazione digitale non è ‘one size fits all’”, dice Mangia. Anche il marketing, che spesso viene ridotto a pura comunicazione, per Dxc diventa strumento di co-creazione. “Forum Pa, per esempio, non è solo un evento per esporre, ma anche per ascoltare, raccogliere feedback, capire quali sono le priorità che emergono dal confronto diretto con utenti istituzionali, stakeholder ed enti locali”, racconta Bonomi.
Guardando oltre l’Italia, Dxc vede manifestazioni delle sue strategie anche nei mercati internazionali. A questo si aggiunge la rete di partnership: grandi player globali che assicurano solidità e tecnologie d’avanguardia e realtà locali capaci di adattare le soluzioni alle specificità territoriali. “Questa combinazione”, commenta Mangia, “ci consente di offrire progetti flessibili e sostenibili, accelerando l’adozione dell’innovazione tanto nelle grandi organizzazione quanto nelle pmi”.
Il percorso di Dxc dimostra come la digitalizzazione non sia solo questione di strumenti, ma anche di cultura e visione strategica. Per questo il posizionamento come first mover non si traduce in rincorsa alla moda tecnologica del momento, ma nella capacità di anticipare i bisogni di imprese e istituzioni. In un’Italia che cerca di colmare i ritardi digitali e sfruttare al meglio le risorse del Pnrr, la partita di Dxc è anche una scommessa sul futuro del Paese. “Se i numeri che presentano le statistiche non vanno bene, non è colpa dei dati, ma dei loro calcoli”, scherza (o forse no) Bonomi, evocando la responsabilità che l’azienda attribuisce non solo alle tecnologie, ma a chi le misura.
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