
Contenuto tratto dal numero di novembre 2025 di Forbes Italia. Abbonati!
Ascoltare prima di agire. È da qui che parte Ucb, azienda biofarmaceutica globale con oltre 90 anni di storia e una missione: migliorare la vita delle persone che convivono con patologie croniche e rare. In un contesto sanitario sempre più complesso, segnato dall’aumento dei costi della ricerca e dall’invecchiamento della popolazione, la sfida è coniugare innovazione, sostenibilità e impatto sociale.
“Per noi l’equità non è un concetto astratto, ma un percorso che inizia dall’ascolto, soprattutto di chi convive con la malattia”, dice Ivan Di Schiena, head of access, sustainability and public affairs Italy. Un ascolto che diventa metodo e visione: “Solo comprendendo la realtà di pazienti e caregiver si può capire dove il sistema sanitario non riesce a servire pienamente i bisogni delle persone. Da lì partiamo per costruire soluzioni concrete, coinvolgendo tutti gli attori del sistema in un approccio che chiamiamo Connecting Healthcare”.
L’idea è quella di creare tavoli di confronto in cui istituzioni, clinici, aziende e associazioni di pazienti e di cittadini lavorino insieme per colmare le disuguaglianze. “L’iniquità può manifestarsi in diversi modi”, prosegue Di Schiena. “Difficoltà di accesso alla diagnosi, disomogeneità nei percorsi di cura, carenze nei modelli organizzativi che impediscono di usare al meglio le innovazioni e le tecnologie disponibili. Quando questo accade, non è solo il cittadino a perdere, ma anche il sistema, che investe male le proprie risorse”.
Per Ucb il punto di partenza non è la centralità del paziente intesa in senso passivo. “Abbiamo abbandonato la logica della patient centricity, preferendo il termine engagement: mettiamo attorno al tavolo persone con esperienza di patologia e le rendiamo protagoniste dello sviluppo delle soluzioni”. Un approccio che si estende anche alle istituzioni. “Con i decisori pubblici partiamo sempre dall’ascolto. Il nostro obiettivo è offrire strumenti e dati per dimostrare che un investimento nella salute, se genera valore clinico, sociale ed economico, non è un costo, ma un guadagno per l’intero sistema”.
È qui che entra in gioco il concetto di ‘valore’: una misura che va oltre l’efficacia terapeutica e include benefici tangibili per il paziente e per la collettività. “Oggi non possiamo più parlare solo di efficacia di una soluzione, ma di valore. Il valore si manifesta su tre dimensioni: clinica, sociale ed economica. L’efficacia sulla patologia, il miglioramento della qualità di vita e la sostenibilità del sistema sanitario. Dimostrare che un’innovazione incide su questi tre livelli significa dare evidenza del suo impatto reale sull’ecosistema salute”.
Evidenze che si costruiscono anche con la ricerca. Ucb investe ogni anno quasi il 30% dei profitti in ricerca e sviluppo. “Stiamo ampliando le nostre competenze”, sottolinea Di Schiena, “non solo sul piano clinico, ma anche su quello economico, etico e legale, per fornire al decisore pubblico tutte le informazioni necessarie a valutare le nuove tecnologie come veri investimenti”. Uno degli esempi più significativi è Impact, promosso da Siommms, che riguarda l’area dell’osteoporosi e delle fratture da fragilità, che colpiscono soprattutto le donne in menopausa.
“Parliamo di un problema enorme di equità: più del 58% delle donne in menopausa non arriva a una diagnosi tempestiva di prevenzione. Abbiamo reso disponibili innovazioni che migliorano la qualità dell’osso in tempi brevi, ma sappiamo che non basta. Per questo abbiamo lavorato con società scientifiche e associazioni di pazienti per rendere possibile un modello organizzativo di presa in carico che consenta di individuare le pazienti già al primo accesso al pronto soccorso, seguirle e inserirle in un percorso di cura adeguato”. Il progetto è già stato applicato in diverse regioni italiane, da Nord a Sud, e l’obiettivo è estenderlo a tutte le strutture sanitarie. “È un esempio di come si possa trasformare un’innovazione terapeutica in un impatto sistemico reale”.
Lo stesso metodo viene applicato in altre aree. In dermatologia, per esempio, e nelle malattie rare. “Nel caso della miastenia gravis”, dice Di Schiena, “abbiamo compreso che la patologia era poco conosciuta e, spesso, trattata solo per contenerne i sintomi. Abbiamo unito le associazioni dei pazienti, promosso un libro bianco per diffondere conoscenza e sostenuto la ricerca con due nuove innovazioni terapeutiche. Soprattutto, abbiamo costruito un’alleanza per migliorare diagnosi, presa in carico e consapevolezza per i pazienti e i caregiver”.
Ogni progetto nasce dall’ascolto e cresce attraverso la collaborazione. “Non esiste una ricetta valida per tutti. Ogni patologia, ogni contesto territoriale ha esigenze diverse. Serve la capacità di ascoltare e di adattarsi per rispondere al bisogno reale, che può essere organizzativo, terapeutico o informativo”.
Un altro esempio è Genere Donna, la piattaforma web e social sostenuta da Ucb e promossa da Anmar, Apmarr e Apiafco, associazioni di pazienti con patologie autoimmuni. “Abbiamo aderito a questo progetto perché rappresenta un punto di riferimento per le donne con patologie croniche. Dall’ascolto è emerso un bisogno trasversale: mettere in contatto le pazienti non solo con specialisti della patologia, ma anche con esperti di salute di genere. È un progetto che, da diversi anni, sta ottenendo grande successo e riconoscimento”.



