Da non perdere |Leader
27 ottobre 2025

La storia di Uljan Sharka, il fondatore di Domyn che vuole costruire un gigante dell'IA

Con l'ex iGenius l'imprenditore italiano di origine albanese sviluppa modelli linguistici e agenti per settori regolamentati
La storia di Uljan Sharka, il fondatore di Domyn che vuole costruire un gigante dell'IA

Andrea Giacobino
Scritto da:
Andrea Giacobino

Contenuto tratto dal numero di ottobre 2025 di Forbes Italia. Abbonati!

Quando si parla di intelligenza artificiale in Europa, il nome di Uljan Sharka, classe 1992, cittadino italiano di origine albanese, emerge sempre più spesso. Nel nostro Paese fin da giovane, ha coltivato, studiando da solo, la passione per l’informatica e oggi guida una delle fintech più importanti del nostro Paese e, potenzialmente, d’Europa. Ex Apple, è global innovator al World Economic Forum e membro dell’advisory board dell’AI Hub for Sustainable Development (Onu–G7). Fondatore nel 2016 e ceo di Domyn (già iGenius), scaleup europea che sviluppa modelli linguistici e agenti IA per settori regolamentati, Sharka descrive l’IA non soltanto come una tecnologia, ma come l’inizio di una rivoluzione della conoscenza capace di elevare l’umanità a un nuovo livello. Una trasformazione paragonabile alla stampa o a internet, ma con una velocità e una profondità mai viste prima.

Perché tante aziende devono diventare ‘AI company’

Eppure, contrariamente alla percezione diffusa, non è troppo tardi per partecipare a questa rivoluzione. Sharka mette in guardia da quella che chiama una “distorsione della realtà”: l’IA di oggi non è una macchina che vola, ma un motore con autonomia limitata, ancora incompleto. Proprio per questo il potenziale da esprimere è enorme e il tempo per contribuire rimane. La differenza, secondo lui, la farà chi sceglierà di partecipare da creatore e non solo da utente passivo. Per Sharka non basta utilizzare l’IA in affitto. Le aziende devono possederla, perché diventerà la loro nuova proprietà intellettuale e parte integrante della loro identità. Un concetto che traduce in modo diretto: se banche, assicurazioni o aziende manifatturiere non diventeranno ‘AI company’, saranno destinate a ridimensionarsi o a sparire.

Il supercomputer di Domyn

A sostegno di questa visione, Domyn sta realizzando Colosseum, un supercomputer capace di oltre 100 miliardi di miliardi di calcoli al secondo, progettato per consentire alle imprese di sviluppare e governare i propri modelli linguistici. Ma il punto centrale non è solo tecnologico, ma anche è culturale. “Non è pensabile”, avverte Sharka, “che una manciata di aziende controlli tutta la conoscenza umana e processi ogni interazione che abbiamo con la tecnologia, a casa e al lavoro”. Un simile scenario significherebbe aprire la strada a una tecnocrazia centralizzata, a una dittatura digitale. L’alternativa è un sistema distribuito, che preservi la ‘freedom to operate’, favorisca uguaglianza e abiliti un mercato aperto. In questa visione, il futuro dell’IA non dipende da chi cerca di concentrare potere, ma dagli utenti e dai decision maker che la adottano: con le loro scelte quotidiane e strategiche determinano non solo se la rivoluzione sarà inclusiva o distopica, ma anche quali prodotti e valori la guideranno.

Il potenziale europeo

L’Europa, secondo Sharka, ha davanti a sé un potenziale enorme: 35mila miliardi di euro di asset liquidi, di cui circa 10mila miliardi fermi nei conti di risparmio. Risorse che potrebbero finanziare data center, formazione e ricerca, ma che restano troppo spesso bloccate dall’assenza di ambizione. Investirli con visione significherebbe alimentare un’IA distribuita, democratica e sostenibile. E proprio la frammentazione europea – lingue, culture, regole –, che viene spesso percepita come un limite, per Sharka può diventare, nell’era dell’IA, un vantaggio competitivo unico, trasformando il continente in un leader naturale di lungo periodo, a dispetto del pessimismo diffuso. In questo scenario, l’Unione europea, e in particolare l’Italia, possono diventare l’emblema di un Rinascimento digitale: un nuovo capitolo storico in cui l’Europa non si distinguerà soltanto per arte e scienza, ma anche per la capacità di fondare l’innovazione su valori di umanesimo e libertà individuali. Infine, Sharka richiama il concetto di fiducia, che per lui non è una questione contrattuale, ma generazionale. È il rispetto della persona e della sua dignità il vero discrimine.