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19 novembre 2025

Etna, il vino del vulcano tra successo internazionale e ricerca di identità

La Doc siciliana affascina con i suoi bianchi tesi e minerali e i rossi di carattere, ma dietro il fascino del vulcano emergono fragilità strutturali, frammentazione produttiva e la necessità di una maturità ancora da raggiungere
Etna, il vino del vulcano tra successo internazionale e ricerca di identità

Cristina Mercuri DipWSET
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Cristina Mercuri DipWSET

Quando la Doc Etna richiama operatori e stampa internazionale, il vulcano conferma tutta la sua forza magnetica: terrazze di pietra lavica, vigneti aggrappati a pendii impossibili, un racconto di viticoltura eroica che nessun’altra denominazione italiana può offrire con la stessa intensità. Eppure, dietro questa suggestione, si cela un territorio vinicolo che sta ancora negoziando la propria identità, dove la brillantezza convive con la fragilità e dove il successo dipende tanto dalla padronanza tecnica quanto dal terroir.

I bianchi

I traguardi più convincenti oggi appartengono indubbiamente ai bianchi. Il Carricante, in particolare, esprime una chiarezza e una tensione che possono rivaleggiare con i migliori bianchi minerali europei. I vini della zona di Milo, sul versante orientale, confermano che questo vitigno, nelle giuste esposizioni e a quote sufficienti, può regalare acidità cristallina, sfumature saline e una verticalità sorprendente.

L’emergere della categoria Etna Bianco Superiore sottolinea ulteriormente questo potenziale. Tuttavia, il disciplinare, permettendo l’uso di numerosi altri vitigni accanto al Carricante senza fissare una percentuale minima più stringente — per esempio all’85% — rischia di produrre vini di stile molto diverso tra loro, con una coerenza meno immediata rispetto a quanto sarebbe necessario per consolidare un’identità riconoscibile.

A complicare il quadro si aggiunge il divieto di indicare in retroetichetta i vitigni utilizzati: una scelta nata con l’intento di elevare il territorio dell’Etna al di sopra delle singole varietà, ma che finisce per generare incertezza nelle aspettative, soprattutto tra i consumatori meno esperti. Sono vini che parlano di precisione, un’immagine perfettamente allineata al gusto contemporaneo per freschezza, definizione e longevità, ma che necessitano di una maggiore chiarezza normativa per consolidare la propria riconoscibilità.

I rossi

I rossi, invece, raccontano una storia più complessa. Il Nerello Mascalese viene spesso definito il “Nebbiolo del Sud”, ma questo paragone rischia di mascherare le difficoltà. È un vitigno tardivo, dai tannini naturalmente austeri, che richiede una cura eccezionale sia in vigna sia in cantina. Una vendemmia mal calibrata o estrazioni troppo spinte producono tannini verdi e tessiture asciuganti che compromettono l’equilibrio. Anche il legno è un’arma a doppio taglio: gestito male, soffoca la delicatezza del frutto. Quando però è trattato con finezza, il Nerello Mascalese regala vini di profumo elegante, struttura filigranata e grande capacità evolutiva. Ma troppo spesso, anche durante Etna Days, si incontrano bottiglie che tradiscono un livello tecnico disomogeneo.

L’immagine del vulcano

Parte della difficoltà è di natura strutturale. Etna è diventata un indirizzo di moda, “sexy” nel linguaggio dei sommelier e della stampa internazionale. L’immagine del vulcano seduce investitori, piccoli viticoltori e outsider. Questo glamour porta molti a imbottigliare vino da appena un ettaro di vigna, senza avere le competenze o le strutture per domare il Nerello Mascalese o per gestire in modo efficace la distribuzione. Il risultato è un’esplosione di etichette, una straordinaria diversità stilistica, ma anche una qualità discontinua.

L’eccessiva frammentazione, infatti, non crea problemi soltanto perché alcuni produttori inesperti finiscono per immettere sul mercato vini poco rifiniti o tecnicamente imperfetti, ma anche perché realtà troppo piccole non hanno la massa critica necessaria per affermarsi nella distribuzione. Il rischio non è soltanto che un consumatore, trovandosi davanti a un vino non all’altezza, estenda il giudizio all’intera denominazione, ma che in molti mercati il vino dell’Etna non arrivi affatto, per la scarsità delle quantità disponibili. Così si genera un paradosso: di Etna si parla moltissimo, ma se ne beve ancora troppo poco.

Mercato e consumi

I dati di mercato confermano vitalità e fragilità allo stesso tempo. La produzione cresce: nel 2023 le bottiglie sono aumentate del 6,2% rispetto all’anno precedente, raggiungendo quota 3,5 milioni. La vendemmia 2024 ha segnato un rimbalzo spettacolare, +60% rispetto al 2023 colpito dalla siccità. Oggi la denominazione conta circa 1.500 ettari, distribuiti in venti comuni e più di 140 contrade. Circa il 60% della produzione è destinata all’estero, con Stati Uniti, Canada, Svizzera e Regno Unito come mercati principali. Numeri che testimoniano dinamismo, ma che al tempo stesso evidenziano quanto Etna resti piccola nel panorama globale: sei milioni di bottiglie l’anno non bastano a costruire una vera penetrazione nei mercati internazionali.

Per quanto riguarda i consumi, le evidenze disponibili mostrano che nei mercati esteri, soprattutto negli Stati Uniti, i vini dell’Etna mantengono una buona performance nel canale on-premise (HoReCa: ristoranti, bar, hotel).

Secondo il Consorzio Etna Doc e l’Osservatorio UIV-Vinitaly, nel primo semestre del 2024 il vino Etna ha quasi tenuto il passo, con un calo marginale (-0,2%) nei consumi rispetto a variazioni decisamente più negative per il vino italiano in generale (-8,8%) negli Stati Uniti.  Nel dettaglio, il 62% del consumo di vini Etna negli Usa è concentrato proprio sul canale out-of-home, una percentuale superiore alla media delle Doc siciliane. Nel canale retail/off-trade (Gdo, enoteche ecc.), i vini Etna subiscono invece lievi contrazioni di volume, ma si mantengono migliori rispetto al trend complessivo dei vini italiani, grazie al loro posizionamento premium.

In Italia, pur non avendo cifre recenti specifiche per Etna che distinguano chiaramente il consumo HoReCa vs Gdo, si può dire che il contesto generale del vino vede una leggera crescita in valore nella Gdo (nel 2024 il mercato vino in Gdo in Italia ha visto le vendite crescere in valore rispetto al 2023, benché il volume sia calato) e un consumo stabile o in lieve aumento globale. Nonostante la reputazione sia in crescita, le vendite restano fragili e molti consumatori faticano a distinguere villaggi, pendii o contrade. L’immagine iconica del “vino del vulcano” cattura l’attenzione, ma non assicura ancora riconoscibilità e fedeltà.

Tra punti di forza e rischi

La denominazione è consapevole di questi rischi. L’espansione dei vigneti è stata limitata a cinquanta ettari l’anno tra il 2024 e il 2027, un approccio prudente che intende evitare una crescita incontrollata. L’ipotesi di richiedere lo status di Docg segnala la volontà di formalizzare regole più severe e di articolare con chiarezza le gerarchie qualitative. Sono passi importanti, perché la sfida oggi non è più rendere Etna famosa — lo è già — ma fare in modo che la fama poggi su una base solida di eccellenza.

Tutto ciò non deve oscurare i punti di forza straordinari. I bianchi stanno emergendo come veri benchmark. I rossi, quando ben eseguiti, possiedono una luminosità e un’eleganza che pochi vini del Sud Italia possono rivendicare. I vigneti sono sempre più curati da una nuova generazione, spesso con pratiche biologiche o biodinamiche, e il recupero dei terrazzamenti e della biodiversità ha un valore culturale oltre che ambientale. Anche l’enoturismo cresce: il richiamo del vulcano, la vicinanza a Catania e Taormina, e la forza magnetica del vino fanno di Etna una destinazione unica.

Gli imperdibili bianchi

  • Ammura 2022
    Mostra buona densità e rotondità, sostenuta da un’acidità marcata che ne garantisce tensione. Profilo nitido, con chiari riferimenti floreali e agrumati, coerente e lineare nello sviluppo.
  • Calcagno “Ginestra” 2024
    Un bianco concentrato e teso, con un’impostazione essenziale che privilegia definizione e verticalità. Potenziale da seguire, soprattutto in termini di capacità evolutiva.
  • Benanti Pietra Marina 2020
    Un vino di spessore, complesso, costruito con rigore e profondità. Si colloca nella fascia alta della denominazione, con una struttura che gli permette di affrontare un lungo invecchiamento.
  • Cottanera Contrada Calderara 2023
    Profilo elegante e profondo, con tannini ben calibrati e un tratto minerale che sostiene la progressione. Vino già armonico, con buone prospettive di crescita.
  • Feudo Cavaliere Millemetri 2017
    Una delle espressioni più convincenti dell’annata: solido, stratificato, capace di trasmettere la quota altimetrica attraverso freschezza e complessità. Lungo e appagante.
  • Graci Arcuria 2023
    Stile slanciato, di concentrazione misurata. Il tratto è nitido, con una coerenza che mette in risalto la tensione e il carattere del sito.
  • Maugeri Frontebosco 2024
    Esemplare per precisione e finezza. Mostra eleganza senza rinunciare a profondità, con una definizione aromatica che lo rende uno dei più convincenti della batteria.
  • Palmento Costanzo Santo Spirito 2022
    Unisce densità e sottigliezza in modo equilibrato. Espressione raffinata della contrada, con buon allungo e tessitura tannica ben risolta.
  • Tenute Ballasanti 2023
    Un vino preciso e compatto, che privilegia chiarezza e solidità. Meno immediato in termini espressivi, ma tecnicamente ben costruito.

Rosati

  • Massimo Lentsch Rosato 2024
    Rosato elegante e contenuto, più sul versante della discrezione che della potenza. Finezza e misura sono i tratti distintivi.

Rossi

  • Fede Graziani Profumo di Vulcano 2022
    Giocato su equilibrio e complessità: aromatica fine, tessitura tannica levigata, con un accento affumicato che firma l’origine. Raffinato.
  • Girolamo Russo Feudo 2022
    Eleganza spiccata, tannini setosi e ben integrati. Tra le versioni più complete ed equilibrate, già godibile ma con margine di ulteriore evoluzione.
  • Monteleone Rumex 2023
    Mostra finezza aromatica e tessitura tannica delicata. Slanciato, con un profilo coerente e ben misurato.
  • Tenuta di Fessina Erse 1911 Contrada Moscamento 2023
    Un vino che privilegia la finezza alla forza. Sottile, elegante, con progressione lineare e ben definita.
  • Tasca d’Almerita Rampante 2021
    Più assertivo nella struttura, con acidità succosa che bilancia un tannino presente e a tratti asciugante. Complesso, ma con qualche tensione che richiede tempo per integrarsi.

La storia dell’Etna, dunque, è una storia di adolescenza. È una denominazione piena di promesse, radiosa, ancora alla ricerca della propria espressione più coerente. Per passare dall’essere “sexy” a diventare davvero grande, Etna deve perfezionare la gestione del Nerello Mascalese, comunicare con più chiarezza la propria complessità e trovare l’equilibrio tra diversità e riconoscibilità. Se riuscirà, non sarà solo il vino del vulcano più glamour d’Italia, ma uno dei territori del vino più rispettati d’Europa.