
Dal 2009 Palmento Costanzo è la dimostrazione di come l’Etna possa essere letta con un linguaggio attuale senza tradire la memoria. Il progetto nasce con il recupero del palmento storico in zona Santo Spirito (4 ettari iniziali, vigne centenarie ad alberello su pali di castagno, muretti a secco rifatti pietra su pietra) e si sviluppa oggi su 18 ettari, tra i 600 e i 1.050 metri, tutti in regime biologico. La famiglia Costanzo ha scelto una strada chiara: un’estetica del dettaglio che mette al centro la singola particella—plot-driven nel senso più serio del termine—e un’idea di finezza che rende leggibili suolo, quota e microclima.
Restauro conservativo del palmento per vinificare, nuova cantina dal 2019, 7.000 ceppi/ha, 14 persone fisse in vigna per gestire terrazze e muretti: l’impresa è artigianale nei metodi ma industriale nella disciplina. La consulenza di potatura “conservativa” (impostata da Giulio Caccavello, ex Simonit) tutela longevità e flussi linfatici; la selezione massale registra e preserva biotipi virus-esenti, grappoli piccoli e spargoli, fenotipi coerenti con altitudini ed esposizioni.
In cantina, nastro di selezione a mano, fermentazioni in troncoconici (con macerazioni più lunghe e vendemmie tardive per Santo Spirito), vasche d’acciaio compartimentate da 20 hl per tagli millimetrici, e una bottaia “gentile”: rovere austriaco Stockinger (per tannini e aromi più discreti), rovere francese e tradizionale castagno. I bianchi affinano in acciaio—fatta eccezione per i cru, che passano in legno grande—mentre sui rossi di contrada si lavora con una grammatica di estrazione misurata e verticalità acida.
L’interpretazione è netta: nerello mascalese scolpito in trama fine, tannino setoso e spalle acide alte; carricante teso e floreale, più densità che larghezza, finale salino. “Bianco di Sei” (90% carricante) lavora su agrumi, ginestra e una progressione affusolata: nel 2022 è nitido e denso, il 2019 esprime maggiore complessità e chiusura asciutta, il 2018—annata fresca e piovosa—stringe l’asse su erbe secche e acidità lineare. Tra i rossi, Contrada Santo Spirito 2021 mostra delicatezza e stratificazione (lavanda, legno perfettamente integrato), mentre la release commerciale di Santo Spirito 2021 affina 20 giorni di macerazione e 20 mesi in botte: amarena, erbe, canfora e muschio, tannino setoso e acidità alta, diritta. Il 2020 punta su definizione di frutto e vivacità acida; il 2019 aggiunge una vena salina che allunga il sorso. Cavaliere 2021 porta ricchezza controllata, arancia amara e una tessitura lunga su acidità matura.
Le Particelle di Santo Spirito raccontano le micro-differenze: 464 gioca su erbe e rabarbaro con chiusura lievemente amara; 466 più succosa, frutto rosso asciutto e tannino risolto; 468 più austera, ciliegia e oliva nera con tannino più astringente. È un trittico didattico su come altitudine e colate storiche (qui la 1879 è vicinissima) modulino grana tannica e salinità.
Capitolo a parte per Prephylloxera (circa 1.600 bottiglie): fermentazione “integrata” con tonneaux e 6–8 mesi di macerazione, poi acciaio e nuovo passaggio in legno piccolo prima di un lungo affinamento in bottiglia. Il 2022 profuma di rosa e ciliegia, tatto setosissimo e freschezza vibrante; 2021 più lineare e balsamico; 2020 succoso, anice ed equilibrio “classico”.
Gli spumanti da nerello mascalese (non vintage, 24 mesi sui lieviti, 4 g/L): il bianco è asciutto, acidità affilata, volutamente essenziale; il rosé privilegia rotondità e delicatezza, oggi un filo corto ma elegante nella beva. Sono scelte identitarie: non “champagne-like”, ma traduzione frizzante del nerello in chiave secca e gastronomica.
Palmento Costanzo rappresenta il volto contemporaneo dell’Etna: rigore agronomico, vinificazioni pulite, legni discreti, narrazione per parcella. In un areale dove la retorica dell’eroico rischia di diventare estetica, qui l’eroico è organizzazione del lavoro e coerenza stilistica. È così che si costruisce valore: una bottiglia alla volta, un muretto alla volta, una particella alla volta.





