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14 novembre 2025

La nuova grammatica dell’Etna: Palmento Costanzo e l’eleganza della precisione

Dalla rinascita del palmento storico di Santo Spirito a un modello di viticoltura di dettaglio: 18 ettari in biologico, vinificazioni per particella e una ricerca di finezza che traduce il vulcano in linguaggio contemporaneo senza perdere le radici.
La nuova grammatica dell’Etna: Palmento Costanzo e l’eleganza della precisione

Cristina Mercuri DipWSET
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Cristina Mercuri DipWSET

Dal 2009 Palmento Costanzo è la dimostrazione di come l’Etna possa essere letta con un linguaggio attuale senza tradire la memoria. Il progetto nasce con il recupero del palmento storico in zona Santo Spirito (4 ettari iniziali, vigne centenarie ad alberello su pali di castagno, muretti a secco rifatti pietra su pietra) e si sviluppa oggi su 18 ettari, tra i 600 e i 1.050 metri, tutti in regime biologico. La famiglia Costanzo ha scelto una strada chiara: un’estetica del dettaglio che mette al centro la singola particella—plot-driven nel senso più serio del termine—e un’idea di finezza che rende leggibili suolo, quota e microclima.

Un cantiere d’identità e di competenze

Restauro conservativo del palmento per vinificare, nuova cantina dal 2019, 7.000 ceppi/ha, 14 persone fisse in vigna per gestire terrazze e muretti: l’impresa è artigianale nei metodi ma industriale nella disciplina. La consulenza di potatura “conservativa” (impostata da Giulio Caccavello, ex Simonit) tutela longevità e flussi linfatici; la selezione massale registra e preserva biotipi virus-esenti, grappoli piccoli e spargoli, fenotipi coerenti con altitudini ed esposizioni.

In cantina, nastro di selezione a mano, fermentazioni in troncoconici (con macerazioni più lunghe e vendemmie tardive per Santo Spirito), vasche d’acciaio compartimentate da 20 hl per tagli millimetrici, e una bottaia “gentile”: rovere austriaco Stockinger (per tannini e aromi più discreti), rovere francese e tradizionale castagno. I bianchi affinano in acciaio—fatta eccezione per i cru, che passano in legno grande—mentre sui rossi di contrada si lavora con una grammatica di estrazione misurata e verticalità acida.

Stile di casa: la verticalità come firma

L’interpretazione è netta: nerello mascalese scolpito in trama fine, tannino setoso e spalle acide alte; carricante teso e floreale, più densità che larghezza, finale salino. “Bianco di Sei” (90% carricante) lavora su agrumi, ginestra e una progressione affusolata: nel 2022 è nitido e denso, il 2019 esprime maggiore complessità e chiusura asciutta, il 2018—annata fresca e piovosa—stringe l’asse su erbe secche e acidità lineare. Tra i rossi, Contrada Santo Spirito 2021 mostra delicatezza e stratificazione (lavanda, legno perfettamente integrato), mentre la release commerciale di Santo Spirito 2021 affina 20 giorni di macerazione e 20 mesi in botte: amarena, erbe, canfora e muschio, tannino setoso e acidità alta, diritta. Il 2020 punta su definizione di frutto e vivacità acida; il 2019 aggiunge una vena salina che allunga il sorso. Cavaliere 2021 porta ricchezza controllata, arancia amara e una tessitura lunga su acidità matura.

Le Particelle di Santo Spirito raccontano le micro-differenze: 464 gioca su erbe e rabarbaro con chiusura lievemente amara; 466 più succosa, frutto rosso asciutto e tannino risolto; 468 più austera, ciliegia e oliva nera con tannino più astringente. È un trittico didattico su come altitudine e colate storiche (qui la 1879 è vicinissima) modulino grana tannica e salinità.

Capitolo a parte per Prephylloxera (circa 1.600 bottiglie): fermentazione “integrata” con tonneaux e 6–8 mesi di macerazione, poi acciaio e nuovo passaggio in legno piccolo prima di un lungo affinamento in bottiglia. Il 2022 profuma di rosa e ciliegia, tatto setosissimo e freschezza vibrante; 2021 più lineare e balsamico; 2020 succoso, anice ed equilibrio “classico”.

La grammatica delle bollicine

Gli spumanti da nerello mascalese (non vintage, 24 mesi sui lieviti, 4 g/L): il bianco è asciutto, acidità affilata, volutamente essenziale; il rosé privilegia rotondità e delicatezza, oggi un filo corto ma elegante nella beva. Sono scelte identitarie: non “champagne-like”, ma traduzione frizzante del nerello in chiave secca e gastronomica.

Numeri, sfide e punti di forza

  • Scala e risorse. Diciotto ettari ad alta densità, terrazzamenti, muretti, lavorazioni manuali e selezione massale implicano costi strutturalmente superiori alla media. La contropartita è la qualità costante e la possibilità di segmentare gamma e mercati attraverso parcelle, contrade e micro-cuvée.
  • Altitudine e clima. Tra 600 e 1.050 metri, l’acidità è una garanzia, ma la maturazione fenolica va “accompagnata”: serve pazienza (vendemmie tardive) e mano leggera in estrazione. In annate fresche o molto piovose, l’enfasi va spostata su trasparenza e controllo dell’ossidazione; in annate calde, la quota difende freschezza ma impone attenzione all’equilibrio zuccheri/acidità.
  • Cantina e legni. La scelta di Stockinger e grandi formati riduce imprinting aromatico, preserva succo e vibrazione; è un vantaggio competitivo in un contesto in cui l’eccesso di rovere “trucca” troppe etichette. Il frazionamento in vasche da 20 hl consente precision blending coerente con l’idea di “vino per particella”.
  • Identità commerciale. Il portafoglio è leggibile: “di Sei” come porta d’ingresso (nome che richiama Etna e la sua dimensione simbolico-UNESCO), contrade e particelle per il segmento appassionati, prefillossera come vetta collezionistica. La sfida è didattica: spiegare al consumatore perché 464 non è 466 e perché 468 “stringe” il tannino. Ma proprio questa narrazione di luogo è l’asset più forte sul mercato internazionale.
  • Capitale umano. Quattordici addetti stabili in vigna non sono un costo: sono l’assicurazione sulla continuità stilistica. La potatura conservativa e la massale sono investimenti di lungo periodo—e il lungo periodo, sull’Etna, premia chi non cerca scorciatoie.

Palmento Costanzo rappresenta il volto contemporaneo dell’Etna: rigore agronomico, vinificazioni pulite, legni discreti, narrazione per parcella. In un areale dove la retorica dell’eroico rischia di diventare estetica, qui l’eroico è organizzazione del lavoro e coerenza stilistica. È così che si costruisce valore: una bottiglia alla volta, un muretto alla volta, una particella alla volta.